Come mai si somatizza?

Inviata da Ombrella · 2 giu 2016 Disturbi psicosomatici

Come mai si somatizzano alcuni stati emotivi? Perché non vengono riconosciuti e quindi trovano come unica espressione il corpo oppure perché non vengono "scaricati"? Forse non mi sono espressa bene, nel senso... Mettiamo che mi senta svenire e che l'origine sia psicogena. Questo avviene perché non ero conscia della mia ipotetica ansia e dunque ha trovato come canale espressivo il soma oppure perché non ho avuto modo di "scaricare" la suddetta ansia di cui pro ero consapevole? E perché tutti o comunque moltissimi in alcune condizioni somatizziamo? (Ad esempio prelievi del sangue)
Ed infine, perché la somatizzazione si associa spessissimo all'ipocondria? Scusate tutte queste domande ma l'argomento mi affascina ed avendo una serie di queste problematiche mi interesserebbe comprendere il meccanismo che le regola.

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Miglior risposta 8 GIU 2016

Gentile lettrice,
per rispondere alle sue domande bisogna partire dall'anatomia del Sistema Nervoso che è composto da Sistema Nervoso Centrale (parte corticale, sottocorticale e midollare) e Sistema Nervoso Periferico che include una componente autonoma (simpatico e parasimpatico) che innerva gli organi interni.
Tutte queste parti sono collegate tra di loro e funzionano in modo sinergico per cui si realizza una unità mente-corpo (alla base della medicina psicosomatica)
in forza della quale le emozioni mediate dagli organi di senso producono reazioni corporee.
Per lo stesso motivo uno stato d'ansia cronico indotto da emozioni spiacevoli può produrre una dissociazione tra la mente e il corpo (malattie psicosomatiche) provocando conflitti interni che si manifestano con una grande quantità di sintomi : insonnia, incubi notturni, cambiamenti di umore, disturbi gastro-intestinali, difficoltà respiratorie (asma), alterazioni del battito cardiaco (aritmia, tachicardia), disagi e problemi sessuali, capogiri e perdita dell'equilibrio, cefalea, difficoltà di concentrazione etc. etc.

Orbene, in alcune delle sue domande lei è un po' confusiva.
Innanzitutto la consapevolezza di essere in ansia non elimina l'ansia stessa ma può solo aiutare a gestirla.
In secondo luogo, forse lei confonde lo "scaricare" l'ansia sul corpo (con somatizzazione e relativi effetti neurovegetativi) con la gestione e successiva eliminazione dell'ansia stessa che non è facile e richiede notevoli doti di equilibrio e risorse presenti solo nei soggetti con personalità armonica e integrata.
Una possibilità in tal senso è data dalle tecniche di rilassamento e di training autogeno.
Infine, per rispondere alla sua domanda, la somatizzazione si associa spesso all'ipocondria (e alla depressione) proprio perché non è stata sviluppata la capacità di gestire correttamente l'ansia padroneggiando il proprio benessere psicofisico.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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2 GIU 2016

Buonasera Ombrella, le faccio i complimenti per la domanda. Innanzitutto, la questione della somatizzazione è dibattuta da decenni in Psicologia, ed ogni epistemologia teorica offre le proprie spiegazioni e riflessioni su questo tema. Per quel che mi riguarda, seguo una teoria che considera le somatizzazioni come dei sintomi che sono una delle vie di accesso principale ai nostri nuclei emotivi più profondi. I sintomi, sostanzialmente, assolvono a due funzioni: una protettiva (a brevissimo termine) ed una comunicativo/relazionale. Rispetto alla prima funzione,ad es., un fobico costrittivo, in situazioni che percepisce "incastranti" utilizza l'attacco di panico (oppure una forte ansia) per evitare ed uscire dalla situazione percepita come pericolosa, o potenzialmente pericolosa. Quindi, emotivamente, il sistema sopravvive (sfugge dalla situazione pericolosa) nell'immediato, ma causa una qualità di vita bassa e non funzionale all'individuo fobico (che, in terapia, dovrà capire come mai alcune situazioni gli causano un allarme di questo tipo e, durante il lavoro clinico, raggiungere l'obiettivo della sopravvivenza emotiva senza aver bisogno del sintomo e riuscendo a gestire diversamente e con più flessibilità le stesse situazioni). Rispetto alla funzione comunicativa, i sintomi sono anche delle strategie relazionali per veicolare dei messaggi. Ad es, il fobico, attraverso il suo sintomo, controlla e gestisce a distanza delle persone più significative (ad es., quando le sente fisicamente ed emotivamente troppo lontane, sintoma, facendo in modo che la distanza diminuisca, quando le sente troppo vicine sintoma ugualmente per far capire che c'è qualcosa che non va). Per essere ancora più chiari, un fobico abbandonico sintoma con l'attacco di panico per ricevere le attenzioni e sentirsi protetto, il fobico costrittivo sintoma sempre con l'attacco di panico perchè si sente in una situazione troppo vincolata e senza via di uscita. Per questo è utile andare "oltre" il sintomo (che, comunque, rimane un'informazione di primaria importanza e sarebbe non utile cercare di risolverlo senza capirne la sua funzione emotiva) e capire i significati personali, emotivi e come se li spiega riflessivamente, dell'individuo.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti
Psicologo/Psicoterapeuta
Costruttivista-Postrazionalista Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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