Buongiorno,
sono stato in terapia di coppia per un periodo di crisi legato al mio divorzio ed ho concluso il mio percorso circa due anni fa, ricominciando una vita serena. Mi è capitato spesso di incrociare la psicoterapeuta che mi seguiva perché viviamo nella stessa cittadina ma non ci ho mai dato granché peso, anche perché avevamo entrambi un partner. Qualche mese fa però l'ho incrociata in piscina dove entrambi pratichiamo nuoto e di recente è capitato di scambiare quattro chiacchiere al bar del centro sportivo. Mi ha fatto abbastanza effetto vederla sotto la luce della persona anziché del medico e mi sto rendendo conto che penso spesso a lei, mi piace come persona e quando ci vediamo sono molto contento. Anche a lei sembra far piacere, ma non capisco se "un paziente è per sempre" anche se sono passati anni oppure se, incontrandosi in un contesto diverso, si possa osare di più. Mi piacerebbe esporre a lei questi dubbi e mi piacerebbe invitarla a cena, ma temo un suo rifiuto o di essere inopportuno. Sento che c'è qualcosa di non detto tra di noi, a volte sembra che voglia spingersi oltre ma poi si tira indietro, e non so se è perché l'alleanza terapeutica è qualcosa che deve essere mantenuta anche a terapia conclusa. Non mi sento più un suo paziente, mi sento "solo" un uomo che vorrebbe chiedere ad una donna di uscire e di conoscerla meglio.
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23 NOV 2021
· Questa risposta è stata utile per 4 persone
Buongiorno le rispondo e la ringrazio anche per aver esposto la sua situazione, che mi permette di cogliere l'occasione per fare un pò di chiarezza, da psicoanalista quale sono.
Lei ha fatto una terapia di coppia intanto, non personale, con questa professionista, ed è finita.
Noi psicoanalisti si, crediamo fermamente nel transfert come strumento terapeutico fondamentale per aiutare il paziente, ma vorrei sfatare il mito della rigidità che ci accompagna.
Non siamo fissati sul transfert e sui confini perché ottusi o rigidi ,ma per tutelare il paziente.
Lei rischia di avere proiettato parti di sé o idealizzato la terapeuta e quindi di non essere attratto da una persona vera, ma da quella che rappresenta nella sua mente.
Detto questo non avete più rapporti professionali e se vorrà potrà conoscere la persona dietro il medico, se anch'essa lo vorrà. Credo che parlarne apertamente con lei sia la cosa più autentica da fare.
Vorrei condividere la mia esperienza personale.
Io per formazione ho fatto un'analisi personale con una professionista donna, fa parte dei nostri doveri, in quanto psicoanalisti.
Finita l'analisi, siamo rimaste in contatto e in ottimi rapporti, e quando è capito abbiamo preso un caffè insieme e fatto delle bellissime chiacchiere.
Non ho mai provato disagio e viceversa. Questo credo sia il parametro da usare per valutare.
Un caro saluto
Dottssa Belinda Doria
Un terapeuta lo sa e quindi protegge il paziente non stabilendo con lui un rapporto personale, quando la terapia è in corso.
22 NOV 2021
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Buona sera Lorenzo, è vero che il codice deontologico ci vieta di avere rapporti al di fuori della seduta e non si può neppure avere in seduta persone con le quali si ha già avuto un rapporto in passato, anche solo di conoscenza o di amicizia.
Non trovo nulla di male a scambiare due chiacchiere o uscire a cena con un paziente che non è più tale. Non necessariamente deve sfociare in una relazione, potrebbe semplicemente nascere un'amicizia. La sottoscritta fa parte di un approccio un po' più flessibile anche se, durante la terapia, rimane ovvio e vincolante quanto stabilisce il codice deontologico dell' Ordine: non deve sussistere nulla al di fuori.
Ne parli serenamente con la persona interessata e manifesti le sue remore.
Saluti
Dott.ssa Rosella D'Avola
22 NOV 2021
· Questa risposta è stata utile per 1 persone
Salve Lorenzo buongiorno a lei
Tecnicamente l’art. 28 del Codice Deontologico degli psicologi cita “… Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. ..”
Nel Codice italiano non c’è una indicazione specifica sul tempo che dovrebbe trascorrere tra la relazione terapeutica e un diverso tipo di relazione, negli USA fino a poco tempo fa dovevano passare 6 mesi.
