Riflessioni dopo la nascita di un figlio

Cosa accade ad una coppia dopo la nascita di un figlio? E' un articolo dedicato a chi ha figli e ha visto la propria vita di coppia trasformarsi con l'arrivo di un figlio

18 FEB 2020 · Tempo di lettura: min.
Riflessioni dopo la nascita di un figlio

"Ancora profondamente figli"

Riflessioni dopo la nascita di un figlio

Ma un figlio unisce o separa?

Con queste domanda vorrei proporre una riflessione sul delicato passaggio dall'essere coppia al diventare famiglia, un passaggio che a volte invece di essere uno slancio di unione e passione, può trasformarsi in minaccia per una stabilità ormai collaudata.

E' un articolo dedicato a chi ha figli e ha visto la propria vita di coppia frantumarsi o quasi, con l'arrivo sconvolgente, ma delizioso, dello tsunami bambino. Ma anche per chi, all'inizio di questa nuova avventura, non si è ancora domandato come e quanto, un nuovo piccolo e amatissimo membro della famiglia, possa mettere a dura prova anche le coppie più ferrate.

Se invece siete una coppia che ha resistito a tutto questo, complimenti! Probabilmente non sarete interessati e andrete oltre, oppure leggerete l'articolo convinti che le cose non stanno così, perché tra di voi le cose stanno ancora funzionando e che i vostri figli hanno cementato ancora di più il vostro "patto d'amore".

Chi si separa non è che non ama i propri figli o non li ha voluti, e quindi rinnega l'evento. Ma è chi ha sperimentato sulla propria pelle l'incapacità di riorganizzarsi, sia a livello individuale sia di relazione. E' chi è diventato genitore rimanendo ancora un po' figlio.

Oggi le statistiche dicono che circa il 50% delle coppie, attraversa una fase più o meno disgregativa del rapporto, in relazione all'arrivo di un figlio. Il dato non si riferisce unicamente alle coppie di fatto, ma anche a chi ha deciso di rendere ancora più stabile il proprio rapporto, con il matrimonio. Questa osservazione fa emergere una serie di domande e di riflessioni sul perché, sul come mai, un momento di vita così emozionante, possa diventare "erroneamente" l'incipit di un fallimento emotivo.

Ma cosa accade quando nasce un figlio? Siamo veramente pronti per allargarci e fare spazio al nuovo arrivato? La nascita di un figlio fa scoppiare la coppia o con la nascita di un figlio la coppia può prende atto che ha soddisfatto un proprio desiderio, senza prefigurarsi gli effetti e le reazioni?

Non è l'arrivo di un figlio, con tutto ciò che ne comporta, a mettere in crisi la coppia, ma la resistenza al cambiamento, che se non vissuto, potrebbe mettere a dura prova.Quando parlo di cambiamento, non mi riferisco alla riorganizzazione dei tempi, degli spazi e delle abitudini, che sicuramente sono necessari e rispetto ai quali spesso si creano delle divergenze, ma quel processo di ricostruzione individuale che ciascuno dovrebbe aver il coraggio di attraversare per integrare la "novità" all'interno della propria identità soggettiva e relazionale.

Un cambiamento necessario, che vede il passaggio da un amore romantico a due, a una dimensione affettiva a tre dove la passione si sposta sulla diade genitore-bambino. Decidere di creare una famiglia implica necessariamente il conoscere le dinamiche, individuali e di coppia che presiedono alla sua costruzione. Senza questa conoscenza e senza il coraggio di cambiare, l'impalcatura affettiva potrebbe crollare.

Nella vita di coppia, ci siamo mai domandati "Chi sono, chi siamo"? Ci siamo mai occupati della costruzione di un NOI forte e coeso, avendo chiari i confini tra le nostre appartenenze (familiari, sociali, culturali) e la nuova vita di coppia?

Ognuno nel momento in cui decide di avere una relazione, porta nella coppia la propria individualità ma anche le proprie origini che, vuoi o non vuoi, parlano di noi e ci guidano per una buona parte delle nostre interazioni quotidiane. Ora se siamo bravi, in una vita di coppia a due, le cose possono essere ancora gestibili e bilanciate. Quando arriva il terzo, però, le cose cambiano.

Murray Bowen parla del processo di differenziazione del Sé dalla propria famiglia di origine, come quel movimento che origina alla nascita e che continua durante tutta la vita, permettendo di diventare adulti, cioè di raggiungere un grado di autonomia personale, che consente poi di condividere la propria storia con un altro individuo, auspicabilmente adulto, e di costruire una dimensione NOI coesa e originale.

Ora se per infinite e complesse questioni questo processo viene impedito o ci sono delle resistenze, o se la spinta al separarsi è troppo prematura, capita che si diventa "un po' meno adulti" e che nella coppia, e poi nella famiglia, si rimanga aggrappati alle proprie dipendenze, impedendo di essere attraversati dal cambiamento, di essere trasformati in altro da ciò che si è stati fino a quel momento.

Improvvisamente, infatti, non si è più solo figli e partner, ma anche genitori. Saltano tutte le certezze, le sicurezze affettive, non si è più in cima alla lista delle attenzioni e dei desideri dell'altro, si perde la propria continuità e stabilità. Il proprio equilibrio salta.

A questo genere di crisi, non tutti siamo pronti, non tutti riusciamo a rispondere in maniera costruttiva e coraggiosa per noi stessi, per la coppia, per la famiglia. Arrivare ad una separazione è un atto drammatico, ma la capacità di sapersi guardare e accettare il proprio fallimento emotivo è il primo passo per provare a diventare un po' più adulti e smetterla di essere "ancora profondamente figli".

Imparare a differenziarsi dalle proprie appartenenze permette di iniziare a sperimentare la nostra unicità senza la paura di perdere il senso di chi siamo come singoli individui e di riuscire a gestire meglio conflitti e cambiamenti.

Articolo della dott.ssa Raffaella Celi

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Scritto da

Raffaella Celi

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