ho letto che di solito lo psicoterapeuta nei casi di disturbi di personalità non deve per forza comunicare apertamente la diagnosi al paziente a meno che questi lo chieda esplicitamente più volte,poichè altrimenti il paziente potrebbe identificarsi nella malattia.Ecco, mi chiedevo cosa significasse identificarsi nella malattia e che consenguenze porta? grazie
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27 GEN 2021
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Carissima, potrebbe accadere ma non è detto, che la persona viva la diagnosi come una sorta di etichetta che affibbia a se stesso e quindi senta il processo di guarigione ancora più lontano ed inaccessibile proprio in virtù di quell'etichetta ("tanto sono così, non cambierò mai"). Ossia la consapevolezza della malattia non sempre è di aiuto, a volte la persona se ne fà un problema, vive male il fatto di avere quella patologia, lo fà sentire ancora più demotivato, rinunciatario, complicando notevolmente ogni sforzo fatto nella direzione di aiutarlo. Spero di esserti stata utile. Un saluto affettuoso, d.ssa Antonella Ricci
27 GEN 2021
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Car* Kriks, per quanto riguarda la mia esperienza personale, tendo a non comunicare la diagnosi ai miei pazienti a meno che non ne abbiano bisogno per specifici usi (per esempio certificazioni per la richiesta di un insegnate di sostegno scuola, o simili), perché effettivamente molti pazienti rimangono agganciati all'etichetta della diagnosi e finiscono con identificarsi nell'etichetta stessa.
Io faccio riferimento all'orientamento gestaltico, quindo non parlo di disturbi, quanto più di sofferenze di cui un paziente è portatore.
L'etichetta diagnostica definisce in maniera stretta e rigorosa i confini di un disturbo, ma spesso la persona è portatrice di un mix di sofferenze che toccano contemporaneamente più caratteristiche di disturbi diversi.
Per alcune persone, quindi, il rischio è quello che, identificandosi nell'etichetta, inizino ad autodefinire se stessi attraverso i sintomi di quello specifico disturbo, innescando un meccanismo simile a quello della "profezia che si autoavvera"; altri invece si sentono appagati della definizione e rinunciano a continuare il lavoro di scoperta di sé. Anche il comportamento delle persone che circondano il paziente può cambiare, nel momento in cui il paziente si autodefinisce attraverso una categoria diagnostica.
Queste le esperienze che ho incontrato fino ad ora nella mia pratica clinica.
Un caro saluto, dot.ssa Marinella Balocco
26 GEN 2021
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Identificarsi nella malattia e nello specifico in un disturbo di personalità significa aderire alla descrizione di una etichetta diagnostica riducendo la propria identità ad essa. Il rischio è quello di soffermare la propria attenzione sulla sintomatologia e sulle manifestazioni comportamentali di un disturbo e allo stesso tempo, pur soffrendo per la propria condizione, sentirsi inconsciamente rassicurati di avere un disturbo psichico riconosciuto. Concentrarsi invece sulle cause che hanno influito sul proprio funzionamento e sul fine che ne sostiene il mantenimento, facendo un lavoro finalizzato all' individuazione di una propria identità autentica ed unica, consente un cambiamento profondo e significativo in cui la rassicurazione di una etichetta perde ogni significato. Per concludere più che interessarsi alla propria diagnosi è più importante, a mio avviso, indagare il perché si abbia tanto interesse in essa e gli ipotetici effetti sul suo "svelamento".
26 GEN 2021
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Buongiorno carissimo, credo che idntificarsi nella malattia significhi assumere il ruolo del malato e comportarsi come tale. Non sono sicura che il non dare la diagnosi ad un pazienre con disturbi della personalità, gli eviti di assumere il ruolo del malato, ma penso che i problemi mentali o ci sono o non ci sono e se ci sono non è per finta.. Spero di esserle stata utile.
Cari saluti.
Dott.ssa Barbara De Luca