Psicologia della Gravidanza

​I bambini non vengono "consegnati con le istruzioni", ogni mamma (e ogni papà) deve adattarsi ad ognuno dei suoi figli, in funzione dei suoi bisogni e del suo temperamento.

3 FEB 2016 · Tempo di lettura: min.
Psicologia della Gravidanza

In gravidanza l'ansia, cioè "i pensieri", "le preoccupazioni", esistono come in ogni altro momento della vita, anche se in questo periodo si intrecciano fra di loro.

  • L'ansia che riguarda la donna ed il suo vissuto corporeo: il mio corpo si trasforma! non piaccio più come donna, potrò continuare a piacere? Il parto sarà veramente così doloroso? Sarò capace di svolgere il ruolo di madre? Se morissi durante il parto?
  • Il figlio che dovrà nascere: avrà malformazioni fisiche? Avrà problemi di natura genetica? Avrà traumi da parto?
  • L'ansia legata al rapporto con il proprio compagno: come cambierà il nostro rapporto con un figlio? Sarà meglio o peggio? Come mai sono cambiati i rapportisessuali? Si può essere Madre e Donna? Sarà geloso di suo figlio?

Sessualità e gravidanza

Queste ultime incertezze aprono il capitolo della sessualità e di come viene vissuta nella coppia la sessualità durante la gravidanza.

Un po' tutte le donne vivono la sessualità in opposizione alla maternità. In questo momento diminuiscono soddisfacimento e frequenza dei rapporti sessuali in maniera sempre maggiore, mentre diminuisce in modo più lieve il desiderio. In tale situazione il miglior consiglio che uno psicologo può dare è parlare col partner, comunicare le emozioni ma anche le ansie al fine di condividerle, ma anche parlare con un esperto che possa dare dei giusti consigli e che sia in grado di contenere l'ansia fornendo rassicurazione. È estremamente importante, durante la gravidanza, stare bene psicologicamente e fisicamente, perché durante questo periodo la donna, pur essendo sempre se stessa presenta una "presenza" in più, il cui stato viene influenzato da quello della madre.

La formazione della genitorialità

La gravidanza andrebbe considerata come un periodo di crescita e di relazioni che avvengono tra una donna in attesa, il nascituro e tutto il contesto relazionale (incluso il padre) che concorre alla formazione della genitorialità. È possibile parlare di due importanti compiti adattivi in relazione a due stadi della gravidanza. Il primo si riferisce all'accettazione dell'embrione prima e del feto successivamente, come parte integrante del sé. Si ha un'esperienza psicologica di fusione col feto dai primi mesi della gravidanza fino alla percezione dei movimenti fetali; tale evento si impone alla donna mettendola di fronte all'evidenza di un bambino dentro di sé, che però diviene sempre più un essere autonomo. Da questo momento la donna si confronta con il secondo compito adattivo, che è quello di riorganizzare le proprie relazioni oggettuali e prepararsi all'evento della nascita-separazione del bambino dentro di lei. L'inizio della gravidanza viene chiamato "inattività vigile". In questo periodo la donna si occupa di raggiungere uno stato di benessere. Con il progredire della gravidanza la donna deve accettare il feto come una parte di sé. Il secondo stadio della gravidanza è quello relativo alla percezione e individuazione del feto nella mente della madre e alla differenziazione del nascituro dal sé.

Quando emotività e inconscio prendono il sopravvento

Il corpo che muta e, di conseguenza, anche il proprio ruolo provoca spesso una marcata instabilità emotiva. È questo il periodo in cui l'emotività e l'inconscio prendono il sopravvento, dando luogo a una sorta di "malessere fisiologico" che precede l'acquisizione di un nuovo equilibrio. È contemporaneamente una "fase evolutiva" e una "crisi mutativa " che impone una riorganizzazione delle esperienze precedenti. Durante i primi mesi di gravidanza la donna deve mettere in relazione le fantasie con la realtà del feto che cresce in lei: in principio nasce il desiderio di avere un bambino, desiderio che poi si concretizza e che deve fare i conti con la realtà. Divenire madre presuppone un adeguamento della propria identità nel passaggio dal ruolo di figlia a quello di genitore.

Questo processo, che inizia con la gravidanza e prosegue con la maternità, necessita di un riassestamento di tutte le componenti psichiche che si sono sviluppate durante le esperienze precedenti e che hanno caratterizzato la storia della donna. Per questo motivo la gravidanza viene definita come un "momento di crisi e confusione" perché la donna si trova a dover affrontare continui aggiustamenti che coinvolgono l'intera personalità, al fine di potersi spogliare dal ruolo di figlia, finora rivestito, e costruire una nuova immagine di sé attraverso nuove identificazioni con un'altra donna che fino a quel momento ha rivestito per lei quel ruolo, ossia sua madre: deve, dunque, creare un'immagine stabile di sé come madre a sua volta, e, tale immagine, prevede la capacità di creare uno spazio interno per il bambino e per la relazione con lui. Divenire madre comporta innanzitutto confrontarsi emotivamente con la propria madre, a volte ponendosi nei suoi confronti in competizione per arrivare a prenderne il posto. La maternità porta la donna, a questo punto, a rivestire contemporaneamente due ruoli: quello di figlia di sua madre e quello di madre di suo figlio.

Ciò può suscitare angosce di perdita, o sentimenti di colpa connessi al desiderio di sostituirsi alla propria madre spodestandola: tutto ciò deriva dalla capacità della donna di svincolarsi da quella che è la sua famiglia d'origine e creare, attraverso un processo di individuazione quello che è il proprio Io che, fondendosi con l'Io del partner, a patto che anch'egli abbia con successo concluso la fase di svincolo dalla propria famiglia, va a dare vita al noi . Nel momento in cui la nuova diade decide di passare da coppia a famiglia (con l'arrivo del bambino), la fase di individuazione riveste un ruolo importante per la presa in carico del ruolo genitoriale. L'attitudine materna, che è rappresentata dalla capacità di dare e di rendersi disponibile verso l'altro, dipende anche dal rapporto che si è avuto nell'infanzia con la propria madre e dalla sua disponibilità nei propri confronti.

Meccanismi psichici che accompagnano la gravidanza

Diversi sono i meccanismi a livello psichico che accompagnano la gravidanza. Da un punto di vista psicologico il secondo trimestre è quello in cui la donna inizia ad avere un'immagine mentale del bambino, questo grazie anche alla percezione dei movimenti fetali che diventano la conferma della presenza del bambino, e ai cambiamenti visibili del corpo che si trasforma. È attraverso l'ascolto dei movimenti del proprio bambino, e il dialogo che si instaura tra i due, che si costruisce la relazione tra madre e feto. Al riguardo, ai movimenti viene assegnata una differente valenza affettiva: gioia, disagio, gioco o semplice attività motoria senza scopo.

È in questo periodo che a volte nelle donne affiora il senso di responsabilità delle eventuali ripercussioni sul feto dei propri stati d'animo e soprattutto dello stress. Si sentono delle madri portatrici di sofferenza al bambino in quanto legate oltre che dal rapporto fisico, anche dalla relazione emotiva. In realtà, l'osservazione dei processi fisiologici e della capacità da parte del feto di innescare degli adeguati meccanismi di difesa in caso di bisogno, dimostra le potenzialità e le risorse della placenta e del feto di adattarsi nel migliore dei modi per affrontare i disequilibri accidentali che provengono dalla madre sia a livello fisico che psico-emotivo durante il periodo della gravidanza. Con l'inizio dell'ultimo trimestre, e in particolare dell'ultimo mese di gravidanza, la donna si trova di fronte a nuove modificazioni fisiologiche: il feto aumenta di peso e di volume, le contrazioni fisiologiche si possono accentuare, il corpo si trova a doversi adattare a nuovi cambiamenti.

Gli interrogativi saranno: "come sarà il parto?", "come sarà il bambino?, che peso avrà?". Il timore per il dolore e la capacità o meno di sopportarlo e superarlo accompagnano quest'ultimo periodo. Nella realtà il timore del dolore fisico e della propria capacità di poterlo affrontare, porta in sé anche il dolore emotivo per la separazione e il concludersi della relazione privilegiata che madre e feto hanno vissuto durante tutti i mesi della gravidanza. L'interrogativo che spesso si sente pronunciare dalle donne è "sarò capace di partorire?" che nasconde in sé un'altra domanda: "sarò capace di separarmi da questo bambino?".

