Non capisco chi sono e cosa voglio

Inviata da Michele · 11 mag 2020 Autorealizzazione e orientamento personale

Buongiorno a tutti, ho 22 anni e vi scrivo perché è da un po (forse anni) che mi sento in generale inadatto rispetto agli altri, li vedo migliori in poche parole. Questo mi causa un senso di timidezza e inferiorità appunto (non con tutti ad esempio non con la famiglia ma con chi conosco da poco o con persone autoritarie). Penso di aver forse capito la causa ovvero la poca fiducia in me stesso e la poca conoscenza di me stesso, del mio carattere che ho sempre evitato per seguire modelli esterni o che comunque non conosco perché non sono mai riuscito ad affrontare questa situazione. un esempio è anche il percorso universitario: Lo sto finendo ma non penso sia ciò che in futuro voglio come lavoro e infatti sto pensando di ricominciare una triennale finita questa. Spesso nel relazionarmi sono impacciato, mi blocco ma in maniera spontanea, non per scelta...è come se dovessi scegliere come rispondere avendo più vocine nella testa che mi dicono come reagire, senza mai essere spontaneo e avendo sempre in mente come poter rispondere, un continuo senso di controllo della situazione.
Non mi sono mai rivolto ad uno psicologo per questo motivo per problemi economici e volevo capire da alcuni di voi cosa può essermi d'aiuto per inquadrarmi, capire cosa voglio e rientrare cosi nel mio percorso di vita in maniera efficace, non secondo gli altri ma secondo me stesso

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Miglior risposta 25 MAG 2020

Gentile Michele,
il problema che lei riporta, e che ha descritto attraverso questa precisa autoriflessione, è uno dei fattori che, in generale, può causare maggiore sofferenza nelle persone. Il fatto che lei si senta inadatto, come riferisce, e che veda gli altri come migliori, può essere correlato ad un sentimento di inadeguatezza che forse ha percepito anche lei nel momento in cui ha riconosciuto di avere poca fiducia in sè stesso. La tendenza a controllare i suoi comportamenti e il suo modo di agire “senza mai essere spontaneo” potrebbe essere correlata al fatto che è molto attento all’apprezzamento altrui e che ha bisogno di un riconoscimento esterno per riuscire ad apprezzare sestesso. Il primo passo per poter analizzare questo disagio potrebbe essere quello di considerare la sua “inadeguatezza” non come un dato oggettivo e reale, ma solo come una sua interpretazione personale, magari frutto di pensieri o credenze disfunzionali che la inducono a ritenersi tale. Inoltre, potrebbe aiutarla il fatto di considerare che questo stato d’animo si può ritrovare in una grossa percentuale di individui, anche in coloro che, dall’esterno, possono risultarci sicure di sé, felici e persino invidiabili. Ritengo che analizzare questo suo sentimento e cercare di ricercarne le motivazioni possa aiutarla anche nei termini di una migliore conoscenza di se stesso, altro problema da lei riportato. Avere dei modelli di riferimento, entro certi limiti, può essere funzionale e adattivo per migliorarsi; tuttavia, ritengo che lavorare sul suo sentimento di inadeguatezza possa aiutarla, soprattutto dal punto di vista relazionale, a vivere con maggior spontaneità e leggerezza la sua socialità. Nella speranza che questa riflessione possa esserle d’aiuto le faccio presente che, nel caso dovesse incontrare difficoltà nell’affrontare il suo disagio, può sempre ricorrere all’aiuto di un professionista, magari considerando il servizio pubblico o la possibilità di tariffe agevolate presso associazioni o privati che le prevedono.
Un saluto

Synesis Psicologia® Psicologo a Carnate

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12 MAG 2020

Gentile Michele,

ha fatto molto bene a scrivere per richiedere il parere di uno psicologo.
Non è infrequente che alcune persone, nell'esperienza di confronto con l'altro, abbiano un'idea di sé come "inferiore" tanto da determinare comportamenti che non vengono poi vissuti in modo identitario, generando sofferenza e frustrazione.
Da quello che ha scritto comunque, mi sembra di comprendere che in lei emergano non solo insicurezze ed "impaccio relazionale", ma anche ambizioni e desideri. Di conseguenza, a mio parere, potrebbe essere utile per lei un percorso terapeutico che sia orientato al comprendere i suoi peculiari modi di fare esperienza, soprattutto al fine di comprendere i momenti in cui si instaura il vissuto che descrive e, dunque, i significati che da esso derivano. Da qui, poi, la possibilità di riappropriarsi dei suoi spazi di esperienza e di comprendere le progettualità che percepisce come maggiormente identitarie per se stesso.

Resto a disposizione, se desidera.
Un caro saluto,

IM

Dr.ssa Irene Mosca Psicologo a Lucca

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