Il pensiero su cosa fare mi toglie il sonno, la serenità e la salute
Non è possibile aiutarmi senza conoscermi. Ma spero comunque di poter trovare almeno qui un consiglio che possa aiutarmi. Sono alla disperata ricerca di un consulto, una discussione amichevole, un consiglio spassionato dato dal cuore da uno sconosciuto capace di analizzare in maniera disinteressata una mia situazione problematica e darmi anche solo un'idea su come uscirne. Il mio problema riguarda la mia carriera universitaria e/o lavorativa. Ho riassunto questo problema sotto forma di lettera. Vi anticipo che ci sarà MOLTO da leggere, pertanto se non siete interessati e non vi appassionano le faccende personali, vi consiglio di lasciar perdere. Inoltre so perfettamente di essere arrivato a "voi" perché non so proprio più a chi rivolgermi, e in tutta onestà so benissimo che probabilmente starò parlando ad uno psicologo. Caro psicologo, ti anticipo che se stai leggendo probabilmente ti sentirai personalmente attaccato. Purtroppo non ho molta simpatia per gli psicologi, anzi, sono anni che vengo letteralmente linciato dalla vostra classe, vengo perseguitato e accusato di cose assurde e ridicole, e pertanto non ho sviluppato particolare simpatia per gli psicologi. Se leggerai la lettera imparerai a conoscermi, forse, un pochettino, e magari capirai anche perché la psicologia è parte integrante del mio problema. Ti chiedo però di abbandonare i pregiudizi della tua formazione e per una volta provare a capire VERAMENTE la questione, integrandola in te.
LETTERA APERTA A CHIUNQUE VOGLIA LEGGERLA
Ehi tu, si parlo con te. In questa lettera ti darò del tu, perché vorrei ci parlassimo in confidenza, anche se non ci conosciamo bene. Ti scrivo questa lettera sperando che troverai interessante la mia storia e magari, dopo averla letta, deciderai di darmi un consiglio. Il fatto è che non ho amici ai quali rivolgermi, o meglio, alcuni ne ho, ma non ho trovato soddisfacenti le loro risposte al punto da sentirmi sicuro nel prendere una decisione. Il mio problema riguarda la prosecuzione dei miei sudi, che può sembrare una banalità, ma nel mio caso si tratta di una faccenda che mi ha privato del sonno e della tranquillità. All'inizio pensavo di averlo risolto ed ero sereno, ma improvvisamente tutto si è disgregato ed il problema si è ripresentato più forte e minaccioso di prima. Il travaglio per scegliere come proseguire gli studi mi sta tormentando in questo periodo. Premetto una cosa: sono una persona che ha vissuto molti conflitti col mondo accademico, ho profondamente criticato l'accademia nei miei libri e ho avuto numerosi scontri con i professori. Ciò nonostante, durante questo anno sabbatico ho rimpianto profondamente lo "stare" proprio fisicamente in università. Mi manca l'atmosfera che aleggia nelle aule, durante le lezioni, lo scambio con i compagni. E me ne sono reso conto soprattutto quando ho dovuto paventare l'ipotesi di una magistrale online, la quale è certamente più comoda, posso studiare quando voglio con tutta comodità e posso anche lavorare contemporaneamente, ma è anche vero che manca tutta l'atmosfera che ho amato dell'università. Per me la scelta della magistrale doveva da un lato darmi una specialistica con la quale avrei potuto lavorare e dall'altro però - e qui sta il compromesso a cui non sono disposto a rinunciare - doveva piacermi particolarmente nelle materie e argomenti di studio. Il problema viene qui: io per tutta la vita sono stato diviso tra due argomenti principali: l'antropologia e la psicologia. Fino ad ora ho condotto un percorso antropologico, in particolare da linguista e orientalista che sono due branche dell'antropologia. Amo profondamente le lingue e la linguistica ma non so se mi troverei bene a fare solo quello per tutta la vita. Sono laureato in Orientalistica (triennale ovviamente) e durante la mia laurea mi hanno fornito delle ottime competenze di linguistica. Prima di iscrivermi all'università però ero orientato verso psicologia. Per 5 anni di superiori ho studiato la psicoanalisi direttamente sui testi degli autori, avevo letto tutto Freud e tutto Jung e ne ero rimasto affascinato, volevo fare lo psicoterapeuta e lo psicoanalista, ma l'impatto con il corso di laurea in psicologia per me è stato terrificante: totalmente diverso da ciò che avevo studiato. Nessuna menzione alla psicoanalisi ma solo alla psicologia sperimentale e statistica, e io ho continuato a seguire il corso da non iscritto per 3 anni, perché la facoltà di psicologia era proprio di fronte alla mia sede di Studi Orientali. Una delusione totale, ma ho continuato a studiare la psicoanalisi da autodidatta. Alla fine mi sono stati pubblicati 5 libri di antropologia dove però è fortissimo ed evidente il contributo psicanalitico, che ormai fa parte integrante della mia formazione. La pubblicazione di questi libri mi ha aperto molte porte: una richiesta di collaborazione con una importante rivista psicanalitica, proposte di studio all'estero (alle quali però ho dovuto rinunciare) e sono stato accettato ad una scuola di Psicoanalisi junghiana di Firenze, che generalmente accetta solo psicologi, ma per me ha fatto un'eccezione visti i miei lavori. Qui viene un problema: in italia la psicoanalisi non può più operare, a causa della Legge Ossicini, se non come forma di psicoterapia, il cui esercizio è riservato agli psicologi. Sebbene la psicoanalisi sia ben diversa dalla psicoterapia, l'Itaia, a differenza di altri paesi dell'UE, le considera come una cosa sola, pertanto la scuola non avrebbe alcun valore per me in Italia, ma bensì solo all'estero. Viceversa se decidessi di diventare psicologo, la scuola mi varrebbe come training psicoterapeutico, e potrei operare come psicoanalista anche. Per conoscere bene il problema di cui ti sto scrivendo ti pregherei per favore di leggere da cima a fondo questa pagina, dove viene riassunta abbastanza bene la questione: è una pagina davvero ben fatta a cui hanno contribuito anche alcune persone che conosco, è abbastanza completa per capire in che condizione mi trovo. Quindi per cortesia leggi attentamente questa pagina prima di andare avanti. Quando si è trattato di scegliere la magistrale mi sono trovato di fronte ad un problema enorme: in Italia mi è di fatto impossibile accedere alla magistrale in psicologia, ma un'università privata come la Niccolò Cusano mi ha proposto di accedere facendo degli esami integrativi inclusi nel percorso di studi della magistrale, pertanto non dovrei ricominciare daccapo, come invece mi obbligano a fare le università pubbliche. Ovviamente l'Unicusano è online e perderei quindi l'aspetto più bello dell'università. La cosa che più si avvicina a ciò che ho fatto fin'ora per me sarebbe stato continuare linguistica o orientalistica o addirittura antropologia generale. Tuttavia a causa di problemi personali non sono ancora iscritto a nessuna università. Riassumo in breve qui di seguito tutte le università che ho vagliato fin'ora:
- Orientalistica a Roma: Continuare orientalistica a Roma per me era assolutamente off-limits. Il corso è mal gestito, le materie sono orrende, è forse il peggior corso di orientalistica che c'è in Italia.
- Orientalistica a Napoli: l'opposto di Roma. Si tratta forse del miglior corso in Orientalistica che c'è in Italia. La scelta didattica è molto ampia e mi avrebbe permesso di proseguire gli studi sulla filosofia buddhista e le religioni dell'Asia orientale oltre che lo studio della lingua Giapponese. Caso unico in Italia, mi permetteva anche di studiare due anni la lingua Tibetana e la tibetologia, che mi avrebbe permesso di avvicinarmi di più al buddhismo, unico corso che permette questa scelta nelle materie. Ho dovuto rinunciare a Napoli perché mia madre era assolutamente contraria a mandarmi lì. Sostanzialmente da Roma in giù tutte le università mi sono precluse. Io sono stato a Napoli diverse volte e devo dire che la capisco, non è comunque un posto dove vivrei come ho vissuto fin'ora a Roma.
- Linguistica a Pavia: un bel percorso di studi. Mi hanno scritto che mi avrebbero accettato senza problemi, e avrei potuto anche continuare la lingua Giapponese, ma alla fine non ho fatto domanda di iscrizione perché raggiungere Pavia per me, che dovevo fare avanti-indietro con Roma e Firenze era impossibile, poiché dovevo fare scalo a Milano e ciò avrebbe comportato costi maggiori.
- Linguistica a Padova: ero stato accettato senza problemi, il percorso formativo era eccellente anche se non mi avrebbe permesso di continuare le mie lingue orientali. Alla fine ho rinunciato perché pensavo di aver trovato di meglio all'estero.
- Scienze delle Religioni a Padova: un percorso di antropologia che mi affascinava e mi avrebbe permesso di proseguire gli studi buddhisti, che sono sempre stati il centro delle mie ricerche. Io adoro il buddhismo ed è, da orientalista, ciò che mi ha affascinato di più in assoluto. Il mio sogno di fare il docente universitario per me si è tradotto nel sogno di insegnare la filosofia buddhista all'università. Non ho potuto accettare di andare a fare scienze delle religioni perché metà delle lezioni erano nella sede di Venezia, e sarei stato obbligato a prendere ogni giorno il treno per fare Padova-Venezia. Un costo troppo alto anche da coprire con un abbonamento.
- Orientalistica a Venezia: Ho rinunciato a causa degli altissimi costi della città. Io ovviamente intendo frequentare tutte le lezioni e non sono disposto ad essere un non-frequentante o un pendolare. Per le stesse ragioni ho rinunciato a Linguistica a Venezia e a Antropologia a Venezia.
- Orientalistica a Firenze: un corso mediocre, l'avrei scelto solo perché così avrei vissuto nella stessa città dove ogni due settimane dovevo seguire le lezioni di psicanalisi. Purtroppo vivere a Firenze è più caro che vivere a Venezia, e pertanto ho dovuto rinunciare vista l'impossibilità di trovare una stanza a prezzi ragionevoli.
- Antropologia a Bologna: normalmente non sarei potuto entrare, ma scrivendomi con la direttrice del corso venni accettato perché aveva letto il mio curriculum ed era stata molto colpita dai miei libri e dal mio percorso di studi. Nonostante tutto rifiutai perché all'ultimo momento trovai un corso che mi sembrava migliore, all'estero. E oltretutto la ricerca degli alloggi non aveva prodotto NESSUN risultato, e mancavano ormai 5 giorni all'inizio delle lezioni e non sapevo dove andare. Semplicemente rinunciai.
Dopo aver rinunciato anche all'ultima possibilità che mi era rimasta ormai si erano chiuse tutte le deadline per iscriversi in Italia e incominciai a rivalutare quel che avevo visto all'estero. Sostanzialmente all'estero avevo una sola scelta: il Regno Unito. Lì i corsi universitari sono veramente eccellenti e c'è la possibilità di "forgiarseli su misura". Tuttavia ciò per me sarebbe stato possibile solo chiedendo il famoso finanziamento governativo. I corsi nel regno unito costano minimo 8000 sterline all'anno e durano minimo 2 anni, pertanto con le mie finanze striminzite che mi impedivano di pagare anche un corso all'università online italiana perché costa 2500 euro l'anno. Il prestito governativo funzionerebbe così: il governo inglese paga interamente l'università allo studente, il quale dovrà restituire a scaglioni il prestito a partire da quando inizierà a lavorare dopo la laurea. Mi sono state fatte le seguenti offerte:
- Una laurea specialistica in Buddhist Studies presso l'università di Cardiff: si trattava del guanto perfetto, tre anni di studi buddhisti approfonditi, una laurea classificata come "social anthropologist" tutta incentrata sul mio tema preferito: il buddhismo, anche con riferimenti alla psicologia e alla psicoterapia buddhista! Avrei continuato le lingue orientali, la linguistica, la filosofia e l'antropologia e mi avrebbero dato un titolo accademico valido per chiedere un dottorato sia in italia che all'estero e con una prospettiva quasi garantita di futuro insegnamento nell'università. Ma non è finita qui, perché tramite un accordo con un'altra università, il mio professore - che mi seguiva ogni giorno e aveva preso a cuore la mia causa - mi aveva offerto la possibilità di un doppio titolo, in pratica con i miei studi avrei conseguito una doppia magistrale, come segue.
- Laurea MSc (Master of Science) in Psychoanalysis all'università di Birkbeck (Londra): un corso biennale in psicoanalisi. Mi sembra impossibile aggiungere altro, solo questo dice tutto. Ovviamente avevo già fatto il colloquio di ammissione ed ero già stato ammesso ad entrambi i corsi e mi apprestavo a ricevere la mia doppia specialistica in Buddhist Studies e Psychoanalysis, ma anche qualora avessi trovato stressante studiare per due lauree mi sarei accontentato benissimo di una sola delle due. Inoltre in Regno Unito, mi sarebbe bastato un corso biennale di counselling per ottenere l'abilitazione a esercitare come psicologo e psicoterapeuta, e dopo questa laurea anche come psicoanalista.
A causa della Brexit la mia domanda per il prestito governativo, che tutti davano per sicura, è stata negata pochi giorni fa, facendomi tornare punto e a capo. Per dirti solo quanto ero certo, viste tutte le garanzie che mi avevano dato, che mi avrebbero concesso il prestito: avevo già organizzato tutto, prenotato un alloggio per studenti, fatto domanda per aprire il conto in banca, comprata la sim inglese, spedito curricula per lavorare e acquistato un biglietto aereo di sola andata per Londra. Tutto è saltato all'ultimo. Senza quel prestito io non posso sopravvivere i primi mesi all'estero, anche qualora avessi un lavoro garantito, e non potrei nemmeno pagare le spese universitarie. Sono dovuto tornare all'idea di conseguire il mio diploma quadriennale da psicoanalista alla scuola di Firenze, che però non ha alcun valore in Italia se non si è anche psicoterapeuti, e però stavolta non avevo nemmeno la prospettiva dell'insegnamento visto che tutte le magistrali in Italia erano già iniziate e ormai non avevo nessun modo di subentrare. Secondo il mio professore di psicoanalisi io dovrei prendermi la magistrale online di psicologia clinica presso l'Unicusano, essendo l'unica che mi accetta per questo training, e così facendo la sua scuola acquisterebbe valore dopo l'esame di stato che mi renderebbe anche psicologo. Il mio unico problema, oltre a dover sostenere 7 esami integrativi, sta nei costi: la scuola di psicoanalisi costa 3000 euro l'anno mentre la magistrale ne costerebbe 2700. Tutte le mie finanze finiscono già investite nella scuola di psicoanalisi, e sebbene il mio prof. si sia dimostrato disponibile a farmi pagare successivamente, quando le mie finanze me lo permetteranno, io non intendo ridurmi a questa situazione. Il fatto è che oltretutto, e impulsivamente, ho già pagato 1700 euro per un Master annuale da 60 cfu in tecniche psicologiche, sperando così di poter recuperare qualche credito di psicologia in vista di una futura magistrale. Si è trattato di una sciocchezza che ho fatto impulsivamente, ma questo perché non sopportavo l'idea di stare fermo un anno, e il master era l'unica alternativa, visto che durava un solo anno, che mi avrebbe permesso di recuperare l'anno perso in vista poi di un'iscrizione tardiva, nell'a.a. 2018-2019 ad una magistrale italiana. Almeno il Master in tecniche psicologiche mi conferirebbe crediti extra, che mi permetterebbero di entrare a nuove magistrali. Dopo una ricerca approfondita le opzioni che mi si sono presentate sono queste:
- Magistrale in Scienze Linguistiche a Torino: un corso davvero ben fatto, che non avevo notato la prima volta, e che mi permetterebbe di proseguire il Giapponese (mentre Linguistica a Padova no), come anche studi antropologici legati all'oriente (mentre nessun'altra magistrale di linguistica me lo avrebbe permesso). L'unica prospettiva che mi attende dopo questa magistrale sarebbe un dottorato e un futuro insegnamento. Non so se terminare anche gli studi di psicoanalisi a questo punto, dato che comunque mi conferirebbe un titolo del quale non posso esercitare la professione. A Torino avrei un appoggio dove stare pertanto i costi non sarebbero altissimi come nel caso di Venezia.
- Magistrale in Scienze Cognitive a Roma: un corso molto interessante dove non potevo entrare con i soli crediti della triennale. Si tratta di un misto tra psicologia e linguistica. Possiede esami che a me interessano moltissimo come filosofia della psichiatria e psicologia dinamica (sarebbe psicoanalisi per gli psicologi). Nonostante la mole di crediti in psicologia che mi ritroverei ad avere dopo questa magistrale non mi è comunque consentito di esercitare come psicologo, dal momento che la classe di laurea di questa magistrale non rientra tra quelle abilitanti all'accesso per l'esame di stato in psicologia. Pertanto anche in questo caso la mia unica opzione sarebbe il dottorato, o al massimo una seconda magistrale, stavolta in psicologia (con tutti questi crediti avrei l'accesso anche in una facoltà fisica) per poi diventare psicologo.
- Magistrale in Psicologia Clinica online (Unicusano): so che le lauree online sono mal viste in Italia, ma per fare lo psicoterapeuta conta di più dove hai conseguito il tirocinio in psicoterapia, mentre la magistrale è solo abilitante all'iscrizione alla scuola di psicoterapia, ed in questo caso per me farebbe fede il tirocinio a Firenze. Tutto ciò che mi darebbe questa laurea sarebbe appunto questo: potermi definire psicologo ed esercitare come tale. Avrei potuto entrarci tranquillamente anche senza il master in tecniche psicologiche, facendo 7 esami integrativi. A questo punto il Master credo che mi permetterà di scontare solo un paio di esami integrativi. Dovrei comunque farne 5 o minimo 4 per poi entrare.
A questo punto sono totalmente confuso e non so cosa scegliere... se l'alternativa si trova in queste nuove opzioni oppure dovrei riconsiderare qualche vecchia magistrale ormai scartata. Non so nemmeno a chi rivolgermi per chiedere consiglio perché tutte le persone che conosco sono più o meno interessate, mentre io sono alla ricerca di un consiglio disinteressato, dato abbastanza a bruciapelo, da parte di una persona che viene a conoscenza d'impatto con questo problema e non lo ha vissuto giorno per giorno come i miei amici e parenti.
Attualmente sto aspettando che mi mandino le credenziali per iniziare a seguire i corsi del Master, che è online, e che presumibilmente mi invieranno a fine mese. Potendo mi tirerei indietro, ma avendo già pagato (mannaggia alla mia impulsività) ormai sono obbligato a fare questo master, e devo anche sbrigarmi a farlo in tempo perché in Italia è illegale essere iscritti a più corsi contemporaneamente, pertanto se non do tutti gli esami del Master superandoli entro settembre perdo di nuovo il treno per iscrivermi alla Magistrale, qualunque sia quella che sceglierò.
Per saperne di più su di me e sulle mie pubblicazioni così da farti un'idea su chi sono e magari consigliarmi al meglio, puoi controllare sul mio sito qualche articolo che ho scritto o tradotto da altri autori che mi sono piaciuti. Il mio problema si estende ovviamente anche a quest'altra questione: dovrei continuare psicoanalisi se non faccio psicologia? Prendermi un titolo da psicoanalista, che non posso utilizzare in Italia, ha senso? Dovrei comunque esercitare prendendomi il rischio di essere perseguitato dall'Ordine degli psicologi?
Molte persone che mi conoscono e che hanno letto i miei libri alle quali ho sottoposto il mio problema mi hanno detto (copio testualmente): "ma tu hai un approccio da antropologo, non da psicologo. Lo psicologo ragiona per schemi, per test, per protocolli, mentre tu sei un libero pensatore che ama la cultura e la filosofia, totalmente diverso", e forse è vero, ma che futuro ho come antropologo in un paese come l'Italia? C'è sempre l'insegnamento che è il mio sogno, ma quanti culi dovrò leccare per arrivare dove voglio? E ci arriverò mai in un tempo ragionevole? Se fossi anche psicologo almeno nel frattempo potrei lavorare, e non rischierei di morirmi di fame. Attualmente i miei lavori rispecchiano la mia dicotomia: da un lato il mio editore mi ha chiesto di tornare sul tema dell'Anima, e sono felice di scrivere un libro che ripercorra la storia del concetto di Anima, dall'antropologia alla psicoanalisi, e dall'altro una importante rivista accademica mi ha chiesto di scrivere un articolo per loro, ultimato pochi giorni fa, e l'ho scritto sulla Schizofrenia, un tema decisamente clinico e ben lontano dagli argomenti antropologici (a proposito, se volessi leggere l'articolo in questione non hai che da chiedere). O meglio, in Italia ufficialmente è così, io invece sono di un avviso totalmente differente, ma cosa posso fare per continuare i miei studi senza essere costretto ad abbandonare una o più aree di mio interesse? Verissimo, io sono poco psicologico: aborrisco totalmente il loro ridicolo sistema di test, non sopporto i loro protocolli e credo che la psicologia abbia ammazzato sé stessa entrando in accademia. La psicoanalisi è decisamente più antropologica e non stupisce che io la inserisca nei miei libri. In cinque libri che ho scritto (il sesto lo sto scrivendo adesso) non troverete mai un solo riferimento ad un esperimento psicologico, di quelli che si insegnano nelle università, e se menziono la psicologia è solo per criticarla. I miei libri parlano di psicoanalisi, che è una cosa ben diversa, e nello specifico parlano dell'ipotesi di una antica e più perfetta psicoanalisi nata in India ad opera del maestro Nagarjuna. Poi c'è il mio libro Mythos, interamente dedicato all'analisi antropologica della mitologia, con supporto da parte della glottologia e della linguistica. Non mi sono mai mosso da questo ambito. Ma ancora, ripeto la domanda: quanto mi sarà utile? Io comunque ho parlato anche di malattie mentali, di fenomenologia, di psichiatria, di medicina cinese, non è vero che non mi interesso di clinica, ma il problema è che mi interesso di un'ALTRA clinica, una che in Occidente è vista come stregoneria... ma chi la conosce la medicina tibetana in Occidente? Ma chi pensa che sia un metodo valido? Forse solo gli antropologi, è questo il problema. Io vorrei portare questi contributi in psicoterapia, e la psicoterapia, mio malgrado, è un dominio della psicologia in questo paese. Ho provato a fuggire in luoghi dove la psicoterapia era libera da questi vincoli ideologico-legali, ma ho miseramente fallito. Porte sbarrate e opportunità negate. Sembra che dovrò restare qui, ma per fare cosa? Qual è il mio destino? Non riesco a rispondere a questa domanda, ma una cosa è certa: in Italia sono costretto a rinunciare a qualcosa... o rinuncio agli studi sulla filosofia buddhista (ormai è l'unica parte dell'orientalistica che intendo proseguire) o rinuncio alla linguistica o rinuncio alla psicologia. Tutti e tre questi ambiti li ho studiati per anni e ho pubblicazioni e riconoscimenti che attestano che comunque io posso occuparmi, almeno a livello formale, di questi argomenti. Ora però si tratta di scegliere cosa fare del mio futuro, e il nostro paese è abbastanza restrittivo al riguardo: devo rinunciare a qualcosa. Spesso penso che sarei felice di rinunciare a linguistica o psicologia, perché nella filosofia buddhista ho sempre trovato tutto ciò che mi interessava, e nei miei libri ho dedicato molte pagine ad un paragone attento tra il buddhismo e la psicoanalisi, per dimostrare che concetti anche importanti, come "inconscio" o "nevrosi" eccetera, fossero presenti nel buddhismo ben prima della psicoanalisi, e anche il fatto che il buddhismo si strutturi come la più antica ed efficace psicoterapia della storia, è stato, secondo alcuni accademici che hanno letto i miei libri, "ampiamente dimostrato". Ma il punto è: posso lavorare come psicoterapeuta buddhista? Non certo in Italia. Per paradossale che possa essere, all'estero avrei avuto più possibilità in merito, visto che un progetto per integrare le tecniche meditative alla psicoterapia è presente in Regno Unito, in Canada e negli Stati Uniti, e saranno periti del buddhismo, laureati in Buddhist studies, ad affiancare gli psicoterapeuti nel corso di questa integrazione. L'Italia come al solito è il fanalino di coda del mondo, ed un antropologo che è esperto di buddhismo, per quanto la letteratura buddhista sia una delle più vaste, ricche, splendide e illuminanti che esistano al mondo (per me è la prima in assoluto) a nessuno gliene frega niente nel mondo moderno. Che fare a questo punto? Continuare a studiare il buddhismo da solo sembrerebbe un'ottima ipotesi, ma poco praticabile. Per studiare il buddhismo serve almeno un supporto linguistico, e proseguire linguistica all'università mi permetterebbe di continuare lo studio di almeno una lingua del buddhismo che già conosco in parte. Studiare psicologia mi impegnerebbe troppo tempo, e dovrei studiare il buddhismo più come hobby, e per una faccenda così importante, alla quale ho dedicato il fulcro del mio lavoro, non se ne parla proprio. O almeno, così pensavo. Ma nonostante tutto non me la sento ancora di escludere totalmente psicologia... penso ancora che in qualche modo potrei farcela, studiando solo sulle traduzioni magari, a continuare anche l'approfondimento del buddhismo, che per me DEVE essere fatto. Certo, si tratterebbe di due cose totalmente diverse. Io vengo da un mondo dove comunque tutto è ben connesso. Nessuno penserà che sei strano se studi linguistica, antropologia e filosofia buddhista insieme, perché un antropologo è sempre e comunque ANCHE linguista e ANCHE filosofo. La domanda è: può esistere un linguista, filosofo e psicologo? Probabilmente no. Potrei riuscire, con molta fatica, ad essere un linguista psicologo o anche un filosofo psicologo, ma a qualcosa dovrò rinunciare. Conosco molto bene la psicologia italiana e come si studia. Per me non sarebbe un percorso facile, lo farei più per interesse economico che per interesse personale, e soprattutto mi impegnerebbe molto di più di un percorso in antropologia perché, ammettiamolo, la psicologia dopo un po' mi annoia, è la psicoanalisi che mi interessa, ma quello è un fatto umanistico, mentre la psicologia è "scientifica". Sarò in grado di sostenerla? Fin'ora