Perdita dell'appetito, stomaco chiuso

Inviata da Daniela · 19 feb 2016 Anoressia

Gentili dottori, ho 26 anni. Dal 2014 ho avuto problemi di reflusso che mi hanno portata a fare una dieta per stare bene. Da quel momento ho perso 5 kg. Pesavo 46 kg per 1,62 m.
Quasi un mese fa ho avuto un episodio di indigestione che mi ha portato malessere per tutta una sera. Dopo quel giorno l'appetito è calato fino a diminuire del tutto.
Ho effettuato una gastroscopia e le analisi del sangue sono negative.
Il problema secondo i medici è di tipo psicosomatico. Si sarà innescato un meccanismo di rifiuto del cibo perché mi ha fatto star male.
La mia non è anoressia: razionalmente desidero ardentemente mangiare e mettere su peso.
Non stavo attraversando un periodo difficile, tutt'altro.
Il problema di fondo nella mia vita è la difficoltà a socializzare; sono molto concentrata su me stessa e sui miei problemi di salute.
In questo periodo sono demoralizzata e in ansia per questo problema di mancanza di appetito.
Sono seguita da uno psichiatra al momento.
Ho difficoltà a concentrarmi, a fare qualsiasi cosa perché sono ossessionata da questo problema e tempo di non uscirne più. Ho perso il piacere di mangiare e mi sento frustrata. Ho perso 3 kg in un mese e ora peso 43 kg. Mangio e bevo sforzandomi. Il problema è che non ho pazienza anche se in tali casi ce ne vuole tanta.
Pensavo di fare una psicoterapia perché appare chiaro che vi è un disagio di fondo. Quale terapia è consigliabile? È bene iniziarla sin da ora (comunque la farò per i miei problemi relazionali) o aspettare che le cure farmacologiche facciano effetto? E soprattutto potrei avere una rassicurazione che passerà questo problema? Vi ringrazio molto.

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Miglior risposta 22 FEB 2016

Gentile Daniela,
la negatività degli esami medici conferma l'origine psicosomatica dei suoi disturbi da inquadrare in quelli del comportamento alimentare anche se lei, nella sua struttura rigida di personalità, rifiuta la parola "anoressia" che spesso spaventa se non rappresenta addirittura uno stigma.
L'aiuto farmacologico può essere, nel suo caso, utile in associazione alla psicoterapia anche se non è determinante per una soluzione profonda del problema.
Lei ha intuito bene la evidente relazione tra le sue difficoltà psicologiche e relazionali ed il suo rapporto con il cibo con relativo significato di "far entrare ed assimilare" nel proprio Sè inteso anche come corpo ciò che è altro o viene dagli altri.
La psicoterapia è da cominciare ovviamente al più presto possibile sapendo che i risultati positivi dipendono molto più dal tipo di relazione terapeutica che dal tipo di approccio ; ad ogni modo consiglio quella cognitivo-comportamentale o quella sistemico-relazionale.
La rassicurazione di cui lei ha bisogno è relativa alla sua curiosità introspettiva (che mi sembra discreta), alla sua motivazione e alla capacità e volontà di trasformare gli "insight" ( le cose che si capiscono in terapia e i cosiddetti "compiti a casa") in agìti cioè in comportamenti più funzionali) e questo vale per quasi tutte le psicopatologie.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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25 FEB 2016

Cara Daniela
devi davvero fare una psicoterapia che ti porti a comprendere cosa succede dentro di te e come mai il tuo corpo rifiuta il cibo.
Sebbene nella tua mente sembra esistere il desiderio di mangiare e di "mettere peso", l'inconscio sembra voler rifiutare questa possibilità e, col rifiuto del cibo, indica iun disagio profondo.
Devi arrivare a comprendere ed a curarti molto bene.
Un caro saluto
Dott. Silvana Ceccucci Psicologa Psicoterapeuta.

Dott.ssa Silvana Ceccucci Psicologo a Ravenna

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23 FEB 2016

Gentile Daniela,
il consiglio è quello di iniziare una psicoterapia col fine di ottimizzare al meglio una collaborazione tra lei, un terapeuta e lo psichiatra che già la segue.
Attraverso i colloqui clinici potrà ripercorrere l'insorgenza e l'esito del suo malessere psicofisico e approfondire le altre tematiche, come ad esempio la difficoltà di socializzare, che sono altrettanto dolorose per lei.
Vedrà che la psicoterapia le fornirà gli strumenti necessari per uscire dalla problematica da lei riportata. Il passo più difficile già lo sta compiendo: quello di chiedere aiuto in un momento per lei difficile.
In bocca al lupo,
Dr.ssa Heyra Del Ponte

