UNA PANORAMICA SUL MOBBING
dedicato alle donne, che ne sono maggiormente vittime, come riconoscere questa forma subdola di violenza psicologica, come distinguerlo dai diverbi e come combatterlo.
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Il termine mobbing deriva dall'inglese(to mob) ed indica un aggressione collettiva ai danni di qualcuno allo scopo di eliminarlo. L'etologo Lorenz ha utilizzato il termine mobbing in riferimento ai comportamenti aggressivi degli animali; per mobbing oggi s'intende una persecuzione sistematica ad opera di una o più persone in un lungo arco di tempo allo scopo di danneggiare chi ne è vittima, emarginarlo, discriminarlo fino a quando non perde il posto di lavoro o è costretto a lasciarlo.
Le donne ne sono vittima molto più spesso degli uomini perché spesso prendono in modo personale gli attacchi professionali, non sanno vendere al meglio le proprie capacità, tendono ad attribuire colpe a se stesse, desiderano piacere ed essere benvolute e hanno un carico familiare.
Per molestie sessuali s'intendono le proposte esplicite, i tentativi di contatto fisico, le avances verbali e i casi in cui non viene rispettato lo spazio privato del soggetto: servono a mantenere le donne in una posizione d'inferiorità e , mettersi in giusta luce nelle proprie capacità e prestazioni è una difficoltà tipicamente femminile.
Il mobbing dal vertice è tanto più efficace, quanto più la situazione di dipendenza lavorativa offre minori possibilità di farsi valere: il potere assicuratogli dalla sua posizione consentono al capo una serie di persecuzioni che possono passare facilmente come misure necessarie; se a un capo interessa solo il risultato lavorativo e preferisce restare all'oscuro di certi comportamenti, partecipa in realtà al mobbing.
Tutti coloro che si distinguono dalla massa per caratteristiche fisiche o comportamentali, sessuali, origine straniera o diverso colore della pelle, posizioni tendenzialmente riservate a uomini, aspetto esteriore che dà nell'occhio, stile di vita o abitudini possono essere sottoposti a vessazioni.
C'è un aspetto che tutti i persecutori del mobbing hanno in comune: sono dei persecutori attivi.
Come prima cosa si può capire che è il proprio superiore:
- Come reagisce?
- Come si comporta con i colleghi e dipendenti?
- Come affronta i problemi?
- Come si comporta con il suo superiore?
Chi fa mobbing spesso agisce cosi' perché ha paura di perdere la sua posizione sociale, del cambiamento, dello scontro, della perdita di status, delle discussioni, vuole progredire nella carriera e si sente una vittima incolpando sempre gli altri che vogliono togliergli qualcosa.
Il professor Leyman ha accertato che l 'andamento del mobbing segue uno schema ben preciso:
1) esplicitazione del conflitto all'interno del reparto di lavoro
2)cristallizzazione dei ruoli di persecutore e vittima. La vittima spesso accusa dubbi su di se' , insicurezza , ansia, d. psicosomatici, ridotta capacita' della soluzione del conflitto…….
3)errata valutazione della situazione: critiche, ammonizioni, pressioni e minacce di licenziamento…..la vittima si sente incapace di lavorare, spesso presenta insonnia e problemi di salute.
4)diagnosi sbagliate….., dimissioni, licenziamento o liquidazione….la vittima è sempre più abbattuta.
Queste possono essere delle domande guida per capire un po' meglio la situazione:
- Da quando avverte la sensazione che qualcosa non va?
- dove vanno individuate le motivazioni?
- che vantaggi ha l'istigatore?
- qual'è l'oggetto del contendere?
- chi partecipa attivamente?
- chi guarda e si tiene in disparte?
- chi sono i simpatizzanti del mobber?
- e' coinvolto il capo?
- con quale intensita' e frequenza avvengono gli episodi?
- in che modo la vittima reagisce?
Alcune strategie per superare questa difficile situazione possono essere quella di cercare di restare calmi per essere piu' lucidi anche servandosi di tecniche di rilassamento o meditazione, modificare vecchi schemi di pensiero e riservare spazio per se stessi e per cio' che piace; sul piano pratico cercare di soprendere l'avversario, continuare a comportarsi correttamente, farsi aiutare nell'elaborazione del conflitto tramite un aiuto terapeutico o gruppi di auto aiuto;chiedere il parere di un giurista, presentare proteste all'ufficio personale e cercare di ammonire i responsabili, presentare richiesta di risarcimento danni. Se la richiesta di conciliazione è fallita sporgere denuncia e intentare causa.
Dott.ssa Maria Pia Cavalieri
Psicologa Psicoterapeuta
n 1890 Regione Marche
BIBLIOGRAFIA:
MOBBING: NO GRAZIE! A cura di Birgit Rupprecht-Stroell, ed.TEA PRATICA (2001)
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