Sono una giornalista che si occupa di tematiche sociali e di genere e ho una domanda per i vostri professionisti.
Per eliminare la violenza che si manifesta spesso nei giovani (pensiamo a comportamenti come il bullismo o le baby gang) ma anche negli adulti (violenza sulle donne ecc.) è possibile agire a livello psicologico sull'identità di genere?
Mi spiego: un uomo può essere in qualche modo "guidato" da un professionista a riconoscere i tratti della sua personalità riconducibili a una visione "tossica" della mascolinità per modificarli e intervenire al riguardo?
Quale tipo di percorso psicologico consiglierebbe un professionista?
Quali sono le differenze tra un ragazzo e un adulto in un percorso del genere?
Quali sono, se esistono, i percorsi esistenti e che tipo di risultati danno?
Grazie a chi risponderà.
Giulia Zennaro
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11 LUG 2022
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Cara Giulia,
se una persona riporta problemi di aggressività, rabbia, violenza, ecc., lo riconosce e richiede aiuto, allora si può lavorare sulle cause, andando alla radice della problematica, e su ciò che ad oggi alimenta il problema, quindi ad esempio si lavora sulle credenze false o distorte, sulle convinzioni errate ecc., secondo l’approccio cognitivo comportamentale. Dunque se, ad esempio, una persona agisce violenza di genere, lo riconosce e vuole farsi aiutare, in quel caso, si fa un percorso mirato basato su ciò che è disturbante e causa/alimenta il problema: se ci sono pensieri disfunzionali che spingono un comportamento disfunzionale si mettono in discussione e si lavora su tutti gli aspetti coinvolti.
Tra adulti e ragazzi la prima differenza che mi viene in mente è che ancora gli adolescenti sono più malleabili, da questo punto di vista, e meno strutturati, perché appunto ancora in fase di maturazione, esplorazione e definizione della personalità, dunque il percorso potrebbe essere meno impegnativo. Ma non è detto! Ci sono diversi fattori in gioco con una certa variabilità individuale e contestuale.
Per ciò che concerne in generale la prevenzione, invece, le dico che sicuramente una sana psicoeducazione sulle tematiche, volta a sfatare falsi miti, pregiudizi, tabù, etc., può salvaguardare da esito potenzialmente negativi.
Un caro saluto,
Dr.ssa A. Signorelli, psicologa e sessuologo clinico con esperienza nell’ambito della vittimologia e della violenza
11 LUG 2022
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Gentilissima, provo a risponderle, sperando di aver ben compreso la sua domanda. Credo che, gli atteggiamenti "tossici" a cui fa riferimento, non siano attribuibili esclusivamente al genere maschile, vedi ad es. il bullismo, che è molto diffuso in ambito femminile
ed altrettanto grave, seppure messo in atto con modalità diverse. Gli atteggiamenti violenti che si riscontrano oggi, forse in maniera un po' amplificata, rispetto al passato, ma nemmeno poi troppo, sono, a mio avviso, riconducibili a modalità educative inadeguate da parte dei genitori. Ritengo che sarebbe necessaria una presa in carico del sistema familiare; raramente, l'individuo in se' è portatore di "tossicità", quanto piuttosto il risultato di una contesto familiare, fortemente deprivato dal punto di vista normativo, affettivo, etico e sociale. Dott.ssa Daniela Noccioli.
9 LUG 2022
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Gentile Giuliazennaro,
sono belle le sue domande e richiederebbero risposte molto ampie.
Mi limiterò ad un paio di osservazioni e a qualche suggerimento.
Secondo l'orientamenteo psicoanalitico l'identità maschile si forma in contrapposizione all'istinto e richiede quindi un atto di volontà che vada nella direzione opposta a quella della natura. La legge (la società) deve sostituire l'orda barbarica. (Condizione completamente diversa quella delle donne che con l'istinto fino ad ora non hanno avuto grossi conflitti ma che si devono invece ancora guardare dai soprusi che le società hanno quasi sempre riservato loro):
L'istinto però è più forte e più antico della legge (della società) e, per consolidarsi, l'identita maschile ha molto bisogno di modelli presenti e affidabili, in sostanza di buoni padri capaci, con l'esempio, di testimoniare il loro orientamento.
