Il bambino piange quando gioca a calcio come posso aiutarlo ?

Inviata da Massimo · 25 feb 2019

Buongiorno mi chiamo Massimo e sono papà di un bambino del 2010 di 8 anni.
Mio figlio gioca a pallone in una società di calcio da quando ha 4/5 anni , è un bambino con buone capacità calcistiche, molto sensibile, rispettoso e corretto e adora la sua squadra e il gioco del calcio .
Da 2 anni a questa parte , cioè da quando sono iniziate le attività di tornei e partite , durante le partite si fa prendere dall'ansia e basta un piccolo contrasto e si mette a piangere chiedendo di uscire e andare in panchina.
lo ha fatto anche nel campus-estivo dove ha trascorso due settimane di scuola calcio dicendo che non voleva giocare con i bambini del 2009 perché più grandi di lui.
Pensavamo che con il tempo prendesse sicurezza e gli passasse questo problema , invece la situazione non è cambiata , nell’osservare ho notato che quando si trova difronte un avversario più alto o squadre dove all’interno ci sono bambini del 2009 gli episodi di pianto compaiono e anche il suo gioco diventa più nervoso e teso.
A questo punto ne ho parlato con il bambino per cercare di capire cosa provasse e perché piangeva in campo , ma non sono riuscito a far esprimere una reale giustificazione al bambino, a quel punto gli ho illustrato la mia versione di cui sopra e anche Lui ha confermato che i più grandi ( essendo più grandi ) a suo avviso sono più bravi e lui e li teme.
In accordo con il bambino ho deciso di farlo provare ad allenarsi e giocare con i 2009 ( bambini di un anno in più di lui ) questo per dimostragli che anche se hanno un anno in più sono bambini come lui e non deve sentirsi inferiore solo per l’età, per adesso l’ho messo in una squadra della stessa società dove una parte di bambini li conosceva già , vorrei fargli provare delle esperienze anche in altre società calcistiche con altri bambini sempre del 2009 , proprio per fargli rendere conto che sono tutti bambini , naturalmente il suo fine è quello di tornare nella sua squadra dei 2010 dove ha i suoi amici storici, ma gli ho spiegato che alla squadra serve Marco che gioca e non che piange e lui sembra lo ha capito e compreso benissimo .
Gradirei sapere se il mio comportamento , anche se condiviso con lui , è esagerato o se posso fare qualcosa altro per aiutare il bambino a controllare le sue sensazioni e giocare liberamente, divertendosi come è giusto che sia per un bambino di 8 anni .
grazie Saluti Massimo

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Miglior risposta 26 FEB 2019

Gentile Massimo, mi sembra che la Collega che ha risposto prima di me abbia centrato il problema meglio di quanto sarei riuscito a fare. Eviti ogni forma di agonismo! Non ha senso impegnare un bambino così piccolo in un agonismo stressante: a cosa serve? Ha la fortuna di avere un figlio vivace e intelligente; non lo stressi più del necessario, ci penserà la Vita anche troppo, a suo tempo!!
Un cordiale saluto
dr. Leopoldo tacchini

Dott. Leopoldo Tacchini Psicologo a Figline Valdarno

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26 FEB 2019

Gentile Massimo,
credo che, nell'ultima parte della sua lettera, lei abbia centrato il problema: probabilmente il bisogno di suo figlio è quello di giocare liberamente e divertirsi e non quello di competere con ragazzini più grandi e di partecipare a gare e tornei.
Il bambino ha solo 8 anni e, se ho capito bene, già da 2 partecipa a questa attività più agonistica che ludica: in pratica da quando aveva 6 anni. Credo che abbia avuto troppo poco tempo per godersi il gioco del calcio in maniera libera, senza le pressioni, più o meno esplicite, degli adulti attorno a lui.
Il fatto che comprenda le spiegazioni che gli vengono date non significa che le senta come sue e, forse per non deluderla, si sforza di condividere i suoi obiettivi, ma poi non riesce a portarli a termine.
A mio avviso, il bambino non ha bisogno di "controllare le sue sensazioni" perché sono autentiche ed esprimono un suo disagio a proseguire così, cioè a giocare in un modo che è proprio in antitesi con la libertà e il divertimento.
Visto che lei ha un buon dialogo con suo figlio, le consiglierei di proporgli un cambiamento nella sua attività sportiva (magari una squadra diversa, una società più "tranquilla" o un altro tipo di sport) e vedere cosa ne dice. Molti auguri.

Dott.ssa Roberta Altieri Psicologo a Milano

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