Quando si parla di: identificazione
L’identificazione (mettersi nei panni) è un fermarsi: all’opposto dell’amore.
Viene sempre dimenticato che “Dio” o il capo o il leader arriva dopo l’uccisione del padre, cioè il non accoglimento di una giuridicità che in primo luogo è l’espressione del proprio pensiero, uccisione talvolta con versamento di sangue specificatamente attorno agli ideali.
Il paranoico delira l’eroe e va pazzo per i supereroi: tutti affari per la fumettistica, non a caso fumosa di significante in-significante.
Ricordo che nella paranoia non c’è isteria. L’identificazione (mettersi nei panni) è un fermarsi: all’opposto dell’amore. Quanto maggiore è la patologia personale, tanto maggiore è l’identificazione ai fatti politici e sociali nel vissuto comunque di eventi che uno vale l’altro.
Grandi entusiasmi per nulla: fatti eclatanti sempre fuori da un privato immobile e statico. La ricerca spasmodica dell’evento immaginato che cambierà la vita per continuare a non pensare, per non riconoscere il proprio Colto. Dall'identificazione una via conduce, passando per l'imitazione, all'immedesimazione, ovvero alla comprensione del meccanismo grazie al quale ci viene resa direi giustizia.
Si veda la voce in Rubrica. Nella Valle dell’Eden, Elia Kazan 1955, dal romanzo di John Steinbeck esempio del giudizio non sul predicato, ma di capacità: “visto in lui la stoffa dell’imprenditore” e non dell’attributo “mio figlio”. Dice Contri che gli è piaciuta quella madre che ha piantato in asso i due figli piccoli con il padre-marito predicatorio e si mette a fare l’imprenditrice. Lei accetterà di riceverlo (James Dean) solo dopo che l’avrà riconosciuto imprenditore come lei: un vero padre senza l’identificazione al maschio.
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