Resistere: resistere alla quarantena
Il momento storico è faticoso. Interrogarsi sull’impatto che la quarantena può avere sulle nostre vite significa indagarne i possibili risvolti e le modalità di gestione.
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Il coronavirus incarna l'angoscia di fronte all'imprevisto, allo sconosciuto, alla morte. Una catena di emozioni sta, inevitabilmente, attraversandoci, la paura soprattutto, doverosa di fronte ad un nemico, protettrice di per sé (è la paura che mette all'erta rispetto ai possibili pericoli), ma che oggi può esplodere in panico.
Il Trauma con la T maiuscola, che è potenzialmente quello che ci stiamo trovando ad affrontare, ha la caratteristica di essere improvviso, rapido, inaspettato, incontrollabile: la paura dell'infezione da agente patogeno, che può mettere a repentaglio la nostra incolumità, si fa largo dentro di noi, spaventandoci a morte. Il trauma ha la caratteristica di cortocircuitare le risposte fisiologiche del corpo, che costituiscono una sorta di intelligenza innata e che alimentano la capacità di dare un senso agli avvenimenti.
L'emergenza ci costringe a rimanere in casa, misura oltre modo necessaria, che dal punto di vista psicologico corrisponde però all'immobilità, all'impossibilità di fuggire. Ne consegue la possibilità che il cervello rettiliano ci porti a percepire uno stato di allerta nel corpo, che si trova avvolto dall'incertezza, immerso in una sensazione di assenza di stabilità. La mancanza di movimento genera la percezione della perdita di controllo sui propri spostamenti, metaforicamente associata alla scomparsa della possibilità di reagire ad un pericolo attraverso la fuga o l'attacco, che sono invece le due risposte idonee e potenzialmente salvifiche che riducono lo stress. E' possibile, allora, che vissuti di minaccia, costante allerta, ansia, angoscia, perdita di piacere,disorientamento, si impossessino di corpo e mente, emozioni figlie di una costante attivazione, che non viene rilasciata, a causa del blocco delle vie di scarico. A tutto questo si aggiunge la paura della paura, il che nell'insieme crea un circolo vizioso che può degenerare in una percezione globale di grande pericolo.
Resistere al trauma diviene l'imperativo a cui tendere. A seguire, una serie di strategie che, se non possono essere ricette standard, possono offrire spunti significativi da ritarare su di sé come meglio si crede.
La prima accortezza è quella di seguire solo le indicazioni fornite dagli organi ufficiali (Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità), senza cadere nell'accanimento dell'informazione che, per quanto sia legato al bisogno di rassicurazione, fissa la rete neurale su un unico tema, causando pesantezza mentale. Il coronavirus è contagioso ma solo un numero contenuto di persone ha problemi più gravi, e di solito sono portatori di altre importanti patologie. Se è vero che è difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti è altrettanto vero che basarsi sui dati oggettivi può controbilanciare il sentimento di paura.
La seconda strategia è quella di stabilizzare quella matrice, anche energetica, in cui siamo immersi. La paura ha una chimica, che si propaga velocissimamente. La paura attiva una serie di meccanismi di sopravvivenza, mediati da adrenalina e cortisolo, due ormoni dello stress. Man mano che cresce lo stato di allerta si alza il livello di stress, che attiva la risposta di attacco-fuga, deputata a combattere lo stimolo minaccioso. Se tale sensazione di allarme perdura nel tempo, le scorte di adrenalina si depauperano e contemporaneamente salgono i livelli di cortisolo, l'ormone dello stress cronico. Aggressività, ansia, irritabilità possono aumentare, inficiando il tono dell'umore, la tenuta del sistema immunitario, le capacità relazionali e sociali. Diventa, allora, importante regolare la paura, riattivando una sensazione di sicurezza interna, al fine di preservare l'equilibrio.
A tal proposito è utile curare gli aspetti pratici che generano comfort: allestire le nostre case come fossero nidi protettivi, curando l'estetica, la bellezza, facendo uso di oggetti che alimentano tale comfort, al fine di stare comodi pur in un campo di tensione. Indossare indumenti morbidi dai colori rinvigorenti, fare uso di generi di conforto che diano la sensazione di accudimento, ascoltare una musica gradevole, respirare profumi graditi.
Ancor più necessario è dedicarsi al proprio mondo interiore, al fine di regolare il campo interno: rimanere connessi alla vitalità presente dentro di noi, alle nostrerisorse interne, sempre presenti se pur forse un po' affievolite. A tal proposito ci si può dedicare un po' di tempo, seduti comodamente, andando a contattare un luogo anche solo immaginario dove abbiamo vissuto una condizione di protezione, o un'esperienza di benefico rilassamento, di sicurezza, di stabilità. Lasciare che tali piacevoli sensazioni invadano il corpo, impregnando gli organi, immaginando che tutto il corpo, cellula dopo cellula, ne venga inondato, lasciando che il corpo possa sentire quell'avvolgente sensazione di protezione, di calma, facendola propria senza fretta, respirandoci dentro, trasformandola in risorsa interna a cui attingere.
Perché questa sensazione di stabilità possa essere ulteriormente rinforzata è bene focalizzare tutte le risorse presenti dentro di sé, peculiarità personali che fondano la propria persona e ne costituiscono l'essenza, aspetti positivi e vitali della propria individualità. L'obiettivo è allontanare quella fuorviante identificazione con l'emergenza in corso ricontattando un certo ritmo interiore, fonte di benessere.
Terza strategia: mantenere una certa routine, per quanto possibile. Essa ci consente di riagganciarci al conosciuto, alla continuità. Dedicarsi alla bellezza, alle attività di nostro interesse, alle passioni magari trascurate da tempo, che possono alimentare la piacevolezza ed un senso di autoefficacia. Spendere del tempo con i propri cari, anche on line, respirare calore umano, poiché restare connessi è il modo migliore per alimentare la resilienza.
La quarta strategia è qualcosa che chi scrive ritiene sempre importante in ogni frangente della vita, moto dell'anima che rende l'esistenza più morbida: accogliere la propria fragilità, amare l'aspetto vulnerabile di sé. A nessuno è richiesto di essere un eroe e gli eroismi stancano l'anima. Ciò non significa dare libero sfogo alla catastrofizzazione, quanto piuttosto contemplare anche la presenza di emozioni faticose. Se il rimuginio peggiora le nostre capacità difensive e la razionalità è più che mai importante, accogliere e tollerare le emozioni difficili, che a tratti possono avere la meglio, senza auto-svalutarsi, significa fare pace con la propria umanità. Accettare anche i pensieri ansiogeni: accoglierli, senza mai considerarli la verità assoluta, guardarli dritto in faccia per poi lasciarli andare, senza mai dimenticare di metterli al servizio di un comportamento gentile, coltivando gesti concreti che spostano l'attenzione su altro.
Al di là della paura: il coraggio. Nessun eroismo, intendo il coraggio di riflettere sulle nostre vite. Questo virus sembra concernere l'ordine delle trasformazioni. Nella riscoperta di un destino comune, la vita umana si fa più preziosa. Alla fine di tutto questo il dono potrebbe essere quello di stare con più delicatezza dentro il fare della vita? Ora abbiamo tanto tempo per progettare con amorevolezza il cambiamento desiderato.
Luisa Ghianda
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