Solo capricci?

Non si tratta di capricci: la gravidanza produce uno stato di labilità generale, e il comportamento, spesso difficile, è un'espressione psico-emotiva che va compresa e contenuta con molta dolcezza. Particolarmente delicato è il periodo che va dalla fine del primo trimestre all'inizio del secondo, quando vengono meno le capacità di difesa e di autocontrollo (regressione affettiva) per cui si fanno vivi conflitti emotivi, pensieri, problemi ed esigenze che, in condizioni normali sono sepolti nel profondo dell'inconscio. Inoltre queste problematiche iniziali di regressione affettiva rappresentano un momento delicato ma anche produttivo per il rafforzamento del rapporto di coppia perché offrono la possibilità di uno scambio profondo di pensieri e sentimenti del tutto particolari, che scomparirà poche settimane dopo il parto, quando si ricostituiranno le difese che ognuno mette a punto nei confronti della realtà esterna.

Questa possibilità di comunicare nell'abito della coppia durante la gestazione porta al crearsi di un vero e proprio "parallelismo gravidico" che deve essere valorizzato al massimo per arrivare ad un vissuto produttivo della gravidanza. Infatti bisogna ricordare che la gravidanza è il momento della vita in cui mamma e figlio sono più vicini, in stretta simbiosi: è questo il momento in cui nasce un rapporto d'amore che durerà tutta la vita, un'attesa vissuta con gioia e serenità che diventa il terreno più favorevole allo sviluppo di un legame affettivo equilibrato.

Madre facilitante o madre regolatrice?

Potremmo distinguere tra due modalità materne di vivere la gravidanza, la presenza dell'altro all'interno del nostro corpo: la madre facilitante e la madre regolatrice.

La madre "facilitante" considera la maternità come un'esperienza conclusiva della sua identità femminile: si sente arricchita dall'esperienza che sta vivendo, si concede alla regressione che le consente di vivere quell'unione fusionale con il feto per identificarsi con Lui. Con la percezione dei movimenti fetali prende corpo la differenziazione e l'identità della donna che si differenzia dalla propria madre, con la comparsa di conflitti riguardanti la dipendenza, l'invidia e la rabbia nei confronti della fertilità materna. L'elaborazione di questi conflitti avvicinano la donna a un vissuto armonioso della gravidanza. Sul piano intrapsichico la madre facilitante può essere portata ad idealizzare la maternità e il bambino, ricorrendo a difese di negazione della propria imperfezione e di quella del bambino, con una rinuncia ai bisogni e agli interessi personali non riguardanti la sfera materna e attuando così una fuga dai propri sentimenti di invidia, rivalità e ostilità con l'adozione di un sistema di illusioni condivise allo scopo di negare la separazione e ricreare la fusione.

La madre "regolatrice", invece, considera la gravidanza come un passaggio obbligato per avere un bambino: prova fastidio per le trasformazioni corporee e resiste alla disorganizzazione psicologica, rinforzando le proprie difese psichiche e le proprie razionalizzazioni. Il suo nascosto desiderio è di non farsi influenzare dalla gravidanza e dal futuro bambino. Inconsciamente cerca di evitare la regressione e l'esperienza mentale della fusione con il feto, che viene spesso percepito come un intruso che l'assorbe. I movimenti fetali sono avvertiti come una presenza estranea, le fantasie sul feto sono limitate, e la madre attende solo che la gravidanza si concluda. Nella madre regolatrice la gravidanza sembrerebbe riattivare antichi conflitti legati all'invidia per le tenerezze che le sono state negate e ora rivolte al bambino come anche ai sentimenti di avidità diretti verso la propria madre.

Madre non si nasce, si diventa. Così, durante la gravidanza, la futura mamma si accinge a diventare una "buona mamma", relativamente adeguata e competente. La gravidanza è la "storia di due corpi: un corpo contenente visibile ed un corpo invisibile in esso contenuto", rimette la donna a confronto con la propria capacità di percepirsi come un contenitore solido e in grado di accogliere il bambino al suo interno. Essere madre è veramente una missione, ogni giorno e per sempre!

Un genitore solido e in grado di accogliere il bambino al suo interno. Essere madre è veramente una missione, ogni giorno e per sempre!

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Scritto da

Dott.ssa Rosaria Barone

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