20 anni di DAP

Inviata da Fraise · 6 ott 2015 Disturbi della personalità

Buongiorno a tutti,
Non so nemmeno perché scrivo. Cercherò di farla breve. Da quando ho 9 anni soffro di un disturbo di personalità dipendente con tratti narcisistici e istrionici marcati (questa la diagnosi). In realtà quello che mi blocca di più sono gli attacchi di panico. In altre parole evito tutte quelle situazioni in cui mi trovo da sola e avrei difficoltà a trovare aiuto come dormire da sola, viaggiare da sola, stare a casa da sola ecc. Ho fatto anni e anni di terapia e prendo anche psicofarmaci, ma la situazione non cambia anzi i rimpianti aumentano e la paura del futuro anche. Sono stata in cura 5 anni da uno psicologo comportamentale e, nonostante abbia speso circa 10mila euro, mi ritrovo ancora con le stesse paure. Purtroppo questo mese mio padre ha tentato il suicidio facendomi ricadere in un ulteriore baratro di ansia e panico. Le piccole cose che ero riuscita a superare sono tornate più forti di prima. In più sono disoccupata da un anno, nonostante lauree ed esperienze lavorative, e questa precarietà influisce ancora i più.specialmente perché per il mio disturbo ho rinunciato a proposte di lavoro all'estero.

Vorrei solo la verità. Esiste davvero una cura per il mio caso? Ormai sono convinta che non si possa più fare nulla per me... a parte un miracolo ovviamente.

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Miglior risposta 6 OTT 2015

Gentile lettrice,
se davvero per 5 anni lei ha fatto psicoterapia cognitivo-comportamentale con sedute regolari a cadenza settimanale, resto abbastanza perplesso che non abbia avuto miglioramenti consistenti. Penso piuttosto che i miglioramenti ci siano stati ma non siano stati sufficientemente integrati e automatizzati tant'è che il nuovo trauma del tentato suicidio di suo padre e la perdita del lavoro le abbiano procurato una fase di ricaduta e regressione .
E' anche un peccato che, seppure non perfettamente guarita lei abbia rinunciato al lavoro all'estero pur avendo la giusta esperienza lavorativa.
In realtà la psicoterapia non può essere intesa come una terapia passiva con "delega totale" al professionista di provvedere al benessere della persona. E' piuttosto un lavoro " in tandem " in cui, stretta l'alleanza terapeutica, ognuno dei due, psicologo e paziente, deve fare la propria parte sotto ovviamente la guida e la direzione del primo.
Con questa chiarezza non posso che incoraggiarla a riprendere la psicoterapia magari rivolgendosi ad un altro professionista che possa aiutarla di più rispetto al primo.
Cordiali saluti.
Dr. Gennaro Fiore
medico-chirurgo, psicologo clinico, psicoterapeuta a Quadrivio di Campagna (Salerno).

Dott. Gennaro Fiore Psicologo a Quadrivio

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26 OTT 2015

Gentile Fraise,
non è facile dare una risposta netta alle sue domande. Esiste un approccio che ha punti in comune con il cognitivo, ma anche teoria e tecniche diverse, che vanta percentuali di successo molto alte per i disturbi d'ansia, intorno all' 80-90 % ed è la Terapia Strategica Breve. Tuttavia anch'essa, come vede, ha una percentuale di insuccessi, seppure molto bassa.
Talora l'insuccesso è dovuto al mancato coinvolgimento dei familiari, altre volte ad altri fattori che possono derivare dal terapeuta o dal paziente, o dalla situazione ambientale.
Ritengo comunque che le converrebbe tentare.
cordiali saluti

