Perché rifiuto il pensiero della morte?
Salve a tutti, mi chiamo Marco e ho 28 anni. Scusate la banalità della domanda perché probabilmente è già stata fatta mille altre volte. Come scritto nel titolo ho questo rifiuto da sempre. Non riesco ad accettare la morte dell'essere umano. Un lutto familiare ogni volta mi sfianca anche se non si tratta di un rapporto forte ma vivo quel lutto come se lo fosse.Mi sfianca il pensare a ciò che lascia quella persona, la moglie, i figli o i nipoti. Mi logorano le morti improvvise, dove le persone vengono strappate ai propri cari da un momento all'altro, non che la morte lunga non mi faccia effetto però c'è quella componente psicologica dove nella diluizione temporale uno inizia a familiarizzare il pensiero ma resta ugualmente quella sensazione di vuoto bruttissima ma meno devastante. Fra poco sarò medico e questa cosa si ripercuote anche sul pensiero del futuro perché il pensiero di non poter far nulla per un paziente mi logora esattamente quanto il lutto di un familiare perché al pensiero di non riuscire a salvarlo mi sento un fallito già in partenza. Ho subito un lutto improvviso recentemente,il suocero di mio fratello. Si è svegliato una mattina come tutte le mattine, godeva di buona salute, si è sentito male e dopo 4 ore è morto. Aspettavo di parlare con un medico per avere notizie e quando mi hanno chiamato sono entrato con mio fratello e suo cognato, speravo in una buona notizia e invece quando sentii pronunciare " ho cercato di fare di tutto ma non ce l'ha fatta" sono rimasto pietrificato insieme a mio fratello e suo cognato. Siamo stati 20 minuti a piangere oltre la porta che ci separava dalla sala d'attesa dove c'erano gli altri familiari, non sapevamo come glielo dovevamo dire. Una persona splendida, fantastica. Non avevamo un rapporto frequentissimo, di solito ci vedevamo per le feste, per le occasioni, però me lo sono sentito strappare via come se fosse un genitore, come se io fossi suo figlio. Tutto questo poi mi riconduce a pensare ai miei genitori, che hanno i comuni problemi che ha la maggior parte della gente anziana e lì inizio a entrare in quel tunnel da cui poi non riesco a uscire e dove penso solo alla paura di perderli. Poi inizio a pensare alla gente che mi sta intorno che un giorno non rivedranno più i loro cari ma anche al fatto che un giorno sarò io a non vederli più, a non vedere più i miei fratelli e le mie sorelle insieme ai miei nipoti. Tutto questo mi assale e mi logora ma soprattutto mi paralizza,sento l'angoscia e la tristezza che mi avvolgono al pensiero che tutto quanto prima o poi finisce. Non so se ho qualche tipo problema,credo di essere una persona normale, socievole, con interessi più o meno come tutti i miei coetanei, a casa non mi manca nulla per fortuna, ho una fidanzata, vado a giocare a calcio con gli amici ma non so perché reagisco cosi piuttosto che rimanere coinvolto come vorrebbe la normalità. È un pensiero a 360 gradi il mio, inizia dal paziente e coinvolge anche il familiare. La cosa che reputo più paradossale è che mio padre ha un'agenzia funebre, ci ho anche lavorato ma nonostante questo non sono mai riuscito ad abituarmi anzi sono andato nella direzione opposta, voler aiutare la gente ma i limiti della medicina che oggi impone mi fa sentire un fallito e non perché ho la presunzione di volermi sostituire a Dio, non è una cosa che vorrei anche perché il Signore è qualcosa di troppo grande, però non lo so, vorrei che tutto restasse eterno, che la gente possa essere aiutata, che si possa cancellare la sofferenza, la carestia, vorrei che la gente non muoia e possa rimanere sempre li, noi per loro e loro per noi. Forse sono troppo sensibile o forse ho davvero qualche problema, per questo ho scritto qui, per avere un parere da voi, per essere aiutato a comprendermi. Vi chiedo scusa se mi sono dilungato ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno.