La scuola mi fa sentire vuota e stupida.

Inviata da Elisa · 24 nov 2020

Salve, mi chiamo Elisa e ho 18 anni, frequento ancora il quarto anno scolastico nella scuola secondaria di secondo grado, più precisamente, quest'anno come l'anno appena passato ho frequentato una scuola serale, indirizzo Informatica.
Racconto brevemente la mia esperienza con la scuola superiore per far capire come e perché mi sono ritrovata 18enne in un serale. Ho cominciato il primo liceo con un anno di ritardo, perché fui bocciata in prima media. Questo non minò particolarmente alla mia autostima fino a qualche tempo dopo. All'artistico non avevo voglia di fare, volevo solo divertirmi e non seguivo le lezioni. Era palese che mi stessero per bocciare e feci un tentativo disperato per salvarmi l'anno, iscrivendomi ad un altra scuola, dove però mi bocciarono ugualmente. Ritornai all'artistico convinta che la scuola non facesse per me, e decidendo di godermi gli ultimi anni di frequenza obbligatoria come volevo fare io.
Come da copione, terza bocciatura. I miei genitori non erano neanche più arrabbiati bensì delusi, e mia mamma mi disse che se non accettavo di andare alla scuola privata, potevo andare a lavorare. Col senno di poi, forse, avrei scelto di andare a cercare lavoro.
Andai a questa scuola privata, indirizzo Scienze Umane, mi appassionava tantissimo. Non era il mio primo contatto con le materie umanistiche ma sicuramente fu il più importante e decisi di continuare con quello. Purtroppo, non siamo una famiglia ricca e la scuola costava, dopo il primo anno che mi permise di recuperare uno dei tre anni persi, dovetti mollare.
La mia idea, ritornando alla pubblica, era di iscriversi a Scienze Umane, scelta che non mi fu permessa di prendere dalla scuola stessa, per motivi imprecisati.
Al tempo, i miei genitori frequentavano la scuola serale di cui parlavo all'inizio, erano all'ultimo anno.
Loro, con tutto l'amore e la cura che solo una mamma o un papà possono mettere nelle cose, riuscirono ad iscrivermi anche a me. Ero quasi stupidamente felice di quel nuovo percorso, preoccupata perché temevo non si potesse agganciare all'Università che volevo prendere poi, ma comunque felice e intrigata dalla novità. Bastò davvero poco tempo per smorzare quell'entusiasmo.
La scuola serale mi ha danneggiato su più fronti, e per più motivi.
Non sono mai stata una persona che apprezza dormire tanto, ho anzi un bisogno particolare di vivere più ore solari possibili, inutile dire che la scuola serale mi ha levato questa scelta. Come puoi addormentarti in orari decenti quando alle 22.30 sei ancora in un laboratorio gelido davanti ad un computer? Tornavo a casa alle 23 inoltrate e con il cervello a mille, era scontato che riuscissi a prendere sonno solo a notte fonda.
I primi tempi captai come "pesante" solo questo aspetto e pochi altri, non mi aspettavo che la situazione potesse peggiorare. Arrivò il Covid, i primi contagi in Italia, le chiusure delle scuole. Per la gioia provata in quel periodo avrei potuto dare una festa, se non fosse stato contro ogni regola imposta per il contenimento. Riuscii a salvarmi l'anno scolastico solo perché la didattica a distanza arrivò in ritardo, nessuno era minimamente preparato, e tutti passarono.
Ora, a distanza di mesi da quei giorni in cui cantai vittoria per una promozione che non mi ero affatto meritata, piango e sto male perché nella mia testa c'è solo tanta confusione e tanto odio per chi, ogni pomeriggio, ho l'obbligo di sentire mentre spiega cose che per me non appartengono neanche a questo mondo. Io non appartengo al loro mondo, e non riesco a capire perché ci sono ancora dentro.
L'informatico mi fa sentire stupida.
Ho provato a parlarne col professore che mi fa tutte le materie d'indirizzo, a volte ironicamente lo chiamo Superman. Non nutro il benché minimo rispetto nei suoi confronti perché lo vedo freddo, incapace di provare empatia.
E infatti, raccontargli i miei dubbi e insicurezze non ha fatto altro che ritornarmi contro. Lui spiega e sa che non capisco una parola, nonostante questo mi chiama in continuazione, quando eravamo ancora in presenza mi chiedeva di andare alla lavagna e fare gli algoritmi davanti a tutta la classe.. Ora, con la DaD, mi chiede di "condividere lo schermo del mio computer". Come ogni volta, gli spiego che il microfono delle cuffie del computer non funzionano, che non posso seguirlo tramite quello e che quindi uso il tablet. Di conseguenza, ogni volta, mi riprende. Mi chiede, sempre davanti a tutti, cosa credo di fare nella vita continuando così. E io mi chiedo la stessa cosa in realtà, cosa credo di fare continuando qualcosa che non riesco a capire?
Ho la discalculia, la professoressa di matematica dice che "queste cose non esistono", e Superman adora farmi domande a cui sa che non rispondo, per poi insistere davanti al resto della classe dicendo che quelle domande erano semplici, che ci arriverebbe anche un bambino.
La scuola serale mi ha spento e fatta sentire stupida. Mi sono sforzata e mi sforzo senza risultati. Superman mi guarda con aria di disprezzo e non solo in classe, la sento da dietro un monitor.
Non ho più intenzione di studiare all'università perché credo di non farcela. Ho cominciato a pensare che una Accademia di trucco sia l'ideale per me, lì dove non si parla, dove le competenze linguistiche ma soprattutto matematiche non servono affatto. Però poi guardo le interviste alle truccatrici, i loro video su YouTube, mi viene naturale notare che non parlano bene. Per quanto spocchioso ed egocentrico, guardandole penso di valere, intellettualmente parlando, qualcosa in più. Dopodiché guardo in faccia la realtà, mi ricordo di dove mi trovo e con chi parlerò fra meno di due ore. Mi risento il mondo cadere addosso. Mi risento stupida, e probabilmente lo sono.
Come posso prendere in mano le redini e cambiare qualcosa? Come posso "riattivarmi"? Ho fatto tanti errori e perso altrettanto tempo, ma sono maturata e non credo di meritarmi un futuro bruciato per questo. Come posso fare per non farlo bruciare?