Io penso che sia difficile per uno di noi scegliere e decidere di poter lasciare il passato nel passato quando si tratta di essere stato una figura di riferimento così significati a nella vita di quell’individuo, penso che al posto della collega sceglierei di restare per sempre la persona alla quale potersi rivolgere in caso di necessità.
Credo che lei stia intercettando titubanza per questo, la persona che le interessa può avere dubbi, ma è l’unica a poterle svelare di cosa si tratta.
È anche vero che tantissimi colleghi, dai sistemico relazionali che ne sanno una più del diavolo sulle coppie agli psicanalisti con le loro rigidità, hanno scelto come partner (e sono stati scelti) un ex paziente… e sono anche più felici di tante altre coppie.
Quindi ne parli con la persona interessata e non abbia fretta
Cordiali Saluti
Per una consulenza di approfondimento può contattarmi anche online
Cordiali Saluti
Dott. Tiziana Vecchiarini
21 NOV 2021
· Questa risposta è stata utile per 3 persone
Buongiorno.
Le rispondo da psicoanalista “classico”, quindi farò riferimento a concetti che colleghi di altri orientamenti (cognitivo comportamentale, sistemico familiare, costruttivisti, bioenergetici, ecc. ecc.) non utilizzano e non condividono. Sullo sconfinamento del rapporto terapeutico nelle direzioni più varie (amicizia, amore, sesso, interessi economico/professionali in comune, ecc.) esiste dalla nascita stessa della psicoanalisi in poi un'infinita aneddotica, una vasta letteratura (sia professionale che narrativa) ed anche una discreta cinematografia. Se nei romanzi e nei film le vicende amorose tra pazienti e terapeuti hanno spesso un lieto fine, nella realtà queste vicende rappresentano invece, per usare un eufemismo, un gran pasticcio (oltre a significare una grave violazione del codice deontologico da parte del terapeuta, e questo vale per i colleghi di tutti gli orientamenti). Il motivo è che l'attrazione per il/la terapeuta da parte del paziente è di per sé (come diceva bisnonno Freud) un sintomo (per Freud un “sintomo nevrotico”), che anziché diventare un fatto (uscire con la terapeuta, andarci a letto, fidanzarsi con lei, ecc.) dovrebbe diventare un pensiero da analizzare ed una grande occasione per illuminare il proprio inconscio: cosa mi sta succedendo?, che significa questo innamoramento? chi rappresenta nel mio inconscio la persona del terapeuta?, ecc. In altre parole, è il famoso transfert, che, se viene agito e non viene analizzato, porta inevitabilmente a dei “casini” e resta come un nucleo problematico ed irrisolto dentro il paziente.
Pertanto, prima ancora di parlare con la sua ex terapeuta (che da quel che lei dice sembra abbastanza in crisi deontologica e non in grado da sola di indirizzare lei sulla strada dell'analisi dei sentimenti che sta provando), le consiglio di consultare un diverso terapeuta (di orientamento psicoanalitico) per analizzare ed elaborare con lui quello che le sta succedendo. Per quel che mi riguarda, le do la mia disponibilità (anche online).
20 NOV 2021
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Salve LorenzoM., mi sento di dirle di parlare tranquillamente con lei, solo così può capire che tipo di rapporto si potrà avere.
Dott.ssa Fabiana Marra
20 NOV 2021
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Gentile Lorenzo,
personalmente ritengo che in qualche modo, come lei dice, "un paziente è per sempre" nel senso che anche quando si chiude una psicoterapia rimangono i reciproci condizionamenti nella diade terapeuta/paziente dovuti ai ruoli specifici di ognuno con ripercussioni negative in caso di altro tipo di relazione.
Lei può comunque esporre alla persona interessata i suoi dubbi e fare altresì l'invito per verificare che feedback riceve.
In fondo, anche un possibile rifiuto sarebbe sicuramente accompagnato da una spiegazione/motivazione e pertanto più facilmente accettato e metabolizzato.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).
20 NOV 2021
· Questa risposta è stata utile per 2 persone
Buongiorno Lorenzo
quanto a essere solo un uomo che vorrebbe chiedere a una donna... non penso che sia così tanto semplice. Suggerisco che lei provi a parlare con lei di tutto questo. Solo voi due potete capire questa delicata situazione. Le faccio l'augurio di una franca conversazione.
Buona giornata.