Psicologa innamorata?

Inviata da Ombrella · 7 nov 2014 Orientamento professionale

Ho 18 anni e vado dalla psicologa (che in realtà è una psichiatra, ma non sono psicotico, solo un bel po' nevrotico) da circa un annetto...
L'altro giorno mi ha detto:
"Non cercare di interpretare quello che ti sto per dire, sono innamorata di te"
Secondo voi cosa intendeva dire? Premetto che lei ha 70 anni, ma ha uno spirito molto libertino e più volte è uscita dicendo che non avrebbe problemi a stare con un 20enne... Mi chiedo cosa potesse significare quel "interpretare". Avrei capito "fraintendere" se avesse inteso innamorata nel senso di affezionata, ma interpretare da me ha un altro significato e mi pare che lei sia una che da peso alle parole, non le ha dette mai a caso.
Tra l'altro, non è scorretto da parte di una psicologa un comportamento del genere? Tralasciando il fatto che mi abbraccia all'inizio di ogni seduta e che spesso mi prende le mani fissandomi negli occhi...
Vorrei capirci di più, grazie in anticipo per le risposte

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Miglior risposta 7 NOV 2014

Caro Marco,
come psicoterapeuti abbiamo un Codice Deontologico che impone il totale rispetto del paziente nell’ambito di un obiettivo di cura. Nel suo caso tale obiettivo pare sia andato perduto, e per tale ragione il trattamento andrebbe sospeso prima che possa ulteriormente degradarsi. Fantasie di “trasgressione” alla regola professionale di neutralità e astinenza da parte del terapeuta possono anche essere comuni, essendo la psicoterapia essenzialmente una relazione profonda tra due esseri umani accomunati da uno scopo condiviso, ma, per l’appunto, si tratta di fantasie che segnalano la presenza di un problema (del terapeuta!) e come tali andrebbero discusse in supervisione con un collega più esperto, prima di arrivare a vere e proprie “dichiarazioni d’amore” e dunque a violazioni etiche in piena regola. Le consiglio dunque di parlarne apertamente con la sua psichiatra e contemplare insieme la possibilità, se non di una interruzione definitiva, quanto meno di una sospensione che dia modo alla collega di approfondire ed elaborare meglio tali problematiche interne.
Cordialmente,
dott.ssa Tullia Cianchelli