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Miglior risposta 25 NOV 2020

Buongiorno Elisa,
Leggendo le sue righe, mi è venuto in mente un fenomeno psicosociale chiamato "effetto pigmalione". Questo fenomeno è stato studiato nei contesti scolastici: un prof che pensa che un alunno X non sia capace, disinteressato, etc, lo tratterà (in maniera consapevole o no) diversamente, dando per scontato che non è in grado, non è capace. Cosa succede? L'alunno lo percepisce (consapevolmente o no) e inizia a convincersi che davvero non è bravo e non è interessato e attuerà una serie di comportamenti che andranno a confermare la "profezia" di quell'insegnante. Purtroppo, questo fenomeno è molto comune e spesso gli insegnanti si fanno guidare da prime impressioni sbagliate e tendono a cogliere solo quegli elementi che vanno a confermare quelle impressioni iniziali.
Quello che le posso dire è di non farsi influenzare da giudizi esterni, la scuola è un periodo di passaggio e non definisce assolutamente la nostra identità o la nostra persona! E andare male a scuola non è uguale al fallire negli ambiti universitari, anzi molte volte è il contrario. Ho visto tanti giovani che "fallivano" nel percorso scolastico, ma eccellevano all'Università. La differenza? Fare una cosa che piace davvero!
Resto a disposizione
Dott.ssa Antonella Bascià

Dott.ssa Antonella Bascià Psicologo a Milano

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