Il lavoro mi sta uccidendo. O forse è il mio passato?

Inviata da Francesco · 5 giu 2020 Autorealizzazione e orientamento personale

Salve,

Sono un uomo di 29 anni. Premetto che non ho avuto una vita semplice. Sono cresciuto solo con mia madre (non ho mai avuto un padre) che purtroppo non vedevo mai perché lavorava sempre, e un fratello più grande (che forse era meglio non avere). Sono cresciuto nella violenza e nella solitudine. Nell'isteria e nella ristrettezza economica. Nel bullismo e nei problemi di salute (che crescendo si sono fortunatamente risolti). Ho iniziato ad essere indipendente già da piccolo. A 6 anni già mi preparavo da mangiare e ancora più piccolo mi preparavo da solo per andare all'asilo. Proprio perché quella povera donna di mia madre non c'era mai per cercare di mettere un piatto sulla tavola. Spesso purtroppo non è riuscita a farlo ma non gli ho mai rinfacciato nulla, anzi, in tutto ciò era probabilmente l'unica persona che abbia mai amato, a cui sono riconoscete e a cui mi reputo debitore. Ho dei ricordi nitidissimi della mia infanzia. Ho attraversato la depressione e sono uscito da una vita piena di caos ed errori. Non mi sono mai lamentato del mio passato, anzi, ho sempre ritenuto che sia stato un punto di forza del mio carattere, ma forse qualcosa mi è sfuggito. Ho sempre pensato che finché c'è la salute c'è tutto e non abbiamo il diritto di lamentarci per il resto. Che dobbiamo sempre guardare a chi sta peggio di noi (come diceva mia madre). Qualche anno fa mia madre se ne è andata, e probabilmente credo di non aver avuto nemmeno il tempo di piangerla per la vita che faccio. Sono solo, mi ha lasciato qualcosa da risolvere e ho un lavoro che mi sostenta ma che mi sta rubando l'anima. Credevo di essere invincibile, sono un anticonfmista, individualista e non ho debolezze di alcun genere. Ho sempre gestito i rapporti con gli altri con una personalità prevalente, probabilmente anche con una bella dose di narcisismo. Eppure non riesco a convivere con lo stress e con l'ansia giornaliera dei risultati, o almeno non più. Se non raggiungo gli obiettivi la prendo sul personale, non riesco a farmi scivolare le situazioni addosso. Vorrei avere quella spensieratezza di chi vive alla giornata senza prendersela se le cose vanno male. Senza cercare la perfezione in tutto ciò che mi circonda. Il mio è un lavoro precario nelle vendite, dove ogni giorno si inizia da capo e dove non esiste una previsione della giornata. Ormai andare a lavoro è diventata fonte d'ansia perché mi sento sotto esame tutti i giorni e non riesco ad affrontare con serenità la cosa. Vorrei mollare tutto ma non posso permettermelo. La cosa assurda è che mi credevo più forte, più resiliente dopo che quello che ho passato e invece mi sento vulnerabile e questa cosa mi sconvolge. Non sopporto non avere il controllo di tutto ciò che mi circonda. Se non riesco ad avere il controllo di un problema vivo male, non voglio aspettare e voglio risolvere tutto e subito. Insomma ad un tratto mi accorgo di essere un disastro. Oggi sono "realizzato", sono completamente indipendente (anche e sopratutto affettivamente parlando). Non capisco più se è il mio lavoro o sono io...

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Miglior risposta 22 GIU 2020

Gentile Francesco,
grazie al suo racconto dettagliato è possibile avere un quadro ampio del suo stato d’animo attuale e di alcuni degli eventi più salienti della sua vita. Penso che, da come ha descritto il suo lavoro, una certa quota di attivazione possa essere comprensibile considerato sia il settore, sia l’imprevedibilità che contraddistingue ogni giornata. Di fronte a queste due problematiche si potrebbe riflettere su alcune opzioni.
Da una parte, occorrerebbe ragionare se l’ansia che prova sovrasta a tal punto le soddisfazioni che provengono dal suo lavoro, tanto che, forse, in questo momento, potrebbe non essere più l’occupazione adatta a lei. A molte persone può capitare di cambiare le proprie prospettive lavorative per cimentarsi in qualcosa in cui sentirsi più realizzati.
Dall’altra, quest’ansia che prova e che lei circoscrive al mondo del lavoro potrebbe essere frutto di esperienze di vita e traumi che non sono stati sufficientemente rielaborati e che possono aver creato delle corazze e delle rigidità mentali e caratteriali che interferiscono in generale con il suo funzionamento. Ho notato che ha parlato con molta naturalezza di eventi di vita che possono essere considerati potenzialmente traumatici e che varrebbe la pena approfondire per capire il peso che tutt’ora hanno nella sua vita. Inoltre, le chiedo se ha provato a pensare quando nello specifico ha iniziato a provare quest’ansia che riferisce. E’ successo in concomitanza di qualche evento in particolare? Di fronte alle esperienze importanti che ha vissuto ritengo che, prima di imputare la causa della sua ansia all’aspetto lavorativo, occorrerebbe analizzare più nel profondo il suo stato d’animo attuale collegandolo alle esperienze passate che ha vissuto, per cogliere quanto queste possano aver influito sul suo funzionamento sociale, lavorativo, affettivo, ecc.. Ogni momento può essere quello giusto per lavorare su una più profonda conoscenza di noi stessi e del nostro funzionamento. La resilienza è un’ottima risorsa, ma non deve oscurare i momenti in cui si vuole esprimere il proprio dolore o emozioni che possono apparire negative, ma che sono naturali e coerenti con quanto si vive e dunque hanno una loro importante funzione.
Un caro saluto

Synesis Psicologia® Psicologo a Carnate

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6 GIU 2020

Caro Francesco, dalle Sue parole sembrerebbe emergere una difficoltà nel contesto lavorativo, che perlopiù si lega a una discrepanza tra un'aspettativa di capacità e quasi invulnerabilità (che Lei legge alla luce del passato difficile) e una effettiva esperienza di difficoltà e fallibilità. Questo scarto, più che il risultato mancato o la possibile conseguenza negativa sul lavoro, sembra essere ciò che La mette in scacco e contribuisce a quella percezione di mancato controllo del mondo e delle variabili quotidiane che Lei riporta con sofferenza. Per rispondere alla Sua domanda è necessario aprire ulteriori contesti, indagare alcuni aspetti di storia di vita, e declinare le difficoltà entro i Suoi modi di essere nel mondo che in parte già emergono dal Suo testo, ma che meritano spazio e tempo privati e approfonditi. La psicoterapia è mezzo elettivo per affrontare difficoltà come quelle che riporta; ha valutato la possibilità di iniziare un percorso? Servono impegno, motivazione e tempo, ma ne varrebbe la pena. A disposizione, cordialità. DP

Dott. Daniel Michael Portolani Psicologo a Brescia

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