io ho coltivato due percorsi in parallelo, ma sono inconciliabili nella vita reale, e adesso o trovo un modo per conciliarli, o rinuncio a una parte di essi, e divento una cosa sola, per poi integrare il resto. O divento uno psicologo, con tutte le fatiche del caso, o rimango un antropologo, con tutte le fatiche che avrò dopo, nel trovare un lavoro o una stabilità. All'Italia non interessano i filosofi, i linguisti o gli antropologi, e questo si sapeva. Ma si sapeva anche che l'Italia ha un numero eccessivo di psicologi: sono troppi, e questo lo dicono tutti. Un ragazzo appena uscito dalle superiori pensa che se vuole fare un percorso universitario non particolarmente difficile, che gli garantisce un futuro, allora deve fare psicologia, o giurisprudenza. In Italia sono tutti avvocati o psicologi, è pazzesco, rispetto a paesi come la Francia, il numero di avvocati e di psicologi che abbiamo. Basta fare una ricerca molto semplice per dimostrarlo, ma se vuoi una fonte bibliografica allora ti consiglio di leggere il libro di Eugenio Dioscuro, dove riporta le statistiche relative a questo fenomeno di sovrabbondanza. Tornando al mio problema, mi sento ancora terribilmente combattuto. C'era un periodo che il mio idolo assoluto era Umberto Galimberti: lui, da semplice filosofo, è riuscito a dimostrare che la conoscenza supera i titoli accademici. Pur essendo laureato in filosofia, grazie ai suoi studi e alle sue pubblicazioni, è riuscito a farsi ammettere come docente di psicologia, e successivamente di psicologia dinamica, all'università di Venezia. Anche il mio professore di psicoanalisi ha insegnato psicologia all'università, ed è laureato in filosofia! Pertanto non è impossibile. Certo, erano altri tempi, e non so se la docenza a chiamata è ancora un'ipotesi considerabile negli atenei italiani. Ne dubito fortemente. Oggi si fa tutto tramite concorso, e se non sei dottorato in psicologia se ne fregano che la conosci meglio di uno psicologo: non ti assumono, punto. Anche la mia ipotesi di una carriera accademica è dunque da rivedere? Non lo so. So solo che ho scritto troppo e forse dovrei smetterla. Ti lascio il tempo di elaborare le tue considerazioni, se vorrai farmene dono, e magari qualche consiglio per aiutarmi ad orientarmi in questa giungla. Ah sì, è poi c'è questo stupendo master in "Tecniche di analisi psicologica" dal quale non posso più tirarmi indietro e che spero davvero non mi causerà troppi problemi quando si tratterà di iscriversi all'università. Forse dovrei avere delle soluzioni alternative, magari una scaletta dalla più importante in giù... Non so più cosa pensare. Spero che la mia lettera ti abbia appassionato e che tu voglia farmi dono di un tuo consiglio. Aggiornamento dell'ultimo minuto: da ieri sto cercando disperatamente di ritirarmi dal Master, per il quale non ho ancora iniziato i corsi, dal momento che mi sono pentito di essermi iscritto e sebbene mi dia dei cfu in psicologia, con i quali presumibilmente potrei iniziare a colmare il mio gap in vista di una futura iscrizione alla magistrale in psicologia, sono sempre meno convinto che quel percorso sia fatto per me. Io mi occupo di psiche nel senso analitico, di analisi profonda dell'anima, della cultura dell'umano, del senso delle cose che gli psicologi non possono comprendere. Solo i filosofi possono! Solo gli antropologi! Io spero che tu capisca davvero il mio appello, anche se sei psicologo, e metta da parte il tuo orgoglio professionale per darmi un consiglio DISINTERESSATO. Il mio professore alla scuola di psicoanalisi, nonostante sia uno psicoanalista NON psicologo, direttore di una scuola che forma anche psicoterapeuti, laureato in filosofia e con alle spalle anni di docenza sia all'isitituto Jung di Zurigo che alla facoltà di psicologia di Firenze, ha sempre difeso la psicoanalisi laica, eppure continua insistentemente a ribadirmi che dovrei diventare psicologo, ma me lo dice dal cuore o per un suo interesse professionale, visto che da mesi mi dice che vorrebbe farmi collaborare con la sua scuola in vista di una futura mia docenza? Perché non mi fa insegnare comunque? Sono veramente disgustato da questo atteggiamento. Un esperto è un esperto. Forse dovrei semplicemente rassegnarmi alla psicologia? In