Mi sento in trappola e non all'altezza.
Salve a tutti, mi scuso per il disturbo.
Circa un anno fa scrissi su questo forum in cerca di conforto, per cui mi spiace rubare di nuovo spazio utile, ma sono veramente preoccupata perché sento di essere non solo punto
Se a capo, ma addirittura peggiorata.
Sono entrata nel secondo anno di università, ma l'inizio è stato rocambolesco, tra un tentativo di abbandono degli studi, problemi lavorativi con persone poco sensibili e altamente sminuenti e un generale senso di disperazione che ormai conosco da anni, seppur con maggior confidenza (parlo di questa mia sensazione come se fosse una persona fisica per comodità, ormai è veramente una comoagna onnipresente) dagli ultimi due appena passati. Da quando mio papà è morto, infatti, è tutto più difficile: ho rimandato l'iscrizione all'università per stare accanto a mia mamma, ho rinunciato alla mia facoltà dei sogni nell'Ateneo che ho bramato negli anni del liceo (percorso che ho odiato e terminato solo col pensiero fisso dell'università tanto anelata) e, complice la pandemia, ogni possibilità di fuga anche minima mi è stata di fatto impedita. La verità è che, Covid o no, mia mamma non è mai stata indipendente e non concepisce di fare nulla senza di me. Prima aveva mio papà, sedentario quanto lei anche in virtù dei suoi problemi di salute, mentre io avrei bisogno e voglia di uscire, fare esperienze, ma soprattutto di stare da sola, questione però spinosa per diverse ragioni.
Da piccola avevo pochi amici e non desideravo ampliare le mie conoscenze, andavo alle feste di compleanno solo perché obbligata e odiavo i giochi di gruppo. Crescendo ho imparato ad aprirmi e mi sono scoperta animale sociale, pur continuando a gradire momenti miei senza gente attorno; da un annetto circa odio le persone, odio i miei compagni di corso, soprattutto quelli di giapponese, tanto che ho iniziato a mal tollerare lo studio di questa lingua che prima tanto mi appassionava. Odio la mia università, scelta per ripiego, come odio la città in cui è dislocata. Non capisco il senso di quasi tutti i corsi, la loro disposizione e odio la quantità di gente presente. In tutto questo calderone già abbastanza affollato trova posto però anche quel senso di inadeguatezza che mi porto dietro da quando ero piccola e mai tacciato veramente. Sento di essere completamente stupida, scegliere l'università forse sarebbe stato un errore anche recandomi in quella che speravo dall'inizio. Di recente ho iniziato a lavorare come adp, ma il ragazzo che mi è stato assegnato è veramente in gamba, tant che sento di essere completamente inutile nel mio ruolo e di rubare uno stipendio per nulla, nonché di bruciare altro tempo prezioso.
La consapevolezza di queste sensazioni è stata accompagnata da dei peggioramenti, come ho accennato a inizio post. Il mio controllo della rabbia ormai è quasi assente, ho avuto degli eccessi in cui mi sono fatta fisicamente male e mi scontro spesso con mia mamma, ormai onnipresente nella vita casalinga e non. Ciò che mi preoccupa maggiormente, però, è altro: già da piccola fantasticavo di farmi del male, non capivo perché fossi al mondo e desideravo capire cosa significhi morire; a 12 anni ho iniziato a farmi del male autoinflitto e a fantasticare con maggiore intensità su un ipotetico suicidio; alle superiori ho messo da parte questi pensieri, in qualche modo, ma ho iniziato a soffrire di crisi di panico; due anni fa mio papà si è ammalato e dopo pochi mesi è morto, lasciandomi un senso di vuoto e freddo che non riesco nemmeno a spiegare. Proprio questo ultimo evento ha costituito un turning point drammatico: non ho vissuto le mie emozioni, mia mamma stava male e volevo essere forte, ma se mostravo segni di cedimento i parenti mi rimproveravano perché "dovevo pensare a lei". Le fantasie sono tornate in quel momento, prima appena accennate, poi sempre più vivide, mentre sulle crisi di panico non penso serva dire quanto siano peggiorate, nonostante le fasi di relativa calma. Da circa un anno ho preso la patente e mi sono scoperta, contro ogni aspettativa, una brava autista. Come già detto ho trovato un lavoro e devo fare un tratto di strada abbastanza lungo con l'auto, passando anche per una via stretta a doppio senso in cui è facile, con qualche centimetro sbagliato, fare un frontale. Ebbene, diverse volte mi sono trovata a pochi passi dal farne uno, ma non solo non mi importa, bensì sono quasi sollevata da tale idea. A volte riconosco pure di accelerare e rischiare grosso, eppure non mi importa minimamente e quasi me la cerco. Prima ero terrorizzata dall'idea di fare un incidente di qualsiasi tipo, ora penso spesso a luoghi in cui il rischio di schiantarsi sarebbe più alto, ma non come lo si penserebbe in vista di una propria tutela, anzi. Le fantasticherie di cui parlavo prima, inclusa questa, sono sempre più dettagliate e vivide ormai, ma non so se prenderla come una normale reazione alle mie sensazioni o cone un segnale per cui coltivare una certa preoccupazione.
Ringrazio anticipatamente per l'attenzione che mi darete e mi scuso per questo papiro egizio un po' tropp sentimentale forse, ho cercato di ridurre il più possibile. Buona giornata!