Heyra Del Ponte Psicologa Psicoterapeuta Psicologo a Pescara

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21 FEB 2016

Allora, secondo me dovrebbe iniziare una psicoterapia e cercare di capire come integrare i due livelli quello psichiatrico-farmacologico a quello psicoterapeutico. Molti problemi legati alla nutrizione sono naturalmente riconducibili ad un mondo affettivo-relazionale interiorizzato che le crea urgenze e ambivalenze cioè sentimenti compresenti ma di segno opposto. Tale ambivalenza di affetti la mette nella condizione di nutrirsi-non nutrirsi (che i termini psicologici significa ricevere dentro-non ricevere detto per es. in altri termini fidarsi-non fidarsi), crescere e non crescere (che in termini psicologici significa ce la faccio da sola-non ce la faccio da sola)ecc. ecc. Il trattamento farmacologico, come le avranno riferito, ha la finalità di diminuire i sintomi ma diversamente dalla psicoterapia non le permette di vivere una esperienza di cambiamento entro una relazione. Io le consiglio un approccio sistemico-relazionale o psicoanalitico ma ciò che conta veramente nella psicoterapia è il suo desiderio di cambiare. Le faccio i miei auguri. Dott. Giuseppe Esposito Psicologo Psicoterapeuta a Piano di Sorrento (NA)

Dott. Giuseppe Esposito Psicologo e Psicoterapeuta Psicologo a Piano di Sorrento

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21 FEB 2016

Gentile Daniela,
Il problema che descrive sembra essere scaturito da una leggera complicazione, quale il reflusso (che può essere dato da una predisposizione di base o anche dall'ingestione di alcuni cibi particolarmente acidi), la quale ha installato in lei delle turbe psichiche in un tipo di personalità già soggetta a condizionamenti del genere. Mi spiego meglio: gli episodi di reflusso e poi successivamente la cattiva digestione, sono stati la goccia che ha fatto traboccare un vaso già con alcune crepe, che metaforicamente potrebbero essere riconducibili a una tendenza ipocondriaca presente in lei ( caratteristica di quest'ultima è la preoccupazione legata alla paura di avere una malattia, basata sulla errata interpretazione di uno o più sintomi fisici, nonostante l'esclusione di quasiasi condizione medica generale). L'ipocondria ha riverberi anche sulla sfera sociale e relazionale, nonché associata alla presenza di ossessioni, situazioni che lei lamenta. Detto questo si fa necessario un intervento psicoterapeutico, associato a quello psichiatrico che lei già sta effettuando: il più efficace in questi casi risulta quello di tipo cognitivo-comportamentale proprio perché agisce sia sui pensieri che sui comportamenti, ma soprattutto sulle emozioni che giocano un forte ruolo. Lei è già un passo avanti in quando ha preso atto della necessità di un intervento di tipo psicologico e ha dato prova di grande maturità chiedendo anche quale tipo di terapia fa al caso suo. Infine per quanto riguarda la rassicurazione che la cosa si risolverà le dico che dipende molto da lei (che come le dicevo è già a buon punto) e a come metterà in pratica le strategie terapeutiche di riferimento, fornitele in corso di trattamento. Un forte in bocca al lupo e qualora avesse bisogno non esiti a contattarmi.
Dott.ssa Di Rosa Raffaella
Psicologa clinica e dell'età evolutiva, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale a Villaricca (Napoli).

Dott.ssa Di Rosa Raffaella Psicologo a Villaricca

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20 FEB 2016

Buongiorno Daniela,
La terapia la può iniziare anche subito in concomitanza con la cura farmacologica. Le consiglio di fare due colloqui con due terapeuti/e diversi/e, così potrà scegliere quello/a con cui si è sentita più a suo agio, nella psicoterapia è molto importante la relazione con il terapeuta e non tanto l'orientamento di quest'ultimo. Se dovesse avere dubbi o difficoltà mi faccia sapere. Buona giornata, dott.ssa Valeria Bugatti

Dott.ssa Valeria Bugatti Psicologo a Roma

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20 FEB 2016

Gentile Daniela,
sicuramente il suo disagio dipende dall'associazione che lei fa tra l'esser stata male precedentemente e l'assunzione di cibo. L'aiuto di un Psicologo Alimentare potrebbe fare al caso suo, ad oggi è l'unica figura che lavora sulla relazione con il cibo malsana valutandone l'aspetto emotivo . Si andrebbe a lavorare sulle abitudini e credenze che lei ha assunto successivamente agli episodi nei quali stava male. Resto a sua disposizione per qualsiasi chiarimento e qualora volesse mettersi in contatto con me, mi scriva in pvt.
.
Un saluto
Dott. ssa Maria Amore
Psicologa Clinica/Psicologa del Comportamento Alimentare e tecniche di gestione del peso corporeo

Dott.ssa Maria Amore Psicologo a Roma

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20 FEB 2016

Gentile daniela,
Se gli esami medici escludono cause organiche i tuoi disturbi sembrano di orogone psicosomatica. La cura farmacologica è importante e puoi già da subito affiancarla ad un trattamento psicoterapeutico. Sarebbe consigliabile un approccip che tenga conto anche del corpo. Per es una psicotetapia bionomico autogena.
Cordiali saluti
Dott. Anna ambiveri

Dott.ssa Anna Ambiveri Psicologo a Torino

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19 FEB 2016

Gentile Daniela
sono in relazione la difficoltà a socializzare e la perdita di piacere per il cibo? In che modo?

Gli incontri con uno psicologo si possono associare all'assunzione di farmaci e consentirle di raggiungere più in fretta e con più efficacia i suoi obiettivi.

Naturalmente, Daniela, quello che succederà, dipende da come saprà mettere in pratica le riflessioni che farà con lo psicologo.

Un saluto
Dott.ssa Francesca Fontanella

Dott.ssa Francesca Fontanella Psicologo a Rovereto

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