fondo qualche psicologo che ho apprezzato c'è stato, ma MAI per il fatto che fosse uno psicologo. Se c'è uno psichiatra che apprezzo come Binswanger non è per ciò che ha detto in quanto psichiatra, ma in quanto filosofo e fenomenologo! Jung non avrebbe mai detto tutte quelle cose interessanti da semplice psichiatra! Jung era un filosofo! Uno studioso dell'antropologia e dell'alchimia! Freud non era solo un neurologo! Gli hanno conferito il premio Goethe per la LETTERATURA! Questa è la dura realtà. Stessa cosa dicasi per quei pochi psicologi interessanti che ci sono stati. Erano tutti filosofi, e ciò che hanno detto di interessante lo hanno detto in quanto tali. Nonostante questa mia presa di posizione il mio professore continua a dirmi che se non eserciterò anche la psicoterapia ciò sarebbe un grave spreco di talento, perché a detta sua non potrò fare solo psicoanalisi per sempre, e presto gli psicologi incominceranno a reclamare diritti anche su quella, ma poi che te lo dico a fare, ho iniziato a disprezzare anche la psicoanalisi, a causa della saccenza degli psicoanalisti, una presunzione che mi ha fatto rimpiangere di aver voluto definirmi analista e far parte di quel mondo di spocchiosi. Ancora arroganza da parte mia? Non so se fare il linguista mi darà mai qualcosa però, o sfrutterà al pieno le mie potenzialità. Mi trovo bene come orientalista ma recentemente ho iniziato a provare anche un'insofferenza per le lingue orientali, che tanto ho amato. Non sopporto più niente. Dopo anni di "militanza" e dopo la morte dell'unica persona che mi aveva sostenuto fino all'ultimo momento, onestamente non so più cosa fare. In ultimo c'è anche il problema economico che per me è una morsa pazzesca. La mia famiglia ha finito i soldi ma è indispensabile che io concluda i miei studi. Lavorando non ottengo NULLA, e anche per questo speravo di poter andare all'estero, prima che il piano fallisse. In Italia ottengo solo qualche lavoretto come insegnante di lingue, ma vengo pagato veramente in modo misero e miserabile, non mi bastano nemmeno per comparare una pagina dei libri che mi servono, figuriamoci pagare le tasse universitarie. Dall'altro lato è vero che se mi iscrivessi ad un'università pubblica, avendo l'isee bassissimo, probabilmente non pagherei le tasse, come ho fatto anche per la triennale. Non posso contare tuttavia su una borsa di studio, a causa della pessima organizzazione della burocrazia italiana. Avevo diritto a tre anni di borsa di studio per la laurea a La Sapienza,a ma mi hanno concesso solo il 15% dell'importo che mi spettava, perché avevano "finito i fondi". Io qui non posso più stare, questa città mi soffoca e devo vivere costantemente con l'idea che non ho soldi e non riesco a trovare lavoro nonostante ne cerchi uno da mesi. Ovviamente io devo anche scrivere il mio nuovo libro e collaborare con le riviste, pertanto non accetto di fare il cameriere o il lavapiatti. Ho una formazione da linguista e cerco un lavoro adatto alla mia formazione, su questo è superfluo che mi esprima. Io vorrei fare il docente universitario, che in Italia è praticamente impossibile, e poi di cosa? Cosa insegno? Le mie idee sovversive? Forse è per questo che il mio professore insiste perché faccia lo psicoterapeuta, oltre perché vede un oggettivo interessamento PROFONDO da parte mia per l'assistenza a chi ha problemi, ed anche un profondo interessamento per le cosiddette malattie mentali, vorrei studiarle di più, non solo sui casi clinici degli altri, vorrei metterci le mani anche io nella mente di uno schizofrenico, e comprendere cosa mi vuole dire, ma non importa, anche se non dovessi farlo mai. Probabilmente non è quello il mio lavoro. E non so se sarei capace di farlo per tutta la vita. Il docente di materie umanistiche invece, beh, quello è un altro discorso. Se solo in Italia esistesse la psicoanalisi in accademia, come in Regno Unito, avrei risolto tutti i miei problemi. Pazienza, anzi no. pero veramente di essere stato in grado di riassumerti la mia situazione, e che tu non la giudicherai sulla base di filtri lavorativi o stereotipi sociali imposti dalla comunità, ma con profonda compassione buddhista vorrai aprire il tuo cuore e dirmi sinceramente cosa ne pensi.
Un abbraccio