Buongiorno. Sono uno studente universitario fuorisede da poco meno di un mese. Sono cresciuto in una città che non mi offriva possibilità importanti di studio. Mi sono diplomato con il massimo dei voti e, pressato da familiari, conoscenti, professori e amici, ho sentito il bisogno di 'andare oltre', di abbandonare la mia città per trasferirmi alla ricerca di un futuro migliore. Arrivato nella nuova città, dopo mille sacrifici dei miei genitori, ho stretto subito nuove amicizie e ho vissuto con entusiasmo i primi giorni. Ho però cominciato a sentire il peso della solitudine, anche se solo non ero, e nelle ultime due settimane la situazione è peggiorata. In 20 anni di vita ho sempre odiato dormire e passare i pomeriggi a letto, ma ora è l'unica cosa che riempie le mie giornate. Provo a studiare, ma non memorizzo nulla (un problema simile l'ho avuto durante il liceo, ma era per pigrizia. In questo caso è una sensazione diversa, di malessere interiore). Esco per le strade del centro, sempre affollatissime, e mi siedo con gli occhi lacrimanti. Sono diventato sensibile a praticamente qualsiasi nota musicale, a qualsiasi cosa, in un modo o nell'altro, mi riporta indietro di qualche regione.
Già qualche settimana prima di partire, in realtà, ho sentito il richiamo della mia città natale, della mia famiglia, l'unico punto fisso di riferimento nella mia vita. Ho probabilmente compiuta una scelta affrettata.
Da due settimane a questa parte nella mia testa balena anche un solo pensiero: tornar a casa. Prendermi un anno sabbatico di lavoro e studio personale, per crescere ed affrontare l'università nella mia città, il prossimo anno, con la mente sgombra dai pensieri. E l'avrei già fatto se non fosse che mi dispiacerebbe troppo per i miei genitori. Tutti i loro sacrifici sarebbero stati vani.
Mi trovo ad un bivio. La testa mi dice di restare qui, soffrire per altri 10 mesi e solo poi tornare a casa. Il cuore, in pena, mi supplica di tornare a casa per avere un attimo di tregua. Come dovrei comportarmi?
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7 OTT 2019
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Buonasera Umberto, capisco la tua situazione e la nostalgia per la tua città, la tua famiglia e la tua vita di prima.
D'altra parte tu sei partito proprio per darti un'opportunità che altrimenti non avresti potuto avere, quindi sarebbe un peccato tornare indietro senza nemmeno averci provato, non credi?
Datti del tempo per provare ad ambientarti e tieni duro fino alla prossima volta che tornerai a casa dalla tua famiglia. La tua è un'esperienza molto comune a tutti gli studenti fuori sede: difficile all'inizio, ma si sopravvive. Anzi, per tanti può essere un'occasione di crescita e un'esperienza di vita autonoma significativa nel proprio percorso di vita.
Cerca di focalizzarti sul pensiero che stai facendo una cosa per te, che ti stai concedendo un'opportunità per il tuo futuro; e tranquillizzati pensando che comunque, in qualsiasi momento, potrai cambiare idea e tornare indietro... ma non prima di averci provato fino in fondo. Non farlo per i tuoi genitori, ma fallo per te...
Sicuramente tornare a casa rappresenta la scelta più rassicurante, verso qualcosa che già conosci e ti fa stare bene, ma se non provi qualcosa di diverso non scoprirai mai una parte nuova di te, delle potenzialità e delle risorse che magari neanche tu ancora conosci. E' il momento di metterti in gioco... io faccio il tifo per te!
Spero di averti dato degli spunti utili...
In bocca al lupo!
Dottoressa Silia Lafortezza (Buccinasco | Milano)
13 OTT 2019
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Umberto,
penso che i legami con la propria famiglia e il proprio paese di origine siano importanti e, se possibile, vadano conservati.
Qualora però realmente le condizioni locali per autorealizzarsi siano veramente difficili od ostative, si può fare la scelta di "emigrare" ma bisogna avere una buona capacità di adattamento ed una buona struttura di personalità che probabilmente lei non ha ancora.
Ovviamente sarebbe stato preferibile fare migliori valutazioni prima dello spostamento per cui ora le consiglio di chiedere un supporto psicologico in loco per superare questa difficoltà iniziale senza cedere allo scoraggiamento che comporterebbe ulteriore danno all'autostima da incrementare.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
8 OTT 2019
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Gentile Umberto,
il cambiamento è una condizione che propone adattamento, inserimento nel nuovo, il distacco da ciò che è conosciuto e sicuro.
Mi sembra che il suo malessere appartenga a segnali che si sono manifestati seppur in modo diverso in passato e che si sente pressato dal soddisfare aspettative di altri, tralasciando cose sue, tempi, situazioni e un sentimento di solitudine che forse non è legato al suo trasferimento. Il suo desiderio di tornare alla sua città può appartenere al voler interrompere il suo malessere.
Proverei a dare un pensiero a quel che le capita e alla valenza, tali manifestazioni potrebbero presentarsi anche rientrando, divenendo silenti ma presenti. Qualora non riesce da solo pensi anche a un aiuto psicoterapeutico per dare conoscenza e comprensione, potrebbe risolvere e vivere la sua vita, i suoi reali desideri.
Disponibile per approfondimenti.
Dr.ssa Elisabetta Ciaccia
8 OTT 2019
· Questa risposta è stata utile per 0 persone
Buongiorno Umberto,
Leggendo il suo messaggio credo che per lei il trasferimento in una nuova città abbia stimolato un passaggio evolutivo, una crescita verso l'autonomia. In questo caso, però, la situazione richiede che vengano attivate delle risorse diverse ed autonome. Credo, inoltre, che ogni passaggio evolutivo porti con sé una crisi a cui consegue un cambiamento/sviluppo; la crisi è ciò che ora sta provando: difficoltà di concentrazione, maggiore sensibilità, desiderio enorme di mollare tutto e tornare in un posto protetto: la propria città. Credo che sarebbe utile che lei usasse questo momento critico come momento evolutivo personale. Magari chiedendo aiuto ad un collega della città dove si trova.
Mi contatti al bisogno.
Dott.ssa AMR Masin, Psicologa Psicoterapeuta, Roma-Cerveteri-Ladispoli