Valentina Sciubba Psicologo a Roma

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23 OTT 2015

Salve Frasie,
dalle sue parole arriva un senso di sofferente smarrimento tra le varie diagnosi, l'angoscia dello stare da sola, l'incertezza sul futuro; tutte queste paure sembrano ancorarla ad un passato in cui credo sia possibile trovare qualche risposta che possa diventare il motore per rivolgersi al futuro, più speranzosa di quanto lei sia ora, sicuramente anche a causa dell'episodio di suo padre che rimette in moto dolore e paure; credo comunque che lei stia muovendosi nella direzione giusta, nel cercare risposte e nel riprovare una nuova terapia, avendo evidentemente delle risorse da mettere in campo.
E' difficile dire per quali motivi la terapia precedente non sia stata pienamente soddisfacente, mi sento di consigliarle di mantenere la fiducia nella terapia e continuare perché da una buona alchimia paziente terapeuta possono venire fuori esiti positivi anche da una situazione complicata.
Un saluto

Dott.ssa Carla Pistacchio Psicologo a Pescara

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15 OTT 2015

Buongiorno Fraise,
Da quanto lei scrive mi sembra che qualcosa abbia ricevuto in cambio: una quantità sempre maggiore di effetto deludente ed il mantenimento praticamente intatto del suo "bagaglio" sintomatico. Come dire, si ritrova con delle proprietà intonse. Detto questo e visto che ha pronunciato la terapia comportamentale Le chiedo se si è mai rivolta non ad uno psicologo ma ad uno psicoanalista, parliamo di indirizzi clinici differenti, direi opposti e, per dirla psicoanaliticamente, si tenga ben stretto il suo sinomo che per fortuna non è ancora stato toccato da altri. L'unica che possa farlo è lei. Provi a fidarsi dell'aiuto di uno psicoanalista non psicologo analitico o psicologo ad indirizzo analitico, parlo proprio di psicoanalista di pura formazione freudiana o ancor meglio freudiano-lacaniana. Mi faccia sapere se è interessata.

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15 OTT 2015

Gentile Fraise, l'episodio di suo padre avrebbe fatto vacillare chiunque. Io credo che se la sua terapia è durata 5 anni in qualche modo il suo terapeuta le era di aiuto e conforto. Può capitare in questi momenti di vedere tutto nero e di pensare che quello che abbiamo fatto è stato inutile. Le consiglio di contattare di nuovo il suo terapeuta e di spiegargli quello che le è accaduto. In bocca al lupo

Errigo M. Maddalena Psicologo a Reggio Calabria

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15 OTT 2015

Buongiorno,
A mio avviso non esiste la cura per un caso, perché lei non è un caso, bensì una persona.
Esistono invece due interlocutori, il terapeuta (o analista ) e il paziente che si incontrano per dare senso a ciò che fa star male. Le diagnosi non dicono nulla del malessere di una persona, così come non trovo particolarmente utile parlare dei sintomi (pur rispettandoli, perché creano disagio ).
Spero possa trovare il percorso più adatto a lei per trovare pace dentro di lei.
Cordialmente,
Dott. Piacentini

Dott. Hermes Piacentini Psicologo a Seveso

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14 OTT 2015

Ciao Fraise
Stai vivendo proprio una situazione dura e complicata, la tua storia non lascia indifferenti!
Io comunque credo che tu per quanto appari rassegnata hai ancora voglia di provare..
Credo che gli attacchi di panico siano il tuo adattamento creativo a questa situazione di vita complessa, cerca di capire le origini profonde del tuo stare male e poi creati delle armi personali per raggiungere il Tuo Benessere.
In bocca al lupo..
Dott.ssa Alice Vacca

Dott.ssa Alice Vacca Psicologo a Quartu Sant'Elena

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13 OTT 2015

Gentile Signora,
Non so se la sua diagnosi sia corretta e non so su quali elementi si basasse. Credo in ogni caso che gli attacchi di panico siano un segnale di qualcosa che non è stato elaborato, un segnale di un'angoscia e di un malessere che forse non sono stati compresi sono in fondo.
In ogni caso, la terapia farmacologica l'aiuterà con gli attacchi più forti, ma non può fare miracoli se non si mettono "le mani in pasta", nella sua pancia, nel profondo.
Non so il perché della sua scelta di una terapia comportamentale e, forse anche per la mia formazione, ritengo che una terapia psicoanalitica avrebbe fatto più al suo caso, considerando anche il fatto che lei non sembra spaventata dalla durata di una terapia.
In ogni caso, cerchi di non togliere la sua fiducia dalla terapia, poiché credo che questa sia davvero un sostegno senza il quale le cose peggiorerebbero.
In ogni caso, la sua richiesta di aiuto, in un momento della sua vita più difficile ancora di quelli trascorsi, è il segnale che ha imparato a chiedere aiuto, a chiederlo in maniera comprensibile agli altri, e ciò è sicuramente un traguardo di cui deve andare fiera.

D.ssa Merighi

Studio Psicoterapico Dottoressa Merighi Chiara Psicologo a Napoli

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13 OTT 2015

Gentile Frasie, cosi come ho letto in alcuni commenti di colleghi, le consiglio di non stare a pensare al tipo di terapia per il suo sintomo: presti attenzione al tipo di esperienza che fa in ogni seduta con il suo terapeuta.alcuni autori definiscono l'attacco di panico come un tentativo corporeo prima e cognitivo poi, di ricordare che forse sta facendo una vita che non le appartiene e la soddisfa molto poco. Da quello che scrive mi arriva forte la sua difficoltà nel differenziarsi, ovvero trovare una sua dimensione esistenziale, magari lontana dalla sua famiglia d'origine. Un saluto. Dott. Giovanni Ruggiero

Giovanni Ruggiero Psicologo a Pescara

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13 OTT 2015

Buon giorno,
i miracoli non esistono, purtroppo.
Se sente il bisogno di essere aiutata, scelga un percorso di psicoterapia che lavori non solo sul sintomo "attacchi di panico" ma anche sulla sua struttura di personalità e sulle sue esperienze di vita. Un caro saluto
Dr.ssa Stefania Stocchino
Psicologa-Psicoterapeuta

Anonimo-125911 Psicologo a Villastellone

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13 OTT 2015

Gentile Fraise,
mi spiace per la sua situazione, emotiva, familiare e professionale.
5 anni di terapia e trovarsi ancora con le stesse paure è un qualcosa di molto sconfortante, soprattutto per lei, che lo ha vissuto in prima persona, ma anche per la categoria.

Per rispondere alla sua domanda, se c'è una possibilità di cura, io sono convinto di sì. Probabilmente la CBT non è stata sufficiente, dalla sua storia, mi pare di capire che lei sia molto fragile davanti a forti emozioni, e solitamente in questi casi è molto utile l'ipnosi. Essa permette, ad esempio, di recuperare sensazioni particolarmente positive e di utilizzarle a mo' di protezione in tutti quei casi dove un tempo si soffriva particolarmente.

Lei parla di ansia, panico, paure, tutte sensazioni che minano la lucidità e tolgono la tranquillità all'essere umano. Credo che sia utile une terapia che miri innanzitutto non a ridurre questi sintomi negativi, ma ad aumentare le sensazioni positive. Questo la renderebbe sicuramente più forte davanti a tutto quello che un tempo la faceva tremendamente soffrire.



Dott. Antonio Amatulli hipnoterapeuta Psicologo a Lucca

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13 OTT 2015

Buongiorno Fraise, non credo nei miracoli. Credo fortemente, perché è un approccio realistico, alle parole di un mio docente all'università, ormai moltissimi anni fa: "non abbiate la presunzione di pensare che guarirete totalmente la persona da un disturbo, potete invece aiutarla a funzionare meglio e a vivere in modo meno disfunzionale". Faceva l'esempio dell'anoressia: "la persona con disturbo anoressico, anche quando starà meglio e avrà un peso normale in proporzione all'altezza, porrà sempre attenzione al cibo, a ciò che introduce nel suo corpo, e questo sarà un buon successo terapeutico perché nonostante il tratto di personalità anoressica, funzionerà meglio e avrà imparato ad essere meno autodistruttiva". Questo direi che si può estendere a tutti i disturbi e dunque anche alla sua situazione.
Cordiali saluti
Dott.ssa Anna Codazzi

Dott.ssa Anna Maria Codazzi Psicologo a Torino

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12 OTT 2015

Buongiorno Fraise, non posso non fare una piccola digressione che ho dimenticato nella precedente risposta. Il dottor Tartari, afferma che per lei, potrebbe essere indicata, più che una normale TCS, invece una più seria terapia psicoanalitica. Ora, non so se il collega si sia appena specializzato o abbia anni di esperienza terapeutica. Tuttavia, con la sua risposta, e questo interessa molto anche a lei Fraise, dimostra che non importa se si è giovani, adulti o esperti terapeuti. Conta il costante aggiornamento che potrebbe far cambiare idea ad alcuni colleghi sia circa le altre teorie, che anche verso la propria di riferimento.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti,
Psicologo/Psicoterapeuta Costruttivista Postrazionalista-Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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8 OTT 2015

Grazie ancora a tutti. Sono di Milano ma purtroppo non posso permettermi una psicoterapia troppo costosa visto che sarà anche lunga purtroppo

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8 OTT 2015

Gentile Fraise
cominciare una psicoterapia è un po' un'avventura, nessun terapeuta potrà assicurarle al 100% un certo tipo di risultati piuttosto che altri.
Ci si accorda su un obiettivo e si lavora su quello. L'ingrediente fondamentale è poi la relazione che si instaura tra terapeuta e paziente, che spesso ricalca quella che il paziente ha con gli altri.
La sua personalità dipendente le è di ostacolo nel prendersi la responsabilità della sua vita, responsabilità che lei potrebbe tendere ad addossare agli altri, compreso l'esito della terapia.
I suoi tratti narcisistici potrebbero renderla "impermeabile" al trattamento e i tratti istrionici portarla a esibire in modo drammatico i segnali di sofferenza e disagio.
Come vede gli ostacoli ad un andamento lineare e positivo della terapia non sono di poco conto.
Comunque parlare di intrattabilità mi sembra eccessivo.
Un caro saluto
Dott.ssa Stefania D'Antuono

Dott.ssa Anna Stefania D'antuono Psicologo a Venezia

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8 OTT 2015

Salve, esiste sempre una possibilità. Il tipo di intervento non è stato risolutivo forse perché le ragioni dei suoi sintomi sono più profonde ed avrebbe bisogno di un trattamento di tipo psicoanalitico. Da dove scrive? Se conosco qualcuno nelle sue vicinanze glielo indicherò volentieri

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8 OTT 2015

Grazie a tutti per le risposte.
Al mio psicologo non ho nulla da criticare, anzi, in questi anni mi ha aiutata molto. L'unico rammarico che posso avere è stato nel sentirmi "abbandonata" in questo periodo molto difficile. Mi rendo conto che dopo questa frase molti di voi avranno subito pensato al circolo delle pretese, ma speravo di ricevere almeno presenza.
Oltre a questo, non posso più permettermelo economicamente e non voglio più pesare sui miei genitori che, tra l'altro, soltanto dopo la malattia di mio padre hanno iniziato a non annoverare più il mio disturbo come "capriccio". Settimana prossima, dopo 6 mesi di attesa, sono riuscita a fissare un appuntamento presso un ospedale di Milano. Sono molto spaventata perché non potrò più permettermi il lusso di scegliere lo psicoterapeuta ma, purtroppo, in questo paese senza soldi non si può fare molto, purtroppo ( su questo si potrebbe aprire una discussione infinita sui maledetti tagli alla sanità).
Come dice il dott. Fiore non riesco ancora a sbloccare la "paura della paura". Ho fatto tante prove, per esempio ho dormito da sola in hotel, ma per me rimangono soltanto eccezioni non realtà. Come se il mio cervello si rifiuti di registrare un evento positivo. Preferirei, forse, che mi dicessero di essere, passatemi il termine, una malata terminale piuttosto che continuare ad illudermi che per me si possa concretamente fare qualcosa.

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8 OTT 2015

Grazie a tutti per le risposte.
Non ho nulla da rimproverare al mio psicologo, anzi, in tante cose è riuscito davvero a sbloccarmi. Ora, però, non sento più una connessione. Da quando è successo l'evento di mio padre mi sono sentita molto trascurata da lui.... con questo non voglio assolutamente avere pretese (il famoso circolo vizioso delle pretese) ma mi sarei aspettata più empatia. Oltre a questo il fattore economico è notevole e non me la sento più di richiedere questo sacrificio ai miei genitori i quali, tra l'altro, solo da quando si è ammalato mio padre iniziano forse a capire il mio disturbo non annoverandolo più come mero "capriccio" o mancanza di volontà.
Settimana prossima ho un appuntamento presso un ospedale pubblico di Milano, ma sono molto spaventata. Se la fortuna di potersi permettere uno psicoterapeuta privato sfocia nella possibilità di poterlo cambiare, nel pubblico non credo possa permettermi questo lusso. Come diceva il Dott. Fiore il mio problema ora è che non riesco a superare questa dannata "paura della paura".
Nonostante abbia fatto le famose prove, andando ad esempio a dormire in hotel da sola, è come se nel mio cervello non si memorizzasse la possibilità remota di rendere la "prova" un elemento concreto. Quando avevo 15 anni mi immaginavo a 30 anni come una donna indipendente che perlomeno riuscisse a pensare di poter stare una notte da sola, arrivata a 30 anni invece sono ancora in questo stato. A volte penso, e a 40?50? Non so se la cosa migliore sia arrendersi, prendere il mio disagio come una malattia terminale.

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8 OTT 2015

La situazione che lei descrive non sembra sia legata a comportamenti da modificare ma ad una struttura da riparare. Ha pensato di cambiare tipo di terapia?

Dott.ssa Cristina Quaranti Psicologo a Bolzano

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7 OTT 2015

Si, la cura esiste, ma è impegnativa. Ben più che una normale psicoterapia cognitivo comportamentale.
Leggendo la Sua breve relazione Le suggerirei di intrapprendere un serio percorso Psicoanalitico.
Vi sono molti orientamenti o scuole. Le suggerirei una microspicoanalisi. Facilmente su Internet può vedere di che si tratta. Con viva cordialità. Dr. Marco Tartari

Dott. Marco Tartari Psicologo a Roatto

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7 OTT 2015

Carissima Fraise,
comprendo la sua sofferenza: il suo disagio è cresciuto nel corso degli anni, ingigantendosi fino a farle esprimere quell'accorata richiesta di aiuto che fa oggi...sicuramente in questo momento si sente più pronta e motivata per affrontare quei fantasmi che le fanno compagnia da sempre. I suoi attacchi di panico e l'episodio ultimo del tentato suicidio di suo padre si ricollegano a quell'antica paura dell'abbandono con la quale tutti, prima o poi, facciamo i conti nei vari percorsi di crescita. Il percorso psicoterapico che ha già fatto, sicuramente l'avrà aiutata ad aumentare il livello della sua consapevolezza, contribuendo alla sua motivazione al cambiamento. La psicoterapia, come diceva il collega, è un processo lento, si basa su una buona alleanza col terapeuta, si fa in due, ma soprattutto può proseguire solo se lei è davvero pronta a cambiare...E lei è stata brava in questo compito, probabilmente il lavoro svolto in passato le ha permesso ora di fare una nuova richiesta di aiuto e di vedere le cose da una angolatura diversa rispetto a qualche anno fa. Lei ha deciso a suo tempo di scendere dall'autobus della psicoterapia e ora si sente pronta per risalirci...ma la decisione spetta sempre a lei, fin dove proseguire e quando scendere....Coraggio Fraise, sono certa che un collega della sua zona saprà guidarla in questo nuovo percorso.
Un abbraccio,

