Disagio, umiliazione e panico dopo violenta rapina
Sono una dirigente scolastica, ho 63 anni, vedova, benestante, vivo in un piccolo centro dove mi conoscono un po' tutti. Sono stimata, benvoluta, ritenuta una persona autorevole e sicura di sé. Qualche settimana fa mi è capitata una orribile disavventura.
Eravamo a casa di un'amica per la solita partita a carte del giovedì sera. Improvvisamente sono penetrati in casa tre uomini armati e mascherati che ci hanno ordinato di alzarci , stare faccia al muro e di mettere le mani dietro la schiena.
Ho capito che volevano legarci. Le mie amiche hanno obbedito. Io ho provato a ribellarmi e ho gridato ai tre di andare via.
Sono stata schiaffeggiata (facendomi anche volar via gli occhiali), sopraffatta in pochi istanti, legata con fascette e imbavagliata con nastro adesivo come già avevano fatto alle mie amiche, mentre la casa veniva svaligiata.
Ci hanno steso bocconi sul pavimento, in tre stanze diverse.
Non sono riuscita a liberarmi.
Siamo state trovate dopo oltre un'ora - ancora immobilizzate e imbavagliate - dal figlio dell'amica che ci ospitava.
Il senso di umiliazione e di rabbia che ho provato mi ha spezzato. La sicurezza che avevo in me è svanita. La cosa peggiore è stata essere sopraffatta davanti alle mie amiche, mentre credevo di riuscire a risolvere la situazione.
La notizia ha fatto il giro della nostra piccola comunità. In tanti hanno fatto a gara per sostenermi e mostrarmi la loro solidarietà. Ma io sono a disagio. Detesto essere compatita e percepisco in alcuni una curiosità morbosa. Quando esco per il passeggio serale mi sento osservata. Oggetto di domande che nessuno ha - fortunatamente - il coraggio di pormi. Il mio disagio è enorme. E ho terrore che quanto ho subito possa ricapitarmi.