Ha senso riflettere sui problemi esistenziali?

Inviata da Fra · 24 ago 2016 Disturbo ossessivo compulsivo

Ho venti anni e da un paio di anni non riesco a fare a meno di riflettere sui problemi esistenziali.
Purtroppo queste domande mi tormentano in ogni momento della giornata, tanto da non permettermi di vivere una vita normale.
Il problema principale è che non riesco a vivere nel dubbio, e questa situazione viene rafforzata dal pensiero che sia possibile in qualche modo trovare delle risposte: con la scienza, con la spiritualità ecc...
Ho provato molte volte a fare finta di niente e non pensarci, ma alla fine i pensieri ritornano sempre.
Non sò più cosa devo fare. Ho deciso di chiedere aiuto perchè ormai il caso è diventato patologico.

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Miglior risposta 24 AGO 2016

Gentile Fra,
riflettere e farsi delle domande fa parte di noi e ci contraddistingue in quanto uomini. Vale la pena chiedersi peró se queste continue domande e risposte la fanno stare bene oppure se le rubano troppo tempo, impedendole di svolgere altre attivitá altrettanto importanti. Se si tratta del secondo caso, se domande e risposte si susseguono in modo continuo rallentandola molto in altre attivitá o impedendole di svolgere altre attivitá necessarie o importanti, ritengo utile che si rivolga ad uno/a psicologo/a della sua zona per approfondire ed affrontare il problema.
Le auguro tutto il meglio.

Cordiali saluti,

dott.ssa Elisa Canossa, psicologa psicoterapeuta, Mantova

Dott.ssa Elisa Canossa Psicologo a Sustinente

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24 AGO 2016

Buongiorno Fra, a chi ha chiesto aiuto? E che tipo di aiuto? Queste sono informazioni importanti per cercare di risponderle in modo più preciso. Comunque, di per sè, il fatto che abbia pensieri esistenziali non è sbagliato. Eventualmente, può diventare disfunzionale al suo benessere quotidiano il "quanto" ci pensa. E questo è una delle pochissime controindicazioni, ad es., della psicoterapia. Ovvero, il fatto che essa renda molto più coscienti di prima le persone, fornendo loro (quando funziona) degli strumenti di pensiero più complessi ma che, ad un certo punto, diventano anche "automatici". Mi spiego meglio con un esempio estremo: se prima della terapia avevo una sintomatologia che mi faceva star male ma non sapevo perchè, dopo la terapia, tendenzialmente, la sintomatologia si è attenuata (almeno) ma so anche il perchè ho sofferto. Quindi riesco a contestualizzare molto più di prima e molto più repentinamente: ancora, se prima avevo paura degli ascensori e li evitavo chiedendomi perchè, dopo riesco a prenderli e mi dico che mi si è attivata l'ansia perchè il luogo piccolo mi fa sentire costretto ed imprigionato un pò come mi sto sentendo all'interno del matrimonio (o relazione con mia madre, o con la mia partner, etc.). Questa catena, tuttavia, non finisce qui.Quando vedo una persona che sta male, ad es., perchè non può prendere gli aerei, allora, quasi automaticamente, comincio a pensare: beh, forse quella persona sta andando in un posto che, emotivamente, lo fa stare male, ma ancora non lo ha capito (oppure, sta venendo da un lavoro che è stato obbligato a terminare e solo ora può permettersi di far uscire il suo malessere emotivo, oppure la carlinga dell'aereo lo fa sentire come in un posto poco controllabile e dove lui può decidere ben poco e questo lo attiva, etc.). Insomma, appena si vede una persona ed un evento, comincia subito quella che, personalmente, chiamo la catena di S. Antonio terapeutica, ovvero tutti questi pensieri uno dietro l'altro. Solo che noi terapeuti, facendolo di lavoro ed avendo fatto formazione e terapia personale, riusciamo a gestire queste cose (questa risorsa ci serve, soprattutto, fuori dal nostro studio), i pazienti un pò meno. Anche per questo, dunque, la fine di una buona terapia dovrebbe prevedere un'allenamento, formazione o, almeno, un'indagine sul paziente, da parte del clinico, per cercare di fargli mantenere la sua immediatezza di vita, il suo esperire automatico emotivo e che si può "essere" e "stare" anche senza sapere, sempre, "perché".
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo-Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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24 AGO 2016

Cara Fra,
il bisogno di trovare delle risposte é umano. Da quanto scrive mi sembra di capire che la sua esigenza sarebbe quella di trovare risposte stringenti, definitive, rassicuranti. La difficoltà é quella di vivere nel dubbio. Ebbene, non é facile sostenere l'incertezza per persone che hanno bisogno di punti fermi e certezze, e talvolta questo bisogno puó diventare cosí impellente che quando non é soddisfatto impedisce alla persona di muoversi, di pensare ad altro, di continuare a vivere la sua vita.
Il mio invito é quello di rivolgersi ad uno psicoterapeuta in modo da poter comprendere meglio da dove nasca questo bisogno e, magari, pensare a modi alternativi per approcciarsi alle domande esistenziali alle quali sente di dover dare risposta...
Rimango a disposizione.
Cordialmente,

Annalisa Anni
Psicologa Psicoterapeuta Padova

Alternativamente Psicologo a Padova

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24 AGO 2016

Gentile Fra,
è assolutamente normale riflettere sulle questioni di tipo esistenziale: direi che è umano!
Diverso è quando queste domande e la ricerca delle risposte diventa talmente tanto insistente da diventare "ossessivo". Ovviamente non è possibile per me capire se è il primo o il secondo caso. Mi sembra però di capire che percepisce un urgenza e una difficoltà e per tale motivo le consiglio di rivolgersi a un collega che possa fare una valutazione e darle delle spiegazioni.

Resto a sua disposizione
Dott. Salvatore De Costanzo
Psicologo - Napoli

Salvatore De Costanzo Psicologo a San Giorgio a Cremano

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