Convivenza finita. Cosa fare?

Inviata da Fab · 2 lug 2020

Salve. Ho convissuto per un anno e mezzo con il mio ragazzo con cui ero insieme da 5 anni. Io ho 32 anni, lui 31. All'inizio amavo molte cose di lui che rispondevano ad alcuni miei bisogni di coppia fondamentali: cura, sostegno, desiderio di essere amata davvero. È stata una persona perfetta, che ha sempre dimostrato una dedizione totale in un periodo della mia vita molto particolare: ero con lui quando ho aperto la mia attività. In questi sei anni la mia vita è sempre cambiata, ho raggiunto un forte successo professionale partendo da zero, mi sono formata, ho lavorato duro passando anche dei periodi di forte stress, lui mi ha sempre sostenuta. In tutto questo però notavo anche dei lati di lui che mi lasciavano un po' titubante: se io correvo a mille lui di base era una persona di ottimo sostegno ma senza ambizioni. Dimostrava nella vita personale e professionale, poco carattere. Risultava ai miei occhi una persona debole, passiva. Lui stesso ammetteva che non affrontava mai i problemi di petto. Lavorava molte ore al giorno per una paga misera, l'ho sempre spronato a credere nelle sue capacità e cercare altro, reinventarsi. Ma nulla. Ad ogni soluzione c'era un problema. Questo aspetto del suo carattere (forse) mi ha portato ad allontanarmi da lui fisicamente. Non amavo più ricevere baci e abbracci, il sesso poi peggio ancora. Mi sforzavo di star bene nei momenti di intimità pensando alle qualità positive che aveva, ma invano. Per far crescere la coppia decidiamo di andare a convivere ma le cose non cambiano. Anzi, anche prendere casa diventa uno sforzo, per lui, anche economico. Era molto agitato e anche comprare divano e mobiletti era stato difficile. Cosa sarebbe successo allora se a 32anni io avessi iniziato a sognare un matrimonio (come è giusto che sia)? O dei figli? Allora alcune domande hanno iniziato a balenarmi nella mente: fra dieci anni saremo sempre qui, immobili, senza grandi progetti.
Io poi intraprendo un corso di formazione molto intenso e importante che mi risucchia energie e vitalità e finivamo per vederci solo la sera in cui spesso avevo anche del lavoro arretrato da fare. Ed è qui che i problemi si cristallizzano: io non ho la forza per analizzare la mia situazione con lui, arriviamo ad un rapporto di semplici coinquilini che dura quasi un anno. Durante questo percorso professionale di formazione io cresco ancora, entro nel mondo della scuola, conosco persone più grandi. Quando tornavo a casa e guardavo lui lo vedevo mille passi dietro a me, sebbene sempre pronto ad ascoltare e sostenermi nella mia vita. Ma la sua, di vita?
Quando il periodo di formazione per me finisce, provo a riavvicinarmi ma mi rendo conto che il distacco da parte sua era troppo forte. Lui inizia ad essere scontento in casa fino a che in poco tempo mi dice che è arrivato ad un punto di non ritorno. Lì scatta in me qualcosa che non avrei mai immaginato: lo imploro di rimanere, di riprovarci, gli chiedo come possa essere possibile essere arrivati a tanto senza averne mai parlato e riprovato davvero. Gli chiedo scusa se le vicissitudini mi hanno portato ad una fase di stallo ma mi dice che dentro di lui si è convinto per un anno che lui per me non fosse importante. Che non fosse per me indispensabile ed è venuto a compromessi con la mia freddezza asseconda dandola pur di non lasciarmi. Dice che non me ne ha mai parlato per la paura che io mi rendessi conto davvero che lui non era ciò che volevo. Ma nel frattempo questo l'aveva segnato profondamente. Mi scuso se mi sono dilungata tanto. Ora sto male, i miei amici mi dicono che a lungo andare sarei stata io a lasciarlo per ciò che stavo maturando dentro ma io adesso dentro ho solo una disperazione infinita. Perché una persona che mi ha amata così tanto non riesce a ricominciare? Perché in casa lui non si è mai alzato per dirmi che se non intervenivamo subito i danni sarebbero stati irreparabili? Per non parlare del mio profondo senso di colpa.

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Miglior risposta 3 LUG 2020

Fabiola
Dal tuo racconto mi sembra di aver capito che sei sempre stata una persona piena di iniziativa, spirito di intraprendenza, creatività che ti hanno portato a studiare e crescere sempre più a livello anche professionale. Forse, anche se inizialmente in modo inconsapevole potrebbe essere che sei stata spinta a buttarti nel lavoro per colmare la differenza che notavi nel tuo compagno e che ti faceva soffrire. Inutile pensare che con il tempo il
Divario tra voi si era così amplificato che magari il tuo ragazzo si è a sua volta accorto del fatto che eravate arrivati ad essere molto diversi. Penso che quello che ti ha spaventata è la presa
Di consapevolezza anche da parte di lui di tutti questi cambiamenti che ti ha messo di fronte forse alla necessità di prendere una posizione o di accettare che siete due persone tanto diverse ma che si sono amate tanto.
Consiglio di chiarirvi e nel caso lei non riuscisse a gestire il vissuto di disperazione infinita così come lo ha descritto, penso potrebbe esserle di aiuto rivolgersi ad uno psicologo per essere accompagnata a ridimensionare le
sue paure e la sua tristezza.

Resto a disposizione se avesse altri dubbi o bisogno di consigli
Cordiali saluti
Drssa Giorgi

Drssa Giulia Giorgi Psicologo a Viareggio

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3 LUG 2020

Gentile Fabiola,
il suo scritto evidenzia una sua dimensione individuale produttiva, capace e alla ricerca di stimoli, la dimensione individuale del suo compagno di stasi, di chi è fermo. Due condizioni che nel corso del tempo credo si siano fatte sentire nel rapporto relazionale, manifestando allontanamento, silenzi, sospensioni di cose non dette e paure. Credo ci sia in lei l’aspettativa che il suo compagno prenda o prendesse iniziative, come mai si aspetta questo se lo descrive uno di poco carattere? Proverei a chiedermi se il suo impegnarsi tanto in corsi, lavoro sia stato anche per spronarlo a cambiare.
Disponibile per approfondimenti
Dr.ssa Elisabetta Ciaccia

Dott.ssa Elisabetta Ciaccia Psicologo a Milano

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3 LUG 2020

Gentilissima,
le domande che lei pone possono avere una risposta o forse no, in ogni caso solo il suo partner potrebbe farlo. A lei, comunque, non servirebbe a nulla saperlo perché le persone sono libere di dire e non dire e a noi non resta che porci la domanda, la più potente e unica utile, cosa voglio io da un partner? Quali sono i miei bisogni? Sto veramente bene con una persona di quel tipo? Riporti tutto a se stessa e cerchi di capire non se il suo partner la amasse, ma se lei lo amasse veramente all'analisi della realtà e se una vita intera con quella persona l'avrebbe resa soddisfatta, serena, ma soprattutto piena di energia, oppure trattenuta, triste, debole.
Resto a disposizione

Monticone Alessandra Psicologo a Asti

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