Dott.ssa Tullia Cianchelli Psicologo a Terni

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5 NOV 2015

Grazie Dott. Fiore della risposta. Negli spunti di riflessione che mi ha dato c'è molta verità. Più che sola cerco la solitudine proprio perché conscia della mia rigidità emotiva. Con mio figlio ho di fatto un buon rapporto, vive solo perché sta studiando ma la comunicazione tra noi è buona e ci sentiamo spesso. Cerco solo di lasciargli la libertà di non doversi fare carico della mia attuale vita, ne ha già passate abbastanza e l'unica cosa che desidero è che faccia la sua strada senza nessun senso di colpa o responsabilità che non sarebbero giuste da portarsi dietro.
Sono cresciuta in una famiglia con un padre autoritario e al momento in cui ho deciso di separarmi dal padre di mio figlio non mi ha più parlato, questo per 15 anni, finchè mio padre non è morto. Ho fatto molto per recuperare il rapporto, gli ho scritto molto e ho provato più volte a parlargli ma per lui ero solo la figlia che aveva sbagliato e come tale non avevo più possibilità, l'unica era tornare con il mio ex e avere una vita socialmente accettabile ma io non potevo mediare su questa condizione. Con i miei fratelli non ho particolari problemi ma nemmeno da piccoli siamo mai riusciti a comunicare, vigeva una condizione "militare" in casa e ognuno d noi si rifugiava il più delle volte in se stesso.
I momenti di vita "normale " tra noi li vivevamo quando per un mese andavamo al mare con mia madre e li mi accorgevo di essere piccola e avere dei fratelli. Nessuno di noi lo ha mai ammesso ma nel frangente di quel mese l'arrivo di nostro padre il fine settimana era vissuto come un ritorno alle regole e per salvarsi da eventuali rimproveri o critiche e ricordo che preventivamente ci mettevamo l uno contro l altro o ci alleavamo con un fratello, come ad evitare di diventare bersaglio di quello che sapevamo ci aspettava. Anche mia madre ci dava disposizioni in merito e ci suggeriva cosa dire o non dire delle cose che ci aveva permesso fare.
Non so se ho una percezione alterata di una condizione che forse era normale ma io l'ho metabolizzata come un qualcosa che mi impediva di essere serena e mi faceva sentire sola e autonoma. Dopo la morte di mio padre nessuno di noi ha piu' parlato di lui e quando mia madre dice qualcosa di nostalgico o rimaniamo in silenzio o chiudiamo il discorso cinicamente. Ho avuto solo due storie importanti con le quali ho avuto un ottimo rapporto ma che ho scelto io di chiudere nel momento in cui entrambe le persone in questione mi hanno chiesto di consolidare il rapporto o con la convivenza o con il matrimonio. Non mi sentivo all'altezza di tale responsabilità, oltre il fatto che consideravo entrambi migliori di me e che prima o poi si sarebbero accorti che potevano avere sicuramente di meglio, cosa che in effetti poi è successa, in quanto persone più che meritevoli.
Sono cosciente dei miei limiti, per questo la mia assenza di qualità, come ho dichiarato, mi pesa ma soprattutto mi pesa sapere che non ho strumenti per migliorarmi. Non denigro gli psicoterapeuti o gli altri, ma me stessa e il confronto che metto in atto per difendermi, proprio perché non all'altezza di nessuno di questi. La relazione di 4 anni che ho avuto è stata a tutti gli effetti disfunzionale, perché entrambe le parti lo erano. Il mio ex viene da un passato di abbandono familiare e problemi di droga, non ho cercato di fare la crocerossina ma so che questo rapporto è rimasto in piedi grazie ai sensi di colpa che riusciva a farmi vivere nei suoi confronti. Quando chiedevo una relazione normale, puntualmente mi diceva che aveva avuto un passato difficile e la nostra relazione non evolveva perché ero incapace di capirlo. Non voleva un rapporto serio ma faceva in modo che io non mi allontanassi e gli garantissi ciò di cui aveva bisogno: compagnia e sesso. Durante questo periodo ha provato a cercare altre situazioni sentimentali dove investire seriamente se stesso, io servivo a non lasciarlo solo durante questa ricerca. Lui voleva in effetti una famiglia e un figlio ed è il motivo principale per cui mi ha sempre tenuta a distanza emotivamente. Non gli ho mai rivendicato questo suo bisogno e più di una volta ho provato senza rancori ad allontanarmi ma non accettava che io non rimanessi ferma in quella condizione. Per sua volontà è sempre tornato, dicendomi che tutto prima o poi si sarebbe aggiustato e avremmo trovato la via giusta per una serenità condivisa ma di fatto era solo lo strumento per convincermi per tornare al posto che lui aveva deciso per me: quello di dama di compagnia e spesso nei miei allontanamenti ho subito minacce e offese. Ho lavorato molto per accettare questa realtà, allontanarmi e tornare serena, senza vivere nella rabbia che questa persona mi ha generato e credo sbaglierei a tornare a dare tutte le colpe a me stessa come era nell'intento di questa persona per tenermi congelata. Io non l'ho mai voluto trattenere e mai ho preteso il suo affetto per dovuto solo perché gli concedevo il mio. Ho solo scelto ad un certo punto che lui non lo usasse per colmare la sua solitudine e i suoi vuoti. Il mio disagio sta appunto nel sentirmi niente, pensare che sia lecito usarmi perché valgo o servo a niente o poco e il non avere strumenti emotivi sani per credere che ho il diritto per non accettare condizioni simili.
Ho provato anche a recuperare un rapporto umano con questa persona, cercando di sotterrare tutte le cattiverie reciproche per lasciare entrambi di proseguire senza rancori nei confronti l'uno dell 'altro ma finito il ruolo che avevo per lui ho solo ottenuto altri insulti e il quadro esatto di come mi considerava: uno strumento funzionale ai suoi bisogni che io ho accettato di essere volontariamente e che le manipolazioni emotive che gli rivendico sono solo il frutto della mia mentalità disturbata. Ho deciso di allontanarmi da questa persona proprio perché generava in me solo rabbia, paranoie, gelosie, dubbi. Tutte cose che mi facevano perdere stima di me, cronicizzare l'idea di non valere niente e meritarmi una condizione simile, proprio perché incapace di avere qualità per riuscirmi a farmi amare in maniera sana.
Vi ho scritto per questa condizione emotiva che sento ormai aver preso totale sopravvento su di me, non per cercare dei colpevoli. So che cercare questi mi farebbe elaborare solo scuse e far rimanere nell'idea che non sono sbagliata. Io credo ci siano molte cose sbagliate dentro di me e il passato non si cambia. Il mio timore è solo di non potere cambiare e subire un futuro che non posso sperare diverso da l'unico che ora sono in grado di costruirmi, proprio perché mi sento inutile. Nessuno decide per te cosa devi essere ma questo non toglie che alcune circostanze ti portino a sentirti nel modo che ho esposto . il mio vero problema è che dentro di me c è solo la sensazione che non sono vista o valutata come qualcuna meritevole di attenzioni o voglia di capire come sono ma solo funzionale a qualcosa o qualcuno e che se non mi adatto a questo la mia esistenza ha poche ragioni di essere. Da sola non riesco a dirmi che non è vero e se cerco dentro di me la forza per creder il contrario trovo solo delle bugie per non accettare la realtà e dare la colpa agli altri so che è una di queste. Non posso farlo io, non possono farlo gli altri, rimango appunto nel vuoto e cosi' per me è difficile vivere con l'idea che la mia esistenza abbia un senso.
Quelli che sono e i limiti di me e che conosco mi lasciano l idea che appunto giusto funzionale a qualcosa o qualcuno sono e se non l accetto devo solo imparare a convivere con questa condizione. Cosa che al momento non riesco a fare. Dovrei imparare a scegliere quello che è meglio per me e non trovarmi sempre e solo in situazioni che possono solo deprezzarmi, cosa che sono sicura di avere fatto proprio perché valgo poco e questa sensazione mi lascia veramente senza senso per me stessa. L identità che vorrei per ridarmi valore non ha strumenti perché io possa pensare diversamente, ho solo coscienza di questo. Per questo dico che una terapia sarebbe inutile per me, io non voglio accettarmi per quella che sono ma non voglio nemmeno cedere a sostituire questo vuoto con la rabbia, la frustrazione e l'invidia che sono le uniche cose che ti si iniettano dentro quando hai appunto consapevolezza di non valere niente.

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10 NOV 2014

Gentile Marco, quello che la tua psichiatra e psicoterapueta sta facendo non è deontologicamente corretto. Non ha nulla a che vedere con il vostro lavoro ma solo con ciò che lei prova per te che dovrebbe essere un dato per lavorare e non un'avance vera e propria. Il modo in cui sta agendo la dottoressa non può esserti di aiuto ma, come mi pare, fonte di confusione per cui dovresti affrontare il tema cone lei e valutare se proseguire nel lavoro. Auguri

Alessandro Degasperi Psicologo a Trento

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10 NOV 2014

Caro Marco
a mio parere questa Psicologa si è innamorata di te e non c'è nulla da interpretare.
Credo che tu ti senta in forte disagio e che la coasa ti infastidisca.
Dal momento che tu vai in terapia per risolvere dei problemi, credo che non sia il caso di aggiungere problemi in più.
La Psicoterapia è il luogo di Dialogo per eccellenza e il luogo della chiarezza quindi ora dovrai parlare con lei di questa situazione.
A mio parere con innamoramenti in corso (che esulano da normali processi di transfert e controtransfert che infatti vanno interpretati) la Psicoterapia perde la sua oggettività.
Un caro saluto
Dott.ssa Silvana Ceccucci Psicoterapeuta in Ravenna

Dott.ssa Silvana Ceccucci Psicologo a Ravenna

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10 NOV 2014

Ciao Marco,
data l'abbondanza delle risposte che mi precedono, con le quali sono del tutto allineata, avrei potuto non aggiungere la mia risposta, ma mi è venuto da accompagnarle con una chiosa.
Ovviamente, la tua curiosità va liquidata nel setting terapeutico dove è in atto una situazione 'transferale' reciproca e con l'occasione, senza interpretare la sua frase, esprimere cosa questa ti suscita, dal punto di vista emotivo e con assoluta chiarezza. Questo dovrebbe innescare una serie di reazioni a catena molto interessanti. Personalmente, resto a disposizione per ulteriori commenti. Buon 'lavoro'.
Dottssa Carla Panno
psicologa-psicoterapeuta

Dott.ssa Carla Panno Psicologo a Milano

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10 NOV 2014

Gentile Marco,
la professionista da cui si reca, secondo quanto ci ha detto, non è una psicologa ma una psichiatra, presumibilmente psicoterapeuta, ma in ogni caso non una psicologa e le due professioni sono diverse.
Intraprendere relazioni sessuali o sentimentali con i propri pazienti è una grave violazione deontologica per cui anch'io penso che sia bene che chiarisca con la sua terapeuta i suoi dubbi e i termini del rapporto professionale. Avete concordato circa i problemi da affrontare, gli obiettivi da perseguire, i tempi del trattamento?
Cordiali saluti

Valentina Sciubba Psicologo a Roma

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7 NOV 2014

Gentile Marco, credo sia piu' semplice che lei possa chiedere alla sua psichiatra cosa volesse intendere con quelle parole, forse era un modo per sostenerla e manifestare il proprio impegno e partecipazione alla terapia? Credo che possa essere piu' proficuo se ne parliate, che lei possa eprimere i suoi dubbi liberamente. Nel codice deontologico degli psicologi, è vietato il contatto fisico ( a meno che la terapia non lo preveda, nella bioenergetica ad es.) e sono vietate tutte le relazioni che non siano quelle strettamente legate alla terapia. I medici possono toccare il corpo, perchè questo è il loro mestiere. Per guarirlo. E gli psichiatri?

Dott.ssa Mirella Caruso Psicologo a Bologna

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7 NOV 2014

Caro Marco,
come ti fa stare andare da questa psicologa? Come lo vivi?
Se hai dei dubbi o non sei sereno, affronterei direttamente l'argomento con lei: "L'altro giorno mi ha detto di essere innamorata, cosa intendeva?" . Solo lei può darti la risposta alla domanda e chiarire i tuoi dubbi.
Cordialmente,
dott.ssa Gerbi

Dott.ssa Martina Gerbi Psicologo a Asti

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7 NOV 2014

Credo che il fatto che la Psichiatra le abbia detto una cosa del genere l'ha aggradata molto. Premetto che ora sto interpretando.
Ora parliamo un poco della prassi clinica:
Se la psichiatra dove va le da le medicine allora non la può seguire psicoterapeuticamente.
Se la psichiatra dove va ha fatto anche una specializzazione in psicoterapia allora la può seguire.
E' possibile che quello che è accaduto sia una funzione terapeutica.
Se quello che sta accadendo non rientra nella terapia è meglio che lei pensi a parlarle di questo e che sia possibile cambiare il/la Psichiatra e andare in contemporanea da uno/una Psicoterapeuta.
Cordialmente,
Dr. Adriano R. Principe
Psicologo - Psicodiagnostica - Neuropsicologia

Dott. Adriano Raffaele Principe - Psicologo Benevento Adolescenti Psicologo a Benevento

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7 NOV 2014

Caro Marco buongiorno,
Premesso che la psicoterapia si basa proprio sulla relazione tra terapeuta e paziente quale luogo del cambiamento terapeutico credo che sia proprio all’interno della relazione tra lei e la sua psichiatra (immagino anche psicoterapeuta) che lei potrà capirne di più. Il significato della frase e degli abbracci di cui ci parla lei li potrà comprendere solo parlandone con la sua psichiatra. Pertanto credo che il consiglio migliore che le posso dare in questo momento sia di parlare in seduta di quanto successo, delle reazioni che ciò ha suscitato e continua a suscitare in lei e chiedere alla psichiatra il significato di quelle parole e di quei gesti che in lei sembrano aver creato una certa confusione in modo da poter fare chiarezza.
Un caro saluto.

dott. Alessio Cammisa

Dott. Alessio Cammisa Psicologo a Alcamo

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7 NOV 2014

Egregio signor marco,
si tratta di due albi professionali con codici deontologici simili ma diversi: ordine psicologi e ordine medici. Nel suo caso il riferimento potrebbe essere ordine dei medici. Per capire meglio è sempre bene verificare l'iscrizione della professionista
dr paolo zucconi sessuologo e psicoterapeuta comportamentale a udine

Dr. Paolo G. Zucconi (sessuologia clinica & Psicoterapia) Psicologo a Udine

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