Ecco il primo suggerimento: dovrebbe proprio leggere di LUIGI ZOIA "IL GESTO DI ETTORE" ed. Bollati Boringhieri (libro bellissimo e di facile lettura. E' un saggio ma si legge come un romanzo!)
Come modificare una visione "tossica" della mascolinità?
Ogni scuola psicologica ha approcci differenti. La psicoanalisi ritiene che poichè noi siamo il frutto delle relazioni che ci hanno accompagnato da quando siamo nati, possiamo cambiare e correggere eventuali atteggiamenti sbagliati facendo esperienza di una relazione funzionale alla nostra formazione in un lungo e paziente lavoro analitico. Oppure dobbiamo avere la fortuna di fare buoni incontri nella vita.
Lingiardi dice però che alle relazioni è imputabile solo un terzo della nostra identità, l'altro terzo lo dobbiamo all'ereditarietà, al DNA, e l'ultimo terzo ci viene invece dall'aria che tira nella società in cui ci troviamo a vivere. Lascio a lei le considerazioni che ne derivano.
Ed ecco il secondo suggerimento: dovrebbe proprio leggere di Eric-Emmanuel SCHMITT - "LA PARTE DELL'ALTRO" (altro libro bellissimo che parla proprio del contributo delle relazioni alla formazione della nostra identità. E' un romanzo ma lascia il segno di un saggio!)
Quali sono le differenze tra un ragazzo e un adulto in un percorso del genere?
Un ragazzo ha un'identità ancora in formazione e quindi, se il rapporto è buono, è più facile far germogliare buoni atteggiamenti.
Un maschio adulto deve quanto meno essere insoddisfatto di sè stesso e soffrire per i fallimenti passati per poter mettere in discussione la sua identità. Se mancano questi sentimenti non si sogna proprio di chiedere l'aiuto di un psicologo (un po' si vergogna del bisogno e un po' disprezza chi fa questo mestiere).
Mi fermerei qui, ma se lei vorrà inviarmi un breve commento ai due libri consigliati mi farà molto piacere.
Buon lavoro.
dott.ssa Rinalda Sabbadini
9 LUG 2022
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L'intervento deve essere innanzitutto culturale in quanto per poter intervenire è necessario riconoscere la violenza di genere in tutte le sue forme soprattutto quelle prodromiche. Ad oggi la questione della violenza di genere si pone il più delle volte quando c'è una denuncia o una condanna per reati di stalking, molestia, violenza domestica e/o sessuale o nei casi di femminicidio. Il grosso problema è che culturalmente al maschio è riconosciuto il diritto/dovere di comandare e di esprimere la rabbia. Ciò comporta che per molto tempo dinamiche di sopraffazione più o meno violente possano essere legittimate dal contesto o non vissute come un comportamento problematico da chi le mette in atto. Si potrebbe dire che è un patologia ego-sociosintonica.
Senza un passaggio nel quale l'uomo violento (o almeno una parte del suo contesto sociale), riconosca il comportamento violento/prevaricatore come disfunzionale e foriero di sofferenza, questi non sarà spinto a mettersi in discussione in un percorso di rielaborazione del proprio modo di interpretare l'identità di genere maschile. E' importante sottolineare che a tale proposito, in un intervento psicologico atto a prevenire e modificare i comportamenti violenti, non si lavora per modificare l'identità di genere, ma mettere in discussione modalità stereotipate di incarnare l'essere maschio. Altrimenti il rischio è di avallare un pensiero secondo il quale il contrastare i comportamenti violenti, equivalga a femminilizzare o demascolinizzare l'uomo.