dr. Vincenza Lomartire

Dott.ssa Vincenza Lomartire Psicologo a Taranto

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7 OTT 2015

Buonasera Fraise, io sono un terapista della grande famiglia Cognitivo-Comportamentale. Al suo interno, tuttavia, esistono anime molto differenti tra loro, alcune, quasi antitetiche. Dunque, che la percezione sociale, abbia il senso che la TCC (Terapia Cognitivo-Comportamentale) sia molto adatta agli attacchi di panico, secondo me, non ha molta importanza. Non esistono (nonostante alcune ricerche davvero insulse) terapie migliori per un sintomo e terapie migliori per un altro. Se fosse così staremmo ancora, che pizza..., a discutere sugli aspetti specifici delle terapie (le tecniche). Invece no, ciò che fa la differenza non sono né le tecniche, nè i test (forse solo per i bambini qualcosa sì, più i proiettivi, naturalmente mia opinione) nè altro di simile, bensì i fattori aspecifici, ovvero le modalità di aggancio prima e relazionali poi tra terapeuta e paziente. Sono sicuro che il collega abbia fatto tutto ciò che la TCC preveda per un attacco di panico, ma ci sono altre variabili da considerare, come: era il terapeuta giusto per lei? Lei era pronta in quel momento?, Riusciva a parlargli anche delle cose più intime? Era motivata ad andare da lui in terapia (lasciando stare i normali alti e bassi di ogni terapia)? etc. etc. Per questo, e per l'ennesima volta, consiglio, a lei ed alle persone sofferenti che abbiano la bontà di leggere queste righe, di non fermarsi al primo colloquio. Ma ne faccia /fatene almeno due o tre, per capire proprio chi è la persona giusta per voi e per cominciare un percorso lungo (molto spesso, a meno di pacchetti da 15-20 sedute o più o meno), faticoso, dispendioso a livello emotivo ed economico etc. Lei, Fraise, ormai ha una buona esperienza, dunque credo sia il caso di ricominciare (pur con difficoltà) con un altro terapeuta, di qualunque terapia. L'importante è che risponda almeno a qualcuna delle domande scritte più su o ad altre che le possano venire in mente o suggerite dai colleghi qui presenti.
Buona fortuna,
dott. Massimo Bedetti,
Psicologo/Psicoterapeuta Costruttivista Postrazionalista-Roma

Dott. Massimo Bedetti Psicologo a Roma

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7 OTT 2015

Cara Fraise,
immagino la frustrazione che può provare, per le difficoltà che la vita le ha riservato, per gli sforzi fatti per cambiare, per gli insuccessi.
Nonostante le difficoltà lei però sta continuando a combattere cercare un aiuto, e, nonostante gli insuccessi terapeutici, lo sta facendo chiedendolo ad altri psicologi.
Un percorso terapeutico è un percorso relazionale all'interno del quale il paziente è l'esperto della propria storia, mentre il terapeuta è l'esperto dei processi e della modificazione di quelli disfunzionali. Solo dall'interazione collaborativa tra i due esperti si potrà generare un cambiamento.
La invito a riflettere cercando di capire cosa non abbia funzionato nella relazione terapeutica passata e a riprovarci concretamente.
Gli attacchi di panico possono essere gestiti, e le paure superate.
Continui a prendere in mano la sua vita.

Un grosso in bocca al lupo.
Dott.ssa Gipponi

Dott.ssa Katiuscia Maria Gipponi Psicologo a Pordenone

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6 OTT 2015

Cara Fraise,
mi dispiace per la sua situazione , dati i suoi modi chiari e diretti, le rispondo allo stesso modo.
Ci scrive che il suo disagio principale è dato dagli attacchi di panico: è possibile lavorare sugli attacchi di panico e consentirle di non averne più o ridurne di molto l'intensità e la frequenza. Gran parte dell'efficacia dipende dalla sua motivazione che, dopo diversi anni, potrebbe vacillare un pò.

Inoltre, la diagnosi di cui ci scrive elenca aratteristiche di personlità che possono essere d'ostacolo al suo impegno nela terapia.

Cosa non è andato bene nel lavoro psicologico che ha fatto per 5 anni? Ci sono i presupposti per appoggiarsi nuovamente allo stesso professionista?

Non fosse possibile, scelga comunque di appoggiarsi ad uno psicologo: in particolare ora, dopo l'evento accaduto i famiglia, è bene non si trovi sola con i suoi meccanismi antichi.

Un saluto
Dott.ssa Francesca Fontanella

Dott.ssa Francesca Fontanella Psicologo a Rovereto

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