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28 GEN 2025
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Salve Luca, le confesso che la sua richiesta mi ha colpito tra tante per i riferimenti alla musica! Nella mia esperienza sono moltissime le persone, di qualsiasi età, che affidano alla musica (solo ascoltata, o anche praticata) una gran parte della propria sfera emotiva, non tanto come passatempo ludico (parte che comunque può esserci, e non fa male a nessuno) quanto come rispecchiamento di emozioni, sensazioni, immagini o idee che passano per la mente, e non riescono ad esprimere a parole. Spesso queste persone si sentono bene solo mentre ascoltano la musica che amano, esattamente come pare stia capitando adesso a lei.
Mi lasci dire che purtroppo sono davvero esigue le informazioni che ci offre nella sua richiesta per consentirmi di comprendere qualcosa di quanto le sta succedendo, e poterla così concretamente aiutare: ben diverso sarebbe se potessimo colloquiare dal vivo o anche online; qui non siamo neanche a livello di un colloquio, ma solo di una risposta asincrona a una sua richiesta. Nonostante questi limiti, nella sua richiesta comunque intravedo una frattura tra un mondo interiore da un lato (luogo della passione), e i problemi derivanti dal contatto con quello esterno, quello delle relazioni con l'altro (in senso generale), dall'altro (luogo della noia). In questo secondo ambito sembra di poter notare nel suo breve resoconto, oltre alla dichiarata noia, anche rammarico, rimpianti, e tristezza.
Eppure, immagino che proprio la sua passione, lo studio della musica ai livelli che lei menziona, offra molti spunti per provare a interpretare in mille modi diversi i comportamenti altrui, esattamente come le indicazioni sullo spartito: come interpretare un "andante"? Quante voci ci sono in un apparentemente semplice Impromptu di Schubert? Questo solo per dirle che le interpretazioni possono, anzi richiedono per propria natura di non essere univoche, rigide, fisse, quanto piuttosto di esser aperte al cambiamento, all'accoglimento di un'idea diversa che possa aiutarci a capire meglio cosa in una stessa linea melodica che si ripete l'autore voglia veramente dirci. Questo atteggiamento, mutando il contesto, può esser applicato anche a quello che l'altro (in generale) ha voluto dirci con un suo comportamento.
Come vede, anche quando ci sono così pochi dati concreti come nel suo racconto è sempre possibile tentare di trovare un'apertura, un approccio non rigido a tutto quello che ci proviene dall'altro, leggendovi anche oltre. E questa esigenza di apertura aumenta ancora maggiormente nelle relazioni umane, perché il comportamento altrui è spesso influenzato dal nostro comportamento, esso è anzi il più delle volte il risultato di un nostro anche inconsapevole agire, ed ha significato specifico, individuale, solo all'interno di quel particolare rapporto, e in quel particolare momento. Il che vuol dire una cosa molto importante, e cioè che nel comportamento altrui siamo presenti anche noi, ne siamo implicati. È un po' come nella musica: un "forte" non è "forte" di per sé o "forte" sempre uguale a se stesso, ma lo è in relazione a quello che lo precede, e a quello che lo segue, e soprattutto a come io lo sento e lo interpreto in quel contesto. Per comprenderlo e suonarlo bene, occorre saper leggere anche aldilà del segno scritto sulla pagina.
Un saluto cordiale,
dott. Mario Valentino
P.S.: l'op. 63 di Chopin, se non sbaglio, non è un Notturno, ma una Mazurca: la n. 3 mi dà l'idea di una persona annoiata che vaga alla ricerca di qualcosa, non crede?