Problemi con l'università. Non so se chiedere aiuto

Inviata da Sofia17 · 21 gen 2022 Orientamento scolastico

Buongiorno, sono una studentessa di 23 anni e sono fuoricorso di un anno. Da tutta la vita ho problemi a concentrarmi nello studio, non sono mai stata motivata a studiare e ad impegnarmi, anche per paura delle verifiche e delle interrogazioni, e per questo motivo ho sempre preso voti mediocri a scuola. Questa situazione é diventata insostenibile all'università e infatti sono molto indietro con gli esami, ho paura che non riuscirò mai a laurearmi e il pensiero di essere un fallimento mi tiene impegnata la mente per buona parte della giornata. Agli esami orali mi prende l'ansia, ho difficoltà a parlare e ad articolare un discorso e spesso ho difficoltà anche negli scritti, non ricordo quello che ho studiato e mi blocco senza riuscire a scrivere nonostante sappia le cose. Per questo motivo ho iniziato ad evitare gli esami e non riesco più neanche ad avvicinarmi ai libri. Sono demoralizzata, mi dico che quello che sto facendo é inutile, mi sento indietro rispetto a tutti, faccio spesso confronti tra me e i miei colleghi che vanno avanti con gli esami e mi sento ancora più inadatta. Sento che non ce la farò mai a laurearmi ma allo stesso tempo non voglio abbandonare gli studi.
A tutto questo si aggiunge il fatto che in questi anni non sono riuscita a farmi degli amici all'università, quindi non ho nessuno con cui parlare, confrontarmi e svagarmi e fare tutto quello che dovrei fare a quest'età.

Vorrei sapere se é il caso di chiedere aiuto e a chi, anche se trovo impossibile immaginarmi una via di uscita da questa situazione.

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Miglior risposta 24 GEN 2022

Buongiorno Sofia,
Quando il giudizio su di sé è negativo al punto da compromettere la progettazione e realizzazione della propria vita è altamente consigliato ricorrere ad un aiuto. Non è mai troppo tardi.
Resto a disposizione e ti auguro il meglio
Dott.ssa Oriana Parisi

Dott.ssa Oriana Parisi Psicologo a Bari

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24 GEN 2022

Buongiorno. Il cambiamento personale è un processo lungo e complicato. Se ci sono voluti degli anni per determinare una sofferenza psicologica, non può certo bastare una mail per risolverla. Purtroppo non ci sono scorciatoie percorribili e i consigli che uno psicologo potrebbe dare in una chat lasciano il tempo che trovano: non esiste la “bacchetta magica”. Per inquadrare l’eventuale problematica di un individuo serve invece una consulenza approfondita (almeno 4 sedute). A seguire, se nella consulenza si evidenzia un problema significativo, per trattarlo e cercare di risolverlo è necessaria una vera e propria psicoterapia o una psicoanalisi.
È quindi illusorio credere che si possano ottenere risultati scrivendo in una chat: serve solo a perdere tempo e di solito significa che non si è pronti a mettersi in discussione. Qualora lei fosse una persona veramente motivata a capirsi e a ricercare un cambiamento personale profondo e duraturo, l’unico consiglio sensato che potrei darle è quello di fissare un appuntamento con un professionista serio e preparato. Per quel che mi riguarda, le do la mia disponibilità (anche online), più in generale, però, la sua domanda "a chi chiedere aiuto?", richiede una risposta lunga e articolata. Per parafrasare il noto modo di dire, lei sta qui chiedendo ad una platea di 10 osti quale sia il vino migliore: ciascuno risponderà che il vino migliore è il proprio (ed io non faccio certo eccezione). Sono uno psicoanalista “classico”, sono socio della Società Psicoanalitica Italiana (S.P.I.), riguardo alla quale può reperire utili informazione al sito internet spiweb.it. Ovviamente ritengo che il vino migliore sia quello psicoanalitico ed ora, se avrà la pazienza di leggere fino in fondo, vorrei spiegarle perché lo penso.
Lei giustamente, come molti altri pazienti, fa una domanda che parte dal presupposto che, come in medicina, a sintomi diversi (nel suo caso, ad es., le difficoltà nello studio) corrispondano specialisti diversi. In effetti in medicina (intendo nella medicina “ufficiale”, quella validata dalla comunità scientifica internazionale) c’è un modello condiviso del funzionamento del corpo umano, quindi è naturale che a sintomi diversi (mal di ginocchio, mal di denti, ecc.) corrispondano specialisti diversi (ortopedico, dentista, ecc.). Il problema è che la scientificità della psicoterapia non è paragonabile a quella della medicina e quindi questa aspettativa sulle “specializzazioni” è destinata ad andare delusa. In psicoterapia infatti, non esiste una teoria del funzionamento della mente umana che sia unica, validata e condivisa dalla stragrande maggioranza della comunità degli psicoterapeuti. Al contrario, i principali orientamenti psicoterapeutici partono da presupposti anche molto diversi fra loro, ed arrivano quindi a proporre, PER LO STESSO SINTOMO, modalità di trattamento molto diverse. L’esempio più classico è quello che confronta il modello psicoanalitico col modello cognitivo-comportamentale. Gli psicoanalisti teorizzano l’esistenza di una mente inconscia accanto a quella cosciente, quindi, se ad es. io ho paura dei cani, per superare davvero e profondamente questa paura dovrei, attraverso l’analisi, arrivare a comprendere i collegamenti e le causalità inconsce che stanno all’origine della paura stessa. Per l’approccio comportamentistico, invece, la questione della mente e dell’inconscio è paragonabile ad una sorta di “scatola nera” che non si può aprire e non si può conoscere in alcun modo. Molto più utile, dicono loro, studiare e lavorare sulla correlazione tra stimoli che la persona riceve dall’esterno e risposte osservabili che la persona dà a quegli stimoli. Non è necessario tirare in ballo, come fanno gli psicoanalisti, la mamma, il papà, l’infanzia, i sogni… Semplificando, se il paziente di cui sopra ha paura dei cani, io terapeuta comportamentista, attraverso un percorso graduale, comincerò a parlargli dei cani, a farglieli conoscere meglio cognitivamente, poi passerò a mostrargli fotografie e filmati di cani, più avanti magari porterò un cane in seduta e piano piano, attraverso la mia mediazione terapeutica, farò avvicinare il mio paziente al cane, arrivando a farglielo toccare ed accarezzare, a farlo giocare con il cane insieme a me terapeuta, ecc. Alla fine del processo il mio paziente sentirà di aver superato la paura dei cani.
Quindi, a parità di dignità teorico-clinica (ad oggi non esiste un orientamento più “vincente” di un altro), la scelta di un terapeuta piuttosto che l’altro può essere “obiettiva”? Secondo me no, è un fatto soggettivo. In un certo senso è una questione di gusti, anche se di solito il paziente medio non sa nulla di queste diversità di metodo psicoterapeutico e, giustamente, si rivolge a caso a chi gli capita, vuoi perché raccomandato da un conoscente, vuoi perché (o tempora…) il terapeuta è più visibile sui social media. Di solito sulla scelta influiscono pesantemente fattori contingenti ed esterni che dovrebbero essere secondari ma che sono sempre più decisivi: durata prevista della terapia, costo in denaro, frequenza delle sedute settimanali.
Visto però che lei si pone la questione della scelta dell’approccio psicoterapeutico ("a chi chiedere aiuto?"), vorrei suggerirle un criterio a mio parere fondamentale. Anche qui c’è un preambolo. Gli psico- (psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, ecc.), e più in generale chi faccia delle professioni “di aiuto” (medico, infermiere, OSS, educatore professionale, assistente sociale, ecc.) sono da considerare personalità complesse e problematiche. Psicoanaliticamente parlando, scegliere di “aiutare gli altri” deriva da una necessità (a volte inconscia, altre volte cosciente al soggetto stesso) di aiutare se stessi, di curare e riparare la propria storia di vita e le proprie sofferenze individuali. Non a caso si parla di “professioni riparative” (ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto anche per una non-professione come il volontariato). Da ciò, sempre in un’ottica psicoanalitica, deriva la necessita che il terapeuta, prima di essere terapeuta, sia stato paziente, abbia fatto una psicoterapia o una psicoanalisi personale che lo abbia reso una persona in qualche modo “risolta” e “riparata”. Come potrei occuparmi dei problemi degli altri se fossi ancora immerso nei miei problemi personali? Inoltre, fare esperienza, come paziente, del processo di cambiamento interiore, conferisce al futuro terapeuta una marcia in più rispetto a chi non ha mai sofferto: attraversando il fiume della mia sofferenza e arrivando sull’altra riva ho appreso (non tanto cognitivamente quanto affettivamente) come funziona il processo della “guarigione” In questo modo, diceva Freud, si trasformano le difficoltà originarie dello psicoanalista in vantaggi nella comprensione dei futuri pazienti. Un’ultima considerazione a sostegno della tesi della necessità di psicoterapia per i futuri psicoterapeuti, risiede nel fatto che lo strumento di lavoro dello psicoanalista sia la propria mente (ed il proprio inconscio), quindi, se non la “tarassimo” per bene rischieremmo di attribuire al nostro paziente questioni ed emozioni che magari sono nostre, facendo una gran confusione e non essendo d’aiuto alla persona che abbiamo davanti. Il chirurgo ortopedico che opera il menisco non è necessario che abbia prima avuto un intervento al proprio menisco. Per lo psicoterapeuta non è così.
In conclusione, la invito a sondare direttamente con il suo futuro terapeuta, non solo il tipo di metodo che egli utilizzerà, ma soprattutto se nel suo percorso formativo ci sia stata una psicoanalisi o una psicoterapia personale, di che tipo sia stata, quanto sia durata e che frequenza settimanale abbiano avuto le sedute. Più a lungo e più intensamente un terapeuta è stato analizzato, con più fiducia un paziente può mettersi nelle sue mani.

