E' normale sentirsi peggio ad un certo punto della psicoterapia?
Salve, mi chiamo Annalisa e ho 23 anni.
A Febbraio scorso mi rivolsi ad una psicoterapeuta, che trovò i me problematiche di depressione e ansia.
Ho proseguito la terapia cognitivo-comportale con lei, trovandone anche dei benefici, soprattutto nel rapporto (tossico) con la mia famiglia.
Negli ultimi due mesi, tuttavia, ho notato un peggioramento dell'umore: piango spesso, mi sento bloccata, persa, senza idea di cosa fare nella vita e senza il coraggio di fare qualsiasi cosa nel frattempo, come un lavoro o del volontariato, che mi faccia uscire di casa.
L'atteggiamento della mia psicologa mi confonde: da un lato dice che vede in me le capacità per uscire da questa situazione e che crede in me, dall'altro mi dice che non ha la sensazione che io ci stia "provando abbastanza", e sembra ignorarmi quando le dico che non mi muovo perché non sono sicura di dove andare, che non so se quello per cui sono laureata è ancora il lavoro che voglio fare, e che la mia famiglia mi ostacola in tutto quello che faccio, e quando non lo fanno loro mi auto-saboto io..
Quando le dico questo, non fa che spronarmi a cercare il lavoro che le ho detto non sono sicura di volere, a uscire di casa e fare cose...come se non avessi affatto parlato.
E' normale sentirmi così giù a questo punto del percorso? Come dovrei interpretare il comportamento della psicologa, ha forse ragione a dire che non ci provo abbastanza?
Spero di non essere stata troppo vaga,
grazie in anticipo,
A.