Dubbi frequenti sulla scelta del percorso universitario e nuova crisi
Buonasera, sono uno studente di 23 anni iscritto al primo anno di un corso di laurea magistrale in inglese in scienza delle pubbliche amministrazioni (curriculum "internazionalistico"), da fuorisede a Bologna da settembre scorso. Faccio alcune dovute premesse: mi sono laureato in triennale in scienze politiche in 4 anni dopo aver cambiato 3 atenei e 4 corsi di laurea (il primo ateneo dopo un mese e poco più, quindi sostanzialmente ho frequentato due atenei, e con riguardo ai corsi sebbene in due atenei diversi sono stati sempre giurisprudenza e scienze politiche), conseguendo il titolo triennale in scienze politiche alla Sapienza lo scorso ottobre con il massimo dei voti - la carriera si compone di esami svolti sia a giurisprudenza sapienza che ad un corso di scienze politiche in inglese svolto alla Luiss per un anno, sia di quelli poi svolti nei due anni pieni di scienze politiche alla Sapienza, con anche 6 mesi di erasmus in Olanda. In generale, per tutto il mio percorso scolastico ed accademico mi sono sempre impegnato nello studio, conseguendo ottimi risultati, tuttavia questi vari cambi di corso e una carriera accademica molto frammentata anche dal punto di vista sociale mi hanno portato ad avere un'idea di me non così centrata e solida. Mi spiego meglio: le prime incertezze universitarie hanno rappresentato per me un forte cambiamento e "squilibrio" rispetto agli anni precedenti, il percorso di studi al liceo classico è stato indubbiamente un percorso che ho molto amato, anche per la presenza di diversi insegnanti che mi hanno formato anche personalmente e che sicuramente hanno segnato le mie passioni, in certi sensi. Mi trovo ora a mettere in dubbio il percorso che ho fatto e le scelte che ho preso una volta di più e ho un po' paura che sia io ad avere una tendenza cronica a mettermi in discussione, tuttavia la conclusione degli studi triennalistici è stata senza dubbio pesante (quanto di più rispetto ad un qualsiasi percorso di laurea, però?) e nel mio animo c'era la convinzione di star dando tutto me stesso per concludere finalmente un percorso sicuramente in parte travagliato - e che mi ha portato a rivolgermi ad una counselor prima e ad uno psicoterapeuta dopo - nell'ottica di potermi poi finalmente dedicare ad un percorso scelto, da vivere nella sua continuità sia in termini di studi che di ambito sociale. La crisi che sto vivendo ora - che si trascina da un paio di mesi almeno e mi ha portato nei momenti più critici anche a soffrire di insonnia ed in generale ad avere pensieri ossessivi e spendere le mie giornate in continue rimuginazioni - ho paura si possa collegare ad un errore generale sulla mia persona e sulle mie passioni, e nello star quindi ignorando una mia "vocazione" o comunque profonda passione per gli studi di un settore. Il corso di laurea di adesso mi sembra indubbiamente molto arido, teorico e fitto di argomenti che in primis non avrei pensato di trovare e in secundis mi lasciano abbastanza perplesso sul mio modo di decidere a quali corsi di studi iscrivermi. Non ho mai avuto nel periodo scolastico un sogno specifico su una professione che avrei voluto svolgere, ma mi sono sempre trovato bene a studiare (seppur con impegno) e la scelta del liceo classico come indirizzo di scuola superiore sicuramente è stato la più tagliata sulla mia persona; mi sono chiesto spesso quindi se semplicemente io non avvertissi il bisogno di immaginarmi in contesti diversi perché mi trovavo bene nel contesto in cui già stavo, o se avessi paura a dovermi immaginare al di fuori di un ambiente "protetto". Ai dubbi sulle materie che sto studiando in sé (che mi appaiono aride e non mi danno da pensare o riflettere anche tra me e me, cosa che bene o male ho sempre amato fare nella mia vita preadulta ed adulta), si stanno aggiungendo sempre più incessanti i dubbi sugli sbocchi lavorativi post laurea. La dimensione delle scienze politiche ho deciso di intraprenderla intrigato dall'idea di una carriera internazionale (diplomatica, ad esempio) e spinto dalla prospettiva di poter conoscere culture e paesi diversi, di cui indubbiamente sono curioso, ultimamente però sto riflettendo su altri aspetti che una carriera simile implicherebbe, e quindi la difficoltá a radicarsi in un luogo e nel mamtenersi degli affetti stabili e profondi. Dentro di me mi sento un umanista, e l'approccio con queste materie (ivi intendendo le materie politologiche in senso stretto) mi