Dott. Massimiliano Castelvedere Psicologo a Brescia

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22 GEN 2022

Cara Sofia,
resto disponibile se vorrai crearti uno spazio tuo personale di ascolto e supporto per gestire ciò che hai esposto.
Cordiali saluti.

Dott.ssa Margherita Romeo

Dott.ssa Margherita Romeo Psicologo a Roma

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22 GEN 2022

Sofia cara,
Credimi se ti dico che con queste brevo righe sei riuscita a farmi arrivare tutta l'angoscia che la tua situazione veicola. Ho la sensazione che dietro ogni parole ci sia il volto di una ragazza frustrata, angosciata da un traguardo che vede sempre più lontano, che è sfiancata dall'insicurezza, spossata a causa dei vorticosi pensieri di fallimento e disprezzo rivolti verso di sè.. Sofia, calmati, inspira profondamente e.. butta fuori dai polmoni, fuori dalla tua fragile anima tutta questa infetta negatività. Respira, perchè le tue difficoltà oggi sono dei campanelli che ti avvisano che stai smarrendo il sentiero della tua vita, non perchè tu sia incapace ma semplicemente perchè sei disorientata dalla paura e dalle ansie che ti mordono dentro. Dico non preoccuparti non per sminuire la tua sofferenza, tutt'altro, piuttosto credo sinceramente che in te si vi siano dei germogli, delle risorse che hanno bisogno di nutrimento perchè possano sbocciare e tu possa riconoscerle. Una via di uscita a questa situazione c'è, e è indicata come "percorso di crescita personale", una strada che non dovrai percorrere sola ma accanto ad una guida esperta che ti aiuterà a vedere quante e quali meraviglie si celano dentro di te fino a non sentirti più così piccola e insignificante confrontandoti von gli altri, con i tuoi progetti e con ciò che non sarai mai. Concediti questa opportunità, perchè sono convinta che potresti rimanerne sorpresa anche tu.
Io resto quì, a tua disposizione per qualsiasi cosa, anche incontrandoci online.
Ti abbraccio, un caro saluto.

Dott.ssa Clarissa Guercioni Psicologo a San Benedetto del Tronto

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22 GEN 2022

Salve Sofia, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

Anonimo-181068 Psicologo a Roma

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