Dentro e fuori dal TSO

Inviata da Salvatore · 20 dic 2024 Disturbo bipolare

Buongiorno,

ho un parente di 75 anni affetto da disturbo bipolare e sindrome persecutoria. All'inizio dei primi episodi, è stato seguito da diversi psichiatri, ma dopo circa un anno ha sempre interrotto il percorso di cura. Successivamente ha subito due Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO): il primo nel 2008, dopo un tentativo di suicidio, e il secondo nel 2019, a causa di una condizione considerata pericolosa per la sua salute.

Attualmente, però, sembra esserci un circolo vizioso: dopo ogni TSO, il parente accetta inizialmente la cura farmacologica e le visite dallo psichiatra del Centro Psico Sociale (con sedute circa ogni tre mesi), ma rifiuta il supporto supplementare di uno psichiatra che potrebbe offrirgli un trattamento più continuativo. Dopo alcuni mesi, inizia a ridurre la dose dei farmaci prescritti (spesso sostenendo che sia con il parere favorevole del medico), fino a smettere completamente di assumerli dopo circa un anno. Sembra che lo psichiatra non intervenga per non compromettere del tutto la relazione terapeutica. Questo, ovviamente, ha ripercussioni sulla sua salute mentale, e dopo alcuni anni la sua condizione peggiora nuovamente, portando alla necessità di un nuovo TSO.

Come si può uscire da questo circolo vizioso? Come possiamo aiutarlo?

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Miglior risposta 22 DIC 2024

Buongiorno,

La situazione che descrive è complessa e sicuramente fonte di grande preoccupazione per lei e per la sua famiglia. Comprendo la frustrazione di fronte a questo circolo vizioso e la difficoltà nel trovare una soluzione duratura.

Comprendere la complessità della situazione:

- Disturbo bipolare e sindrome persecutoria: entrambe queste condizioni possono rendere difficile per una persona aderire alle terapie, a causa dei sintomi stessi (come la negazione della malattia, l'ostilità verso le figure di cura, l'alterazione del giudizio).
- TSO: sebbene necessario in situazioni di pericolo, il TSO può generare sentimenti di rabbia, sfiducia e resistenza nei confronti del sistema sanitario.
- Relazione terapeutica: è fondamentale una buona alleanza terapeutica, ma è altrettanto importante che il terapeuta sia assertivo nel far rispettare il piano terapeutico, soprattutto quando la vita del paziente è in gioco.

Possibili strategie per uscire dal circolo vizioso:

- Coinvolgimento di tutta la famiglia: è importante che la famiglia sia unita e coerente nell'incoraggiare il parente a seguire le cure.
- Comunicazione aperta e sincera: cercate di parlare con il parente in modo calmo e comprensivo, spiegando l'importanza della terapia e gli effetti negativi dell'interruzione dei farmaci.
- Ricerca di un nuovo psichiatra: potrebbe essere utile consultare un altro psichiatra, magari con un approccio terapeutico diverso, che possa instaurare un rapporto di fiducia più solido.
- Terapia di famiglia: una terapia di famiglia potrebbe aiutare a migliorare la comunicazione e a trovare strategie per affrontare la situazione.
- Supporto di gruppi di auto-aiuto: i gruppi di auto-aiuto possono offrire un prezioso sostegno sia al parente che alla famiglia.
- Valutazione della capacità di discernimento: in alcuni casi, potrebbe essere necessario valutare legalmente la capacità di discernimento del parente, al fine di prendere decisioni per il suo bene.

Lo psichiatra ha un ruolo fondamentale in questo processo. Dovrebbe:

- Essere chiaro e diretto: spiegare in modo semplice e comprensibile le conseguenze dell'interruzione della terapia.
- Essere assertivo: non cedere alle richieste del paziente di ridurre o interrompere i farmaci senza una valida motivazione medica.
- Collaborare con la famiglia: coinvolgere attivamente la famiglia nel percorso terapeutico.
- Valutare l'opportunità di un trattamento farmacologico a lungo termine: in alcuni casi, potrebbe essere necessario un trattamento farmacologico a lungo termine per stabilizzare la condizione.

