Ho un quesito piuttosto delicato perchè l'interessata è una neolaureata psicologa, specializzanda psicoterapeuta. Presenta i classici sintomi dell'anoressia nervosa, perdita di peso (20% del suo peso abituale), eccesso di attività fisica, dieta ferrea ipersalutista, irritabilità. Per la specializzazione in corso è in terapia, lo psicologo che la segue può accorgersi del problema pur se non dichiarato? La famiglia è molto preoccupata come può intervenire? Non si può con lei neppure sfiorare l'argomento, il terapeuta potrebbe consigliare anche la famiglia? Grazie per i consigli che ci darete.
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3 AGO 2016
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Gentile Riccardo,
lo psicologo che segue la persona in questione può accorgersi della perdita di peso, ma tenga presente che per giungere all'anoressia occorrono anche altri sintomi, ad esempio amenorrea. Inoltre, per rendersi conto del problema, bisogna considerare che se la ragazza prima della perdita di peso, era in sovrappeso, forse dopo un calo del 20% del peso di partenza non apparirà emaciata e questo potrebbe non allarmare chi la segue in terapia. Queste considerazioni sono finalizzate a far capire che dovrebbe essere sempre il paziente a esporre le problematiche esperite, perchè altrimenti potremmo trovarci di fronte ad una persona che non ha alcuna motivazione al percorso di cura; in questo caso anche consigli del terapeuta ai familiari (impossibili nella situazione in questione senza un esplicito consenso della paziente maggiorenne) potrebbero essere visti come attacchi e mancanze di comprensione.
A mio avviso l'unica strada resta quella del dialogo con la ragazza, forse esprimendole di nuovo le preoccupazioni e le osservazioni fatte prima o poi si aprirà un inizio di consapevolezza e di motivazione a farsi aiutare.
Cordialmente
Dott.ssa Annalisa Caretti
4 AGO 2016
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Gentile Riccardo,
la psicoterapia personale richiesta durante il quadriennio di specializzazione degli psicologi ha proprio lo scopo di far emergere ed elaborare tematiche e problemi irrisolti del futuro psicoterapeuta.
Pertanto è auspicabile e probabile che il tema della magrezza e del comportamento alimentare in questa ragazza sarà evidenziato e trattato.
In ogni caso è indispensabile sempre una buona motivazione per non commettere omissioni in psicoterapia anche quando il paziente è un/una giovane psicologo/a.
Se lei Riccardo è una persona affettivamente vicina a questa giovane collega può solo provare a sensibilizzarla dicendosi preoccupato, data l'eccessiva magrezza e la dieta ferrea, per la sua salute psico-fisica nonostante sia una neo-psicologa.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
3 AGO 2016
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Purtroppo aspettarsi che chi studia psicoterapia non abbia nessun problema e' come pretendere che un medico che si sta specializzando in oculistica abbia 10/10.
Laurea in psicologia o non laurea, il problema va risolto come chiunque altro
1 AGO 2016
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Buongiorno Riccardo, trattandosi di una persona adulta (che sia anche dell'ambito psicologico, per me, non fa tutta questa differenza), l'eventuale sensibilità al disturbo alimentare dovrebbe essere affrontato all'interno della sua psicoterapia. Informazioni, decisioni, o altro, compiuto "alle spalle" della persona non portano mai benefici, anzi, sono da evitare, senza se e senza ma. Il collega che ha in terapia la futura collega psicoterapeuta, sicuramente, starà valutando la situazione ed anche il "come" e "quando" sarà meglio far emergere la situazione. Bisogna avere fiducia (anche se, posso intuire, che per familiari ed amici, potrebbe essere difficile, soprattutto se sentono un'urgenza) nel professionista, nel lavoro clinico e nel familiare che sta in questo percorso. Affinché il lavoro terapeutico sia il più efficace possibile, la motivazione a trattare di determinati argomenti deve sempre essere interna, più che suggerita (quando non costretta) dall'esterno, pur con le migliori intenzioni.
Buona fortuna
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma