Convivenza finita. Cosa fare?
Salve. Ho convissuto per un anno e mezzo con il mio ragazzo con cui ero insieme da 5 anni. Io ho 32 anni, lui 31. All'inizio amavo molte cose di lui che rispondevano ad alcuni miei bisogni di coppia fondamentali: cura, sostegno, desiderio di essere amata davvero. È stata una persona perfetta, che ha sempre dimostrato una dedizione totale in un periodo della mia vita molto particolare: ero con lui quando ho aperto la mia attività. In questi sei anni la mia vita è sempre cambiata, ho raggiunto un forte successo professionale partendo da zero, mi sono formata, ho lavorato duro passando anche dei periodi di forte stress, lui mi ha sempre sostenuta. In tutto questo però notavo anche dei lati di lui che mi lasciavano un po' titubante: se io correvo a mille lui di base era una persona di ottimo sostegno ma senza ambizioni. Dimostrava nella vita personale e professionale, poco carattere. Risultava ai miei occhi una persona debole, passiva. Lui stesso ammetteva che non affrontava mai i problemi di petto. Lavorava molte ore al giorno per una paga misera, l'ho sempre spronato a credere nelle sue capacità e cercare altro, reinventarsi. Ma nulla. Ad ogni soluzione c'era un problema. Questo aspetto del suo carattere (forse) mi ha portato ad allontanarmi da lui fisicamente. Non amavo più ricevere baci e abbracci, il sesso poi peggio ancora. Mi sforzavo di star bene nei momenti di intimità pensando alle qualità positive che aveva, ma invano. Per far crescere la coppia decidiamo di andare a convivere ma le cose non cambiano. Anzi, anche prendere casa diventa uno sforzo, per lui, anche economico. Era molto agitato e anche comprare divano e mobiletti era stato difficile. Cosa sarebbe successo allora se a 32anni io avessi iniziato a sognare un matrimonio (come è giusto che sia)? O dei figli? Allora alcune domande hanno iniziato a balenarmi nella mente: fra dieci anni saremo sempre qui, immobili, senza grandi progetti.
Io poi intraprendo un corso di formazione molto intenso e importante che mi risucchia energie e vitalità e finivamo per vederci solo la sera in cui spesso avevo anche del lavoro arretrato da fare. Ed è qui che i problemi si cristallizzano: io non ho la forza per analizzare la mia situazione con lui, arriviamo ad un rapporto di semplici coinquilini che dura quasi un anno. Durante questo percorso professionale di formazione io cresco ancora, entro nel mondo della scuola, conosco persone più grandi. Quando tornavo a casa e guardavo lui lo vedevo mille passi dietro a me, sebbene sempre pronto ad ascoltare e sostenermi nella mia vita. Ma la sua, di vita?
Quando il periodo di formazione per me finisce, provo a riavvicinarmi ma mi rendo conto che il distacco da parte sua era troppo forte. Lui inizia ad essere scontento in casa fino a che in poco tempo mi dice che è arrivato ad un punto di non ritorno. Lì scatta in me qualcosa che non avrei mai immaginato: lo imploro di rimanere, di riprovarci, gli chiedo come possa essere possibile essere arrivati a tanto senza averne mai parlato e riprovato davvero. Gli chiedo scusa se le vicissitudini mi hanno portato ad una fase di stallo ma mi dice che dentro di lui si è convinto per un anno che lui per me non fosse importante. Che non fosse per me indispensabile ed è venuto a compromessi con la mia freddezza asseconda dandola pur di non lasciarmi. Dice che non me ne ha mai parlato per la paura che io mi rendessi conto davvero che lui non era ciò che volevo. Ma nel frattempo questo l'aveva segnato profondamente. Mi scuso se mi sono dilungata tanto. Ora sto male, i miei amici mi dicono che a lungo andare sarei stata io a lasciarlo per ciò che stavo maturando dentro ma io adesso dentro ho solo una disperazione infinita. Perché una persona che mi ha amata così tanto non riesce a ricominciare? Perché in casa lui non si è mai alzato per dirmi che se non intervenivamo subito i danni sarebbero stati irreparabili? Per non parlare del mio profondo senso di colpa.