4 AGO 2016
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Buonasera Genoeffa, come possiamo risponderle se abbiamo solo due righe di informazioni? Può aiutarci ad aiutarla attraverso delle aggiunte? Da quello che dice si potrebbero fare mille ipotesi, tra cui il fatto che, una madre che le risponde in questo modo (ma, ricordi, sto solo ipotizzando), forse, è stata una madre non troppo responsiva quando lei ne aveva bisogno quando era più piccola, per cui il suo sistema, per poter sopravvivere (concretamente ed affettivamente), ha sviluppato la strategia della coercizione attiva, ovvero "costringere" la sua figura di attaccamento (principale?) a ridurre la distanza attraverso una comunicazione dei suoi stati interni di questo tipo (forse, una comunicazione meno intensa, non permetteva tale avvicinamento). Per cui, visto che, nel tempo, la strategia ha funzionato, continua a ripeterla tuttora, ma con un disagio che ora non le sembra di poter più gestire. Altra ipotesi, è che lei, da piccola abbia percepito che, sempre sua madre, non riusciva a gestire, emotivamente, una figlia troppo "vicina" per cui (sempre per preservare e proteggere la relazione che, bene o male, le garantiva la sopravvivenza) ha sviluppato una strategia che la tenesse lontana dalla figura di attaccamento (la rabbia, in genere, è una di quelle emozioni che allontana due nuclei emotivi), in modo da dare a questa figura di attaccamento un senso di controllo e gestione della relazione, decidendo lei quando era pronta ad avvicinarsi alla figlia o a rimanerne lontana. Come vede, le ipotesi (anche contrastanti tra loro) possono essere diverse, per questo sarebbero utili ulteriori informazioni. In ogni caso, in un processo comunicativo, la invito a riflettere, esiste un "emittente" (ad es., lei che si arrabbia) ed un "ricevente" (l'oggetto della sua rabbia, in questo caso sua madre), per cui, essendo appunto un processo, i ruoli si scambiano in breve tempo (l'emittente diventa il ricevente, e così via). Dunque, la "responsabilità" di tale processo è da condividere tra le parti; non è molto utile (anche se, spesso, è vantaggioso farlo, ad es., perchè non si sopporta, emotivamente, di accusare troppo direttamente una figura tanto importante, o per tante altre motivazioni) darsi tutte le colpe.
Rispetto a consigli, esistono dei corso e programmi (ma non consiglio assolutamente il "fai da te" su internet) sulla modulazione emotiva ed, in particolare, proprio sulla gestione della rabbia. Tuttavia, credo sia più utile capire le cause di questa modalità comunicativa per lei non funzionale (attraverso una psicoterapia), altrimenti potrebbe raggiungere una migliore padronanza sulla rabbia ma, non avendo compreso le cause, potrebbero nascere problemi in altri contesti e/o momenti significativi.
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma