Buongiorno. Da qualche mese vado da una psicoterapeuta con approccio breve strategico a causa di problemi alimentari. Mi trovo bene, lei è molto gentile e compassionevole e sembra che ci tenga a me. Da un po’ però mi sono resa conto di non riuscire più a parlare in terapia, con momenti di prolungato silenzio alle sue domande o risposte a monosillabi. Analizzando questo comportamento mi sono resa conto che è perché mi sono molto attaccata a lei e sono terrorizzata del momento in cui la terapia finirà (tra l’altro lei crede nelle terapie brevi, quindi sarà presto). Ho paura di aprirmi con una persona che sono destinata a perdere. Ho sentimenti di paura di abbandono. Mi ci sono affezionata davvero tanto e non so più come gestire questa cosa. So che molti mi risponderanno di parlarle di questa cosa in terapia ma non ce la faccio proprio. Aiutatemi vi prego
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6 FEB 2020
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Salve Psy4590 grazie per aver scritto,
questo suo messaggio mi fa riflettere sulla modalità in cui entra in relazione, le consiglio di parlarne in terapia, non del problema come lo pone lei, ma di comprendere perché emerge nelle tue relazioni significative la sindrome abbandonica. In fondo è questo...
Resto a sua disposizione,
Dott.ssa Valeria Alescio - Psicologa Clinica
7 GEN 2020
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Cara Psy, effettivamente l’unica strada che mi sento di consigliarle è quella di affrontare questo aspetto in terapia: parlare della sua paura di abbandono la aiuterà ad aprirsi gradualmente su altri aspetti.
Dott.ssa Michela Roselli
7 GEN 2020
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Ciao Psy4590, a volte ci sono terapie brevi ma è raro, terapie brevissime per me non esistono: non ci sarebbe rispetto per i tempi di cambiamento del cervello/mente, questi in relazione ai tempi che credo necessari per le persone nel loro ambiente. Le relazioni, anche quella terapeutica, devono passare dall'innamoramento all'amore che di sostanzia in un progetto a lungo termine; non la terapia ma la capacità individuale di un progetto esistenziale. Il tuo! Se parli di atteggiamento "compassionevole", questo stimola atteggiamenti infantili di relazione. E i tuoi problemi alimentari hanno a che fare con la tua infanzia. La tua vita non sarà col terapeuta. Comincia a correre per la tua vita.
7 GEN 2020
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Gentile Psy4590, ha ragione, è stata la prima cosa cui ho pensato: “servirebbe parlarne in terapia”. In effetti sarebbe un ottimo argomento su cui lavorare, poichè potrebbe essere un’occasione per sperimentare questo atteggiamento in un contesto protetto e riflettere insieme ad una professionista che stima. Dall’altro lato il blocco che lei sente è comunque da prendere in considerazione, credo non debba sentirsi forzata, potrebbe iniziare a valutare modalità alternative per introdurre delicatamente la sua attuale difficoltà. Che ne pensa di una lettera? Questa è solo un’idea, puó cercare il modo che più le si addice. Un caro saluto.
Giulia Bondone
4 GEN 2020
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Gentile Psy,
Purtroppo è proprio ciò che andrebbe fatto, parlarne con la terapeuta e affrontare queste paure abbandoniche!
La terapia ha un tempo limitato, a maggior ragione la strategica breve, anche se la terapeuta valuterà il momento in cui lei sarà pronta per separarsi definitivamente. Abbia fiducia e coraggio, cerchi di parlarne...
I miei migliori auguri
Dr.ssa Donatella Costa