Doc o lesbica repressa?

Inviata da Anon112 · 17 ago 2020

Salve, sono una ragazza di quasi 23 anni e sono molti anni che vivo un forte conflitto interiore legato al mio orientamento sessuale. Per molto tempo ho pensato semplicemente di essere una lesbica repressa, ma ultimamente sto cominciando a pensare di essere ossessionata, paranoica e nulla di più. A 14 anni ho avuto il mio primo fidanzatino, che però era a distanza. Ci siamo incontrati una volta sola e l'ho lasciato il giorno dopo, presa dall'ansia perché i miei avevano scoperto che avevo incontrato questa persona di nascosto, e anche perché non avevo provato nulla in particolare. A 15 anni mi ritrovai a guardare le foto di un'attrice ed a pensare che avrei baciato volentieri una ragazza. Iniziò poi una fase di esplorazione durante la quale ho baciato diverse ragazze e non mi è mai dispiaciuto, anzi. A 16 anni mi innamorai perdutamente della mia migliore amica, ero gelosissima di lei. A differenza di altre ragazze che avevo baciato però, non mi attraeva particolarmente a livello fisico. La nostra relazione durò 5 o forse 6 mesi al massimo. Questo perché dopo un primo entusiasmo iniziale, mi resi conto di quanto fosse difficile essere lesbiche in un piccolo paesino di provincia. Doversi continuamente nascondere e vergognare, provare sensi di colpa verso i genitori e tutto il resto. C'è da specificare in tutto questo che vivo molto vicina a praticamente tutti i miei parenti. Quindi non ho soltanto la pressione data dalla presenza dei miei genitori, ma anche quella di zii, cugini e via dicendo. Tutte brave persone, che da lontano "accettano" l'omosessualità, ma quando riguarda qualcuno di vicino a loro, beh... la situazione cambia drasticamente. Ammetto di sentire soprattutto il peso del giudizio di mia madre, che sin da quando ero piccola ha fatto varie battutine che celavano un certo disgusto verso le lesbiche ed il sesso lesbo in particolare. Credo di aver assorbito la sua repulsione e spesso penso che tutti questi pensieri sull'omosessualità debbano essere frutto di condizionamenti esterni o di paranoie, che mento a me stessa, che faccio finta, ecc.
Sono passati 6 anni da quando ho lasciato quella ragazza, dalla quale avevo anche smesso di essere attratta e con la quale ormai avevo una relazione molto tossica. Ero gelosa per qualsiasi sciocchezza, avevo paura che mi tradisse o che preferisse un ragazzo a me. Avevo anche sviluppato un rapporto di rivalità con lei, in quanto più carismatica di me. Avevo paura che mi "rubasse" gli amici e volevo uscire con lei solo da sole. Quindi, insomma, avevo anche molti problemi di autostima che rovinavano la maggior parte dei miei rapporti sociali.
Nei 5 anni successivi non sono uscita con nessuno. Anzi, rifuggivo dalle relazioni, le vedevo come un problema. Mi sono concentrata di più sugli studi e ho vissuto un'adolescenza in generale molto solitaria e priva di esperienze particolari.
L'anno scorso ho deciso di farmi avanti perché stanca della solita vita monotona e perché sinceramente volevo avere delle esperienze sessuali. Ho provato quindi a sentire e vedere sia ragazze che ragazzi. Con i ragazzi uscivo anche se di base non mi interessavano, semplicemente nella speranza che potesse scattare qualcosa. Con le ragazze invece uscivo piena di sensi di colpa e come se stessi commettendo un reato. Nessuna delle persone con cui sono uscita mi ha colpita, eccetto per una ragazza davvero molto carina, con la quale però non sono andata molto lontano perché avevamo due personalità molto diverse. Inoltre il fatto che io non avessi particolari esperienze sessuali le dava fastidio. Non aveva la pazienza di rispettare i miei tempi. All'inizio di quest'anno ho cominciato a sentire un ragazzo. Era un periodo in cui mi sentivo molto sola, abbandonata dagli amici e sconfortata per l'università. Per cui quando mi ha chiesto di uscire non ci ho pensato due volte. Mi sono trovata inaspettatamente benissimo con lui. Avevamo tantissime cose in comune ed avevamo fatto delle esperienze molto simili nella vita. Mi sono sentita capita ad un livello molto profondo, come non mi era mai successo o quasi nella vita. Nel corso dei primi due mesi mi sono sentita molto presa da questa persona, ero felicissima di stare con lui e desideravo baciarlo e anche altro. Ero al settimo cielo perché finalmente mi piaceva un ragazzo e potevo essere felice e mia madre non avrebbe pensato di aver "sbagliato tutto" con me o cose simili. L'unica cosa che ostacolava -ed ostacola- il nostro rapporto, era il fatto che in un certo senso dovevamo comunque "nasconderci", perché lui è l'ex di una mia cara cugina, e questo causava e causa in me molto disagio e sensi di colpa. Eventualmente la magia iniziale è finita, e nel corso dei mesi ho avuto numerosi momenti di dubbi e di conflitto. C'erano giorni in cui ero felicissima, ed altri in cui mi sentivo oppressa, in cui mi chiedevo se mi attraesse veramente, in cui guardavo ossessivamente le sue foto. La quarantena ha peggiorato le cose, perché non potevamo vederci e senza contatto fisico, non potevo avere "rassicurazioni" del fatto di provare realmente attrazione verso di lui. Dopo la quarantena la situazione ha continuato ad essere altalenante per me. Lui invece si è legato tantissimo a me, ed ultimamente sono terrorizzata all'idea di ferirlo. Il mio affetto verso di lui è sincero, farei qualsiasi cosa per renderlo felice. I rapporti sessuali che abbiamo avuto sono stati gradevoli. Ma è come se avessi paura di chiudermi in una relazione seria con lui e di non avere mai più la possibilità di avere una storia importante con una donna, che però non riuscirei comunque a godermi per via dei soliti sensi di colpa.
Inoltre anche se con lui sto bene, non provo repulsione o altro, mi rendo conto che non provo interesse per gli altri ragazzi in generale, se non in casi estremamente rari, e sono sempre ragazzi dall'aspetto infantile o femminile. Quando le mie amiche etero dicono che un ragazzo è attraente e che andrebbero a letto con lui, io non riesco ad identificarmi. Mi capita di avere delle fantasie che riguardano la penetrazione e simili, ma non mi capita mai di immaginare il volto di un ragazzo o di fantasticare su un'ipotetica relazione a lungo termine con un uomo. Guardando i film non ho mai desiderato di avere qualcosa di simile di fronte ad una relazione etero tra due personaggi.
Egoisticamente parlando, non voglio lasciare questo ragazzo. Non ho mai avuto un legame così bello con una persona, lo considero perfetto da tantissimi punti di vista. Però sono anche stanca di avere tutti questi momenti di conflitto (ultimamente ci penso ossessivamente tutti i giorni, dalla mattina alla sera), mi sento poco rispettosa nei suoi confronti (anche se gli ho sempre parlato del fatto di avere dei dubbi, non mi sono mai lasciata andare a grandi dichiarazioni) e vorrei proteggerlo. Penso che si meriti di più di me. Non so sinceramente cosa fare e vorrei rivolgermi ad uno psicoterapeuta online per provare a capire meglio, ma prima di farlo mi piacerebbe avere dei pareri generali.