Il percorso psicologico da seguire è quello che parte da una valutazione, caso per caso, delle forme con cui si esprime la sopraffazione e delle cause e dei fattori che predispongono e alimentano la violenza. Le forme della violenza di genere sono fondamentalmente 4 quella psicologica, fisica, sessuale ed economica. Posto che tutte hanno come denominatore comune la svalutazione, il controllo e la strumentalizzazione della donna, ognuna necessita di un percorso di consapevolezza che porti l'uomo a riconoscere cosa sta facendo e quale funzione assolvono le varie tipologie di abuso. In ultima analisi, ciò che spinge l'uomo ad abusare e strumentalizzare la donna è un senso di inadeguatezza nello sperimentare l'intimità, la paura della vulnerabilità emozionale e sentimentale, la vergogna di "non sapersi tenere una donna" che non ha nulla a che fare con l'amore, ma piuttosto con il senso narcisistico di tenere una donna legata a sé arrogandosi, al contempo, il diritto di continuare a fare ciò che si vuole, compreso il soddisfare i propri appetiti sessuali con la partner o con altre, garantendosi cioè il diritto di tradire e contemporaneamente minacciare la partner per eventuali tradimenti (doppia morale).
Va da sè che un percorso psicologico dovrebbe portare a riconoscere in sé questi atteggiamenti e comportamenti, metterli in discussione e modificarli, acquisendo la capacità di sperimentare il piacere reciproco, la condivisione delle emozioni e la comunicazione assertiva dei propri desideri e delle proprie vulnerabilità. E' fondamentale integrare queste nuove modalità di comunicare e relazionarsi in un modo diverso di essere uomo, senza per questo sentirsi snaturati nella propria identità.
Ovvio che è molto più facile agire in questo senso con ragazzi giovani, i quali hanno anche una maggiore capacità di mettere in discussione i modelli, sia adulti che coetanei. C'è inoltre da considerare che in età adulta si può verificare la cristallizzazione di stili di personalità antisociale, narcisistica o borderline che aggravano i comportamenti e rendono la persona più coriacea al trattamento e nel cambiamento.
Sono diversi i centri che offrono consulenza psicologica individuale e di gruppo. Sarebbe però importante un maggiore coinvolgimento istituzionale, soprattutto, sarebbe opportuno raccomandare o imporre percorsi di questo genere anche a seguito di denunce o condanne per reati di abuso minori. Sarebbe inoltre importante valutare gli esiti di questi programma e restituire tali risultati alle istituzione affinché possa essere destinata una quota di spesa pubblica sempre in chiave preventiva.
9 LUG 2022
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Buongiorno,
molti studi hanno dimostrato che una corretta educazione sessuale e affettiva, seguendo le linee guida dell'OMS, riduce notevolmente gli atti di violenza tra i bambini, adolescenti e adulti, anche nel lungo periodo. Tra le tematiche che si affrontano in un percorso di educazione sessuale e affettiva c'è anche quello dell'identità di genere, che è un aspetto del concetto più ampio di identità sessuale.
Nel caso di un percorso più clinico, individuale o di gruppo, il tipo di percorso può cambiare anche in base dall'età della persona e al tipo di comportamento violento compiuto. Ad esempio, tendenzialmente con i sex offenders si svolge maggiormente un lavoro informativo su tematiche legate ai ruoli di genere e identità sessuale.
Se ha ulteriori domande o dubbi sarò lieto di aiutarla.
9 LUG 2022
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Buongiorno Giulia, si un uomo può essere guidato attraverso un percorso psicoterapeutico mirato a sviluppare l'empatia e a riconoscere l'origine dei suoi comportamenti disfunzionali. Presupposto fondamentale è che lui sia motivato a farlo, riconoscendo di avere un problema. Un ragazzo ancor di più può essere aiutato se vuole poiché ha una struttura di personalità ancora in formazione rispetto ad un adulto. TDF