24enne universitario fuori corso
Salve!
Cercando in rete aiuti, mi sono imbattuta nel vostro interessante forum...
Sono la mamma, divorziata da tanti anni, di un ragazzo (figlio unico), in fase di stallo con gli studi d'ingegneria, nella stessa città di nascita e residenza.
Il primo anno, tra febbraio 2012 e settembre 2013 ha dato 7 esami.
N. 1 nel 2014 e n. 1 nel 2015.
Gliene mancano una decina per la triennale.
Giusto da poco più di un mese, sta studiando seriamente per sostenere n. 2 esami (a breve).
Sto cercando aiuto perché non so che pesci prendere...
Gli ho più volte parlato cercando di capire le ragioni del blocco e la sua reale motivazione a proseguire negli studi, arrivando anche a suggerire un confronto psicologico con uno specialista, cosa questa, prima rifiutata a priori e poi, da lui stesso richiesta.
Il percorso universitario è frutto di una sua precisa volontà, mai da me "pilotata" in qualche modo. Anche la scelta di rimanere nella stessa città, nonostante la mia disponibilità a valutare altri politecnici.
Dal mio breve racconto si desume un'importante assenza, quella del padre, che seppur vivente, è come se non esistesse. Si limita solo a un modesto assegno mensile di mantenimento, nonostante gli abbia rivolto ripetuti inviti a esser presente, tenendo separati il ruolo di padre da quello di marito.
I problemi di mio figlio hanno riguardato anche l'ambito delle relazioni sociali, rifugiandosi in un isolamento da cui è uscito ad agosto dello scorso anno, riprendendo i contatti con gli amici da cui si era allontanato.
A settembre, poi, la sua richiesta di consultare uno psicologo, accettando, così, l'aiuto che gli avevo suggerito tempo prima.
Dagli incontri è emerso il suo profondo malessere per l'inesistenza della figura paterna (sono, a mia volta, figlia unica e con papà deceduto anni addietro), dal quale non si sente amato.
Tutto ciò premesso per capire attraverso voi cosa fare in merito agli studi.
Il suo disinteresse è stato notevole e mi chiedo se sia giusto continuare a pagare le rette, sempre più esose, senza che lui si assuma delle responsabilità, fosse anche solo quella di cercare un lavoretto e studiare. O uscire dall'università, nella peggiore delle ipotesi.
Sono combattuta. Mi sembra di favorire una crescita sbagliata, assecondandolo nei suoi tempi lunghi. Provo a scuoterlo ma questi argomenti finiscono con l'esser motivo di scontro. Mio figlio si trasforma, diventando anche molto aggressivo da mite e introverso che è.
Mesi fa, pagando la retta, avevo minacciato che sarebbe stata davvero l'ultima chance di contribuire ai suoi studi.
Mi ha risposto in malo modo.
Ora è arrivato il giorno temuto. La rata da pagare entro il 30 giugno.
Che faccio? Temo di giocarmi la credibilità e, nello stesso tempo, non vorrei esser concausa di un suo futuro professionale, ancora più nebuloso di quanto già non sia.
Visto l'impegno serio che da un mesetto sta mostrando (da valutare con il superamento degli esami per cui si sta preparando), nutro speranze di una presa di coscienza maggiore (spero non ad arte gestita in vista del pagamento), ma, è pur vero, che non può bastare.
Di questo passo, se tutto va bene, la triennale porterà al conseguimento del titolo in 6 anni!
La terapia è in corso (anche se temporaneamente sospesa per motivi di studio).
Sicuramente gli giova confrontarsi ed esprimere liberamente, a persona estranea e competente, le sue insicurezze. Il percorso è lungo, suppongo. Lo vedo motivato.
Circa i risultati, però, non saprei...
Di certo, l'angoscia del tempo che passa, sapendo quanto questo sia determinante anche ai fini di selezioni per un impiego, in aggiunta al senso di impotenza che provo, mi ha spinta a contattarvi per capire se sia giusto intraprendere un'azione (anche perentoria), che lo ponga di fronte a delle scelte, che includano lo "sporcarsi le mani", assumendosi seriamente delle responsabilità o rimanere silente e accomodante.
Avendo minacciato la sospensione del pagamento, in assenza di risultati, più volte, ora mi ritrovo nella difficoltà di non sapere che strada intraprendere, per il suo bene.
L'assenza del papà fa sì che gravi tutto su di me il fardello (economico incluso, non avendomi corrisposto le spese universitarie finora sostenute. Aspetto, questo, non fondamentale, però).
Il mio interesse è agire unicamente a tutela dell'equilibrio di mio figlio, perché un giorno non abbia a pentirmi di ciò che potevo fare e non ho fatto, soprattutto per la sua autostima, la sua crescita in toto.
Amareggiata ma fiduciosa, attendo vostre indicazioni...
Grazie infinite!!