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Miglior risposta 18 AGO 2020

Buongiorno, emergono molti sentimenti contrastanti che nel corso del tempo hanno alimentato una confusione che, di certo, è comprensibilmente pesante per Lei. La invito innanzitutto a considerare un paio di questioni: l'orientamento affettivo è fluido e non è necessariamente binario (omosessuale/lesbica); inoltre, è multidimensionale e le componenti dell'affettività e della sessualità non sono necessariamente tra loro congruenti e sovrapposte. Questo, che a prima vista può apparirLe come un ulteriore fattore di complessità, è fondamentale per l'apertura di possibilità di esistere e di esperire che non sono contemplate, sembra, nel Suo racconto. E' una buona idea contattare uno psicoterapeuta. In questo momento il lavoro che Le sarebbe utile si svolge sulle due direttive della progettualità di sè (chi sarò) e dell'identità propria (chi sono), che vanno declinate entro il contesto di riferimento: quello socio-culturale, ad esempio, dove le minoranze sessuali soffrono di stressors aggiuntivi, e quello familiare, che nella Sua storia emerge come fattore da affrontare. Si assicuri che il professionista scelto abbia adeguate competenze in materia di sessualità e applichi una modalità di approccio che sia culturalmente competente - ovvero, che tenga in considerazione le peculiarità del fare esperienza in modo meno normativo, che è tanto sano quanto oggi culturalmente ostacolato e complesso. A disposizione, cordialità. DP

Dott. Daniel Michael Portolani Psicologo a Brescia

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