Consigli aggiuntivi:

- Pazienza e perseveranza: uscire da questo circolo vizioso richiede tempo e pazienza.
- Non scoraggiarsi: anche piccoli passi in avanti sono importanti.
- Prendersi cura di sé: è fondamentale che anche lei e la sua famiglia vi prendiate cura di voi stessi, cercando un sostegno psicologico se necessario.

Dott. Mirko Manzella Psicologo a Trieste

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22 DIC 2024

Buongiorno
Ne parli lei allo psichiatra del comportamento del suo parente.
Dottoressa Patrizia Carboni
Psicologa Psicoterapeuta
Roma

Dott.ssa Patrizia Carboni Psicologo a Roma

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21 DIC 2024

Gentile Solmen,
capisco quanto possa essere difficile supportare un parente che sta vivendo una situazione così complessa. La sua preoccupazione e il desiderio di aiutarlo sono evidenti, e il mio consiglio è sicuramente quello di rivolgersi al suo medico curante. Un primo passo importante è trovare insieme una soluzione che permetta un accesso ai servizi di supporto adeguato, in modo che il suo parente possa essere indirizzato verso il professionista più adatto a lui.

Il rapporto di fiducia tra il paziente e il professionista è fondamentale, quindi spero che, con l’aiuto giusto, si possa creare quel legame che consenta al suo parente di affrontare la situazione con maggiore serenità. Le auguro che questo percorso possa portare a una soluzione positiva, con la giusta cura e il supporto di cui il suo parente ha bisogno.

Un caro augurio per questo cammino!

Dott.ssa Francesca Ceccotti Psicologo a Verona

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21 DIC 2024

Gentile Salvatore, capisco quanto possa essere difficile affrontare una situazione del genere, in cui un parente con disturbo bipolare e sindrome persecutoria rifiuta il trattamento e sembra cadere in un circolo vizioso. In questo tipo di casi, la resistenza al trattamento è spesso legata alla difficoltà di accettare la malattia, alla paura di perdere il controllo o alla sfiducia verso il sistema sanitario. Il fatto che il tuo parente segua inizialmente il trattamento dopo un TSO e poi lo interrompa, è purtroppo una dinamica piuttosto comune in persone con questo tipo di disturbi. La prima cosa che può aiutare è cercare di stabilire una relazione di fiducia. La paura e la sfiducia sono spesso alla base del rifiuto delle cure. In questo caso, è fondamentale lavorare sulla costruzione di un rapporto di empatia e ascolto, facendo in modo che il trattamento venga visto non come una “punizione”, ma come un’opportunità per star meglio. Potreste coinvolgere più persone della famiglia nel processo, per aiutarlo a sentirsi meno solo e più compreso, senza giudicarlo. Un’altra possibilità è cercare di trovare un trattamento più continuativo e coerente, magari cambiando approccio. Se il parente ha difficoltà ad accettare la terapia a lungo termine, potrebbe essere utile esplorare con il medico alternative terapeutiche che lo facciano sentire meno “forzato”. Un altro psichiatra, con un approccio diverso, o l’integrazione di una psicoterapia con il trattamento farmacologico, potrebbero dare buoni risultati, sempre però cercando di non interrompere il trattamento una volta avviato. La continuità, infatti, è cruciale, perché il disturbo bipolare è una malattia cronica che necessita di monitoraggio costante. Sarebbe anche utile cercare di educarlo alla malattia, in modo che comprenda meglio cosa succede nel suo corpo e nella sua mente. Partecipare a gruppi di supporto o incontri psicoeducativi, se è disposto, potrebbe aiutarlo a riconoscere i segnali di una ricaduta e a vedere la cura come un mezzo per mantenere un buon equilibrio, piuttosto che come una restrizione alla sua libertà. In ogni caso, la pazienza e la costanza sono essenziali. Non è facile interrompere il circolo vizioso, ma continuare a offrire supporto, senza giudicare, ma anche senza accontentarsi di risposte vaghe o temporanee, potrebbe essere il primo passo per ottenere una maggiore adesione al trattamento.
Cordialmente
Dott.ssa Velia Morati

Dott.ssa Velia Morati Psicologo a Nocera Inferiore

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