Buonasera
Ho conosciuto una donna in un locale di balli caraibici, e mi è subito piaciuta, e sembrava lo stesso per lei.
Ho scoperto solo dopo qualche tempo fosse una Psicoterapeuta, ma avevo già preso buona confidenza da parlarle liberamente delle mie questioni, progetti, interessi.
Può essere che a causa di determinati argomenti di cui ho discusso, in base a qualche norma del codice, lei abbia deciso, o sia stata costretta, a dovermi considerare un suo paziente, senza comunicarmelo?
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21 DIC 2015
· Questa risposta è stata utile per 6 persone
Buongiorno Marco,
davvero lei pensa che si possa diventare pazienti senza saperlo? Di solito lo diventa chi riconosce di avere un problema e va da uno psicologo (o un medico) a chiedere di essere aiutato a risolverlo. Inizia così una relazione in cui normalmente non c’è un libero scambio di informazioni personali di qualunque genere, ma ci si concentra soltanto su uno dei due protagonisti (appunto, il paziente).
Soprattutto, il principio di un rapporto del genere si basa su premesse economiche, che lo distinguono da una semplice amicizia.
La sua richiesta sembra quasi presupporre che uno psicoterapeuta non abbia una vita privata, che la conoscenza e/o l’interesse per l’altro sia possibile soltanto lavorativamente parlando. Così dimentica che prima di essere professionisti, discorso che vale per qualunque altro ambito specialistico, siamo persone. E come tali usciamo, abbiamo una vita familiare, sociale e persino affettiva.
Provi a parlarne con questa donna, magari potrebbe scoprire anche da che cosa abbiano avuto origine questo suoi timori.
Cordialmente,
Michela Vespa
Psicologa Psicoterapeuta Roma
22 DIC 2015
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Gentile Marco,
si tranquillizzi!. Il rapporo tra paziente e psicoterapeuta non avviene in una sala da ballo ma in uno studio professionale ed è regolato da un "setting" ben preciso fatto di regole, orari, tecniche terapeutiche, pagamenti.
Pertanto, di sicuro, questa Collega amante dei balli caraibici, non la considera un paziente ma un conoscente o, al massimo, un amico.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
21 DIC 2015
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Caro Marco, da quello che ho capito lei non si é rivolto alla collega per una consulenza professionale, ma si é confidato con lei perché era una persona che suscitava il suo interesse. A tal proposito non vedo limiti imposti dal codice: uno psicologo può confrontarsi ed interagire con chi vuole o su qualunque argomento. Il nostro codice deontologico ci impedisce di prendere in terapia persone con le quali abbiamo un rapporto di confidenza perché ció potrebbe interferire con il lavoro e confondere i ruoli, ma al di fuori del lavoro possiamo interagire con chi preferiamo.
Potrebbe però accadere che se una persona, che di lavoro fa lo psicologo, si trova a confrontarsi con altri su tematiche riguardanti la psicologia possa rispondere influenzata dalle conoscenze di cui dispone e quindi dare opinioni di carattere diverso da quelle che da una persona che non ha fatto questo tipo di studio.
Se si tratta di una persona a cui si é legato, le suggerisco di parlare delle sue impressioni con lei, perché potrebbero esserci fraintendimenti che complicano il rapporto.