Credo di avere una lieve disabilità intellettiva e problemi relazionali
Buongiorno, vi scrivo in merito ad un problema che mi è sempre pesato moltissimo e di cui non ho mai avuto il coraggio di parlare. Sono abbastanza convinto di avere una lieve disabilità intellettiva. È qualcosa che ho percepito fin dalla prima infanzia, quando a lezione mi annoiavo molto, immagino a causa del fatto che non riuscivo a comprendere quanto veniva insegnato e quindi ero costretto ad estraniarmi dalla lezione. Credo che questa mia problematica sia sempre rimasta in sordina per via del fatto che bene o male riuscivo sempre a cavarmela. Tutto ciò produceva, sicuramente unito ad altri fattori che conosco solo parzialmente, un certa quota di isolamento sociale. Ricordo che tendevo a focalizzarmi moltissimo su certi argomenti, completamente a discapito degli altri ed a trascorrere lunghi periodi immerso nella solitudine della mia camera, osservando con un pizzico di invidia gli altri bambini e le loro interazioni. Addirittura, verso gli 8/9 anni, sviluppai la fobia di essere down: ero convinto di non potermi percepire in modo oggettivo e che, se mi fossi visto allo specchio, non avrei saputo riconoscere in me le caratteristiche somatiche che contraddistinguono le persone affette da questa sindrome. Cercavo di cogliere qualsiasi indizio possibile da parte di amici e genitori che potesse confermare questa mia angoscia e paradossalmente placarla grazie ad una spiegazione che rispondesse alla mia sensazione di estraneità. Questa stessa sensazione divenne per me fonte di una tremenda paura. In quel periodo ero sopraffatto da continue domande riguardo alla mia esistenza, mettevo in discussione la verità della realtà che mi circondava, mi chiedevo se i miei genitori fossero reali, oppure se fossero frutto della mia immaginazione, se tutta la mia vita non fosse altro che un prodotto della mia mente e questa eventualità non mi permetteva di addormentarmi. La mia testa era in continuo fermento (forse proprio a causa della sua bassa prestanza? Forse cercavo di compensare la mia difficoltà di ragionamento attraverso un’esasperazione dello stesso?), soffrivo di ansia e di sintomi simili. Mi rifugiavo nella fantasia e mi nascondevo in qualsiasi ripostiglio trovassi per continuare a riflettere e perdermi nell’immaginazione. Ho sempre sentito il mio pensiero come fosse un ingranaggio rotto, qualcosa di poco fluido, che deve continuamente ripercorrere gli stessi passaggi più e più volte, finché non sono perfetti, così da sentirli sufficientemente solidi. La ripetitività sembra darmi un’illusione di consistenza, perché è come se in me ci fosse una profonda insicurezza verso ciò di cui faccio esperienza personalmente: ho continuamente bisogno di ripetere a me stesso ciò che ho provato (spesso ad alta voce), ribadirmi i miei ragionamenti; questa attività consiste in un continuo dialogo con me stesso, come fossi sdoppiato, come necessitassi di un’interlocutore esterno che mi confermi la veridicità di ciò che provo. Solo se ho la conferma altrui delle mie esperienze, queste possono essere sentite come autentiche, altrimenti rimane dentro di me un profondo senso di irrealtà di quello che ho provato. Spero di essermi spiegato.
Sono sempre stato un bambino poco sveglio, direi quasi impedito, soprattutto negli aspetti pratici della vita e che richiedono un buon contatto con la realtà. Ero però “iper-reattivo” agli stimoli provenienti dall’esterno, come avessi la pelle molto sottile, e il contatto con le altre persone mi produceva sensazioni spiacevoli. Avevo (ed ho tutt’ora, anche se in misura minore), la sensazione che il contatto con gli altri sia troppo “violento”; mi sento invaso con facilità. A volte ho l’impressione di “perdermi nell’altro”, che tradotto in termini più concreti significa che sento di sperimentare in prima persona ciò che prova l’altro e di immedesimarmi in modo talmente massiccio, da sentire di perdere la mia individualità.
Inoltre ho costantemente paura che le persone si accorgano dei miei deficit di intelligenza, mi farebbe sentire molto male, estraneo ancora una volta.
Sono cosciente che la mia disabilità intellettiva sia forse il minore tra i problemi, e che ricondurre tutto il mio disagio a ciò possa essere una strategia difensiva per non occuparmi di questioni magari più dolorose e che potrebbero essere intollerabili, che hanno a che fare con qualche deficit primariamente “affettivo”. Scusate per il papiro, ma avevo davvero bisogno di un confronto. Non si può stare così male a 21 anni. È una situazione insostenibile per me.