sta portando a pensare che forse queste non siano molto nelle mie corde quanto invece materie di natura più discorsiva come storia, filosofia, lingue e letteratura. Un'attività che ho iniziato a praticare da un paio d'anni però è quella di scrivere su un giornale (non particolarmente conosciuto ma neanche un giornalino, comunque una bellissima esperienza di redazione giovane ed attiva), e credo che la convinzione che poi mi ha anche sostenuto nel percorso accademico svolto fino ad adesso fosse quella che la carriera giornalistica potesse rispondere alle mie corde, vedendo nella figura del giornalista comunque quella di una persona impiegata nel settore culturale, o di attualità, ma comunque legata ad un mestiere immerso nell'uso della parola e della lingua. Questo mi ha portato a considerare anche il settore dell'editoria come interessante ma anche lì a livello lavorativo pare sia una valle di lacrime. Lo stesso vale per il mestiere di giornalista in senso stretto, rendendosi necessario svolgere un master in giornalismo (due anni..) per avere qualche speranza (in assenza di familiari nel settore..). Da sempre, da quando ero piccolo ho amato tantissimo leggere ed il tempo speso sui libri non mi è mai parso tempo perso, tutt'altro. Ho iniziato allora a mettere sul piatto quelle che so essere mie convinzioni e passioni e sono giunto a rivalutare anche l'idea di svolgere il mestiere del professore (viste le possibilità attuali, più probabilmente di liceo) come possibile alternativa, anche considerando che una volta superati lunghi anni di precariato e di vivacchiamento, data la natura del rapporto di lavoro indirizzato prima o poi ad un contratto a tempo indeterminato, il mestiere costituirebbe una scelta più "sicura". La mia laurea triennale però mi consentirebbe con qualche integrazione al più di proseguire in un corso di laurea magistrale in Scienze Storiche, formalmente adatto per partecipare ad eventuali concorsi per assunzione di professori ma in una situazione in cui io sostanzialmente mi troverei con delle lacune formative nel programma (di storia e filosofia, accorpate in un'unica classe di concorso), e sicuramente svantaggiato in partenza rispetto a chi ha studiato già in triennale i medesimi argomenti. A questo punto non so più bene come orientare i miei passi futuri, passo intere giornate almeno da un mese a vagliare continuamente ipotesi su ipotesi e aggiungerne di altre, e nel frattempo sto dedicando pochissimo tempo alla sessione d'esami attuale, e quando mi metto sui libri trovo moltissima difficoltà a mantenere la concentrazione, cosa per me inusuale. Potrei avere qualche sintomo depressivo o simile dato che questa situazione mi provoca grande sconforto, talvolta insonnia, spesso mal di testa (di cui storicamente non ho mai sofferto) e spesso la mattina a non volermi alzare dal letto e la sera a sentirmi più tranquillo. Sono sensazioni che ho già sperimentato e che già una volta mi hanno condotto a rivolgermi a specialisti; ora devo dire che in generale sono astrattamente più cosciente della non-perpetuitá di questo stato d'animo, essendone uscito una volta, ma comunque le sensazioni e le angosce si susseguono e si accavallano e almeno emotivamente spesso mi pare di trovarmi senza una via d'uscita.
So di avere delle passioni e delle curiosità e una parte di me ha nostalgia di quando davvero mi si riempiva il cuore ed illuminavano gli occhi a pensare e parlare di temi di cui amavo discorrere e in cui mi piaceva addentrarmi e lasciarmi affondare, non so però quanto siano sensazioni ancora valide da considerare in una situazione anomala e critica come la mia, e anche come sia più opportuno valutarle per orientare i miei passi futuri, consapevole che un altro cambio avverrebbe dopo 5 anni dall'uscita dal liceo. A queste si aggiungono la consapevolezza che i miei genitori stiano spendendo soldi nella mia istruzione, ora anche in un contratto d'affitto, e per quanto davvero si siano dimostrate alla prova dei fatti persone estremamente comprensive e sicuramente fondamentali nel sostenermi, io stesso avverto questa situazione come difficilmente sostenibile. So di essermi dilungato molto e immagino che la riflessione in generale appaia un po' confusionaria, da quel punto di vista si rispecchia nel mio stato d'animo. Ringrazio sentitamente in anticipo chi vorrà darmi un consiglio su cosa considerare per prendere decisioni sul mio futuro, o comunque darmi un feedback su come affrontare il mio stato d'animo. Un saluto!