Quel tempo infinito tra l'intenzione e l'azione di prendersi cura di sé

Quale motore trovare in questo momento di deprivazione, per continuare a stare a casa e allo stesso tempo non aumentare il rischio di sofferenza psicologica una volta che tutto sarà finito?

18 APR 2020 · Tempo di lettura: min.
Quel tempo infinito tra l'intenzione e l'azione di prendersi cura di sé

Che si tratti di prendersi cura della propria salute fisica o psicologica, di impegnarsi in delle azioni per guarire da un disturbo mentale, di fare i compiti, di praticare una nuova attività sportiva che ci è stata raccomandata, di prenderci cura del nostro bambino nonostante quando lo guardiamo il pensiero è che non è come lo vorremmo o che noi non siamo i genitori che lui merita, o che si tratti di cose semplici come alzarsi dal letto la mattina (che per tanti di noi in alcuni momenti della vita semplici non sono)...c'è un elemento che accomuna tutte queste differenti situazioni. C'è ne sono tanti possibili di elementi comuni, a dire il vero, ma quello su cui vorrei potare la vostra attenzione ora che state leggendo è il nostro potere di fare delle azioni che vi portano in quella direzione desiderata. E soprattutto di farlo quando ci sembra impossibile.

La direzione di prenderci cura di noi stessi e degli altri nel modo in cui vorremmo che lo facesse la persona che vorremmo essere. Vorrei che quella persona che vorreste essere, adesso, mentre legge, notasse i pensieri che le sono passati per la testa e prendesse un respiro consapevole. Anche un secondo se serve a collegarvi esattamente a quello che state vivendo in questo momento.

Qual è il potere del respiro? E che c'entra con tutte quelle situazioni elencate sopra? Chi ha fatto quel respiro consapevole? Sei stato tu che leggi! E chi ha potuto notare, se si è sentito toccato da una delle situazioni elencate sopra avrà visto emergere dei pensieri, dei ricordi, delle emozioni e delle sensazioni? Sei stato sempre tu! Lo stesso che legge queste parole, lo stesso che prova quelle emozioni sgradevoli e che ha quei pensieri fastidiosi.

Quando questi vissuti emergono nella nostra vita, la tentazione, umana e comprensibile di ognuno di noi, è di scacciarle e fare tutto il possibile perché non si presentino più.

Tuttavia, ormai innumerevoli studi in ambito delle terapie cognitivo-comportamentali hanno scoperto che questa operazione è inefficace e fa "tornare indietro" tutto quello che abbiamo scacciato con gli interessi. Se aggiungiamo che questo inefficace tentativo di liberarci di i vissuti sgradevoli porta anche con sé un generale impoverimento della qualità di vita, cioè che ci fa perdere l'abilità anche di percepire le emozioni e le sensazioni gradevoli della vita e di buttarci a vivere situazioni che ci rievocano il dolore ma che potrebbero anche aprici alla gioia, verrebbe proprio da dire che siamo "fatti male".

Questo meccanismo è alla base della sofferenza umana, o comunque una delle possibili visioni scientificamente fondate, del funzionamento della mente umana e dei meccanismi che la portano a soffrire. L'arma che abbiamo per vivere appieno la vita e superare le difficoltà e la stessa con cui ci scaviamo la fosse della sofferenza psicologica.

Saper fare spazio, ad esempio attraverso il respiro consapevole, alle emozioni e sensazioni sgradevoli, è un modo semplice per riuscire a compiere un comportamento nella direzione dell'essere le persone che vorremmo essere. Ed è alla base di tecniche come la mindfulness, che vengono impiegate all'interno di queste terapie volte all'incremento della flessibilità psicologica e della auto-compassione.

Non è detto, tuttavia, che riusciamo da soli in questo percorso e talvolta sopportiamo davvero tanta, troppa sofferenza, prima di chiedere un aiuto specialistico.

Altre volte invece, se non ci troviamo ad affrontare un vero e proprio disturbo, può essere sufficiente leggere qualcosa di giusto al momento giusto, per iniziare a compiere una di quelle azioni che ci fanno respirare la nostra sofferenza, anziché scacciarla per compiere un'azione in direzione del prenderci cura di noi stessi.

In questo momento in cui la pandemia ci ha costretto a stravolgere le nostre vite, ci ha portato alla deprivazione dal lavoro, dal sostentamento economico in alcuni casi, dalle relazioni familiari e sociali, dall'attività fisica all'aria aperta, dal fare la spesa normalmente, dall'andare a scuola, c'è uno spazio infinito tra l'intenzione e l'azione di prenderci cura di noi in cui possiamo prendere un respiro consapevole come gesto di auto-consapevolezza, di contatto con la realtà, di gratitudine per il fatto di essere in grado di respirare. Facendo spazio alle difficoltà e alla sofferenza abbiamo il potere di portare l'intenzione della cura di noi stessi all'azione.

Scegliere di coltivare la nostra abilità di convivere con la sofferenza psicologica non significa arrendersi, ma non devolvere tutte le nostre energie mentali e anche fisiche a cercare di scacciare pensieri, emozioni, ricordi, sensazioni. Significa invece abbracciarli per andare verso una direzione che fa essere più pienamente noi stessi. Ed è solo portandoli con noi in quella direzione che potranno affievolirsi, mentre noi ci stiamo dedicando a vivere anziché a respingerli.

In questo momento è normale provare paura, ansia, tristezza, solitudine, disperazione, rabbia, terrore, dolore, e mille altre sfumature di emozioni che nel gergo comune vengono etichettate come "negative". Immaginatevi come ci comporteremmo adesso se non fossimo anche capaci di provare paura e ansia per qualcosa che non si vede: nessuno di noi starebbe rispettando il distanziamento sociale o le altre misure di prevenzione del contagio. Tutto ciò che proviamo in questo momento va bene se lo accettiamo come essenziale spinta a prenderci cura di noi stessi, di coloro che ci circondano più da vicino e della società in generale.

Però accettare tutto questo senza una chiarezza della direzione verso cui stiamo andando non ha molto senso, anzi sembrerebbe un incitamento a provare tutte le emozioni come esercizio fine a sé stesso. No, non è questo che intendo. Serve una direzione perché portare con noi tutto questo abbia un senso.

E allora quale può essere questa direzione? Uno studioso, Steven Hayes, di un approccio di Terapia Cognitivo-Comportamentale che si chiama ACT (e si legge come un'unica parola perché in inglese significa "agisci" o "azione"), qualche settimana fa ha scritto un pezzo in cui ci guida su come agire eroicamente di fronte alla pandemia: "Rimani al sicuro, rimani in salute e stai socialmente a distanza. Sii quell'eroe ordinario di cui sono fatte le storie, le canzoni e i film. La tua storia probabilmente non verrà mai raccontata, ma verrà notata. Da te; dai tuoi figli; dai tuoi amici; dalla tua famiglia. E più importante, può essere notata in modo anonimo dalle persone che non incontrerai mai per le quali la ridotta richiesta di letti ospedalieri potrebbe essere una questione di vita o di morte."

Se volete approfondire come prendervi cura di voi stessi con l'ACT, un libro di auto-aiuto da cui potete iniziare è:

"La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere" di Russ Harris.

 

 

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Scritto da

Dott.ssa Silvia Cau

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