Odio il Natale! Perché? Come evitare di rinchiudersi

Perché ci sono persone a cui il Natale dà fastidio se non addirittura scatena rabbia e risentimento? E perché ci sono persone a cui fa proprio scattare quasi una depressione?

16 DIC 2013 · Tempo di lettura: min.
Odio il Natale! Perché? Come evitare di rinchiudersi

Che bello il Natale! Luci, colori, vetrine innevate, immagini di babbo natale, bambini felici, voglia di ferie e regali… Ma non per tutti è così: “Il Natale, a me, dà solo tristezza". “Tutto questo correre per i regali mi sembra solo un consumismo colossale che mi amareggia e basta". “Che senso di estraneità! Sembra un film: tutti felici, la città è piena di luci e io ho il gelo nel cuore...". “Mi sento così sola, a Natale. È come se tutto mi crollasse dentro...".

Per molte persone, il Natale ha un altro volto. Non quello luccicoso e sorridente che ammicca dai negozi scintillanti e dalla pubblicità, ma quello amaro della solitudine, della tristezza, dell'amarezza, del dolore di vivere.

Queste persone al pensiero del Natale piombano in una sorta di malinconica tristezza, altri nell'ansia e nell'angoscia, altri ancora nella rabbia e in un atteggiamento irriverente. Perché avviene questo? Perché una festa che dovrebbe unire le persone e dare gioia porta invece questi sentimenti e queste emozioni negative?

Pensiamo a chi, il Natale, lo vive diversamente

Il natale porta con sé una strisciante e sottesa obbligatorietà alla felicità. Come se a Natale dovessimo fare finta di non avere tutta una serie di problemi che invece è lecito avere per il resto dell'anno. Ad alcune persone questa sembra una cosa terribilmente ipocrita e quindi ne avvertono repulsione. Inoltre subentra anche il senso di colpa per la mancanza di gioia perché ci si sente inadeguati rispetto alle nostre aspettative e a quelle degli altri.Esistono di fatto però, dei fattori scatenanti queste emozioni e sui quali sarebbe opportuno riflettere. Pensiamo a chi ha problemi con la famiglia, a chi con essa non ha buoni rapporti, a chi vive in una situazione di forte conflittualità, o a chi magari la famiglia non l'ha più, o l'ha lontana per varie ragioni. O ancora, chi si trova nel bel mezzo dell'elaborazione di un lutto - o lotta con gli strascichi di un lutto mai elaborato.

L'obbligatorietà di stare con la famiglia per natale (o la voglia di poterci essere ma non averla più) diventa così un pesante fardello che non fa altro che riportare alla ribalta i nostri problemi e conflitti con essa, facendoci sentire frustrati per il fatto di avere una tale situazione e magari anche di esserne in parte responsabili, o sottolineare l'impotenza a cambiare le cose. In genere la favola della volpe e dell'uva insegna che ciò che non si può avere si disprezza, quindi disprezzare il natale con le sue cene e riunioni familiari diventa un comprensibile meccanismo di difesa.

Possiamo anche pensare a chi ha avuto un'infanzia difficile e tale per cui il natale suscita ricordi di tristezza e solitudine, in cui magari passava un triste natale solo con la madre separata, il padre lontano con la sua nuova famiglia, oppure semplicemente un natale vissuto in modo trascurato, tra conflitti e litigi familiari. È chiaro che in situazioni del genere in cui vediamo continue pubblicità e immagini di famiglie felici e riunite sotto alberi e presepi non fa altro che alimentare il nostro sdegno e la nostra frustrazione.

In casi come questi il contrasto tra i luccichii delle strade e delle vetrine, con la felicità che vediamo attorno a noi, nelle pubblicità, e la nostra solitudine interiore diventa così stridente da risultare intollerabile. Ci sono quindi casi in cui siamo realmente soli perché una famiglia non l'abbiamo più, o casi in cui l'abbiamo ancora ma a livello solo anagrafico perché di fatto non è percepita come fonte di affetto, di sostegno, di calore umano, ma come un semplice insieme di persone che fingono di essere felici e tra le quali realmente serpeggia una conflittualità che mal si cela. Persone che condividono ben poco a livello affettivo.

Il natale è anche una brutta festa per i single e le persone separate: il ricordo di una famiglia che abbiamo perduto, dei genitori che non abbiamo più, e il non sapere dove andare ad elemosinare un po' di compagnia, proprio per il fatto che ognuno per natale se ne sta con la sua famiglia e magari non bada a noi. O anche se ci bada e ci invita a cena magari ci sentiamo di troppo e fuori posto. E così magari ci ritroviamo soli a casa davanti alla tv a macinare e rimuginare sui nostri dolori e i nostri fallimenti personali.

Per altri che hanno problemi con sé stessi il natale porta con sé l'avvicinarsi della fine dell'anno e quindi di terribili bilanci che porterebbero solo a sottolineare i propri fallimenti dell'anno appena trascorso, ciò che non si è fatto, che avremmo voluto fare e non siamo riusciti, quindi frustrazioni e ruminazioni mentali. I giorni di festa possono essere pesanti per le persone disilluse che si aspettavano molto di più dalla vita. Le festività di per sé sottolineano ciò che è mancato - e continua a mancare - fanno sentire molto di più il vuoto, la noia, la malinconia di essere soli, come se il soggetto meritasse una punizione, che naturalmente non merita. La festa festeggia gli affetti, ma certi affetti possono non esserci più, rimangono delusioni per promesse mai mantenute e alcuni rammarichi per non aver fatto quel che si pensava giusto non fare, mentre per queste azioni ci si è pentiti.

Il senso di vuoto, la mancanza di senso sconcerta e disorienta e diventa pesante da sopportare. Spesso anche se si è in famiglia e si vive un conflitto (o relazionale o con se stessi) il natale diventa un qualcosa di intollerabile perché diventa il dovere di fingere per non deludere chi si aspetta che tu sia allegro e giocoso.

Quindi ecco che il natale, festa dell'amore familiare, di coppia e festa degli affetti conviviali si tramuta in un autentico incubo: chi l'amore non può averlo - o sente di essere solo - diventa triste e invidioso di chi egli immagina possa divertirsi e godere di amore. La festività diventa un nemico che ti obbliga a ricordarti la tua condizione psicologica, come uno specchio che ti segue per tutti i giorni delle feste e ti mette continuamente di fronte i tuoi mostri interiori chiedendoti di guardarli in faccia.

Poi ci sono quelli che hanno subito eccessive pressioni: pressioni ad esempio riguardo al dover fare per forza i regali quando non se ne avrebbe assolutamente alcuna voglia o semplicemente perché i soldi non li abbiamo da buttar via. Magari con quei soldi preferiamo semplicemente fare altro piuttosto che ipocriti regali a destra e a manca. Con questa festa ci ricordiamo delle ristrettezze economiche in cui siamo, accompagnate dalla frustrazione per non poter stare al passo con le richieste consumistiche che la società ci impone. In tal caso sarebbe davvero il caso di capire che il natale non è una corsa all'acquisto, e approfittare di ciò per riscoprirne il senso, visto che di fatto del natale si è perso totalmente lo spirito (cristiano o pagano che sia) e si bada solo al comprare, consumare, mangiare a sbafo, viaggiare.

In realtà i significati che si celano dietro alla festività rimandano a temi di morte e di rinascita. Il Natale ha radici lontane e prima di diventare un simbolo della cristianità, veniva celebrato dalle antiche civiltà pagane nel suo significato di rinascita dopo la lunga notte. In effetti questo è il periodo dell'anno in cui le giornate sono più corte e il buio sembra prevalere sulla luminosità. L