Salve, sono un ragazzo, purtroppo non avendo amici che frequento ed essendo stato bullizzato per diversi anni, ho sviluppato la solitudine.
Per questo ho frequentato un percorso di psicoterapia con una psicologa per svariati anni, poi interromperlo per ricominciarlo con un altra psicoterapeuta, molto comprensiva, molto brava e molto sensibile a quello che si dice.
Ho questo problema che anche se comprendo che sia sbagliato e fuori dal contesto, che il codice deontologico non accetta che vi siano situazioni simili.
Spiego in modo dettagliato quello che provo.
Durante le ultime sedute fatte nelle ultime settimane con la mia psicoterapeuta; ho sviluppato una domanda in particolare: se siamo amici?; Lei ha risposto che non si può perché non è consentito vedersi in circostanze al di fuori della seduta che si ha durante la settimana.
Detto ciò non riesco a comprendere come mai, io ponendole domande, lei cerca di sviare il dibattito su di me e mai cercando di rispondere alla mia di domanda.
Io rimango deluso dal fatto che forse sia rimasto male a quello che mi ha detto e inconsciamente lei non se ne rende conto.
Io continuo il mio percorso; Inoltre sto iniziando a provare dei sentimenti d'amore per lei cosa che prima non avevo.
Spero che possiate darmi una risposta. Grazie mille.
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23 LUG 2019
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Gentile Anonimo,
frequentemente, specie nel paziente di sesso opposto a quello del terapeuta, nascono sentimenti che il primo interpreta come amore o innamoramento.
In realtà, come le è stato già detto, si tratta del fenomeno del " transfert" mentre al terapeuta tocca gestire il suo "controtransfert".
Entrambi questi fenomeni possono essere utilizzati per un miglior andamento della psicoterapia.
Tuttavia, in psicoterapia le regole del setting (e quelle deontologiche) sono importanti e, in forza di esse, oltre che del buon senso, la figura e il ruolo del terapeuta non possono essere assimilati a quello dell'amico sebbene nel corso della relazione terapeutica si possano sviluppare sentimenti di affetto e di questo lei deve farsene una ragione.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
22 LUG 2019
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buongiorno Anonimo, parto dalla fine. I sentimenti di amore, verso il/la terapeuta, non solo sono normalissimi ma sono, spesso, predittivi di un buon andamento e prosieguo della terapia. Si parla del famoso Transfert. Rispetto al diventare amici, oltre ad essere vietato (durante la terapia) dal codice deontologico, non è consigliabile, neanche successivamente, dopo il termine del lavoro clinico in quanto, la figura del terapeuta e la sua immagine, è più utile che sia integrata come un "oggetto interno buono" cui potersi riferire costantemente, soprattutto nei momenti di difficoltà. Inoltre, dovessero arrivare situazioni emotive non gestibili con gli strumenti acquisiti durante la terapia, c'è sempre il terapeuta (e non un nuovo amico che sa di psicologia) "a disposizione" per un eventuale ciclo di sedute incentrate sul nuovo problema. La invito a parlare con la sua terapeuta di entrambe le cose e, dovesse esserci ritrosia da parte della collega (anche se credo sia difficile visto quanto siano importanti queste informazioni e, soprattutto, gli effetti emotivi su di lei), le faccia capire quanto sia necessario per lei avere delle spiegazioni, come si sta sentendo, i suoi vissuti, etc. Vedrà che la terapia e la vostra relazione clinica, dopo qualche seduta su questi temi, farà un salto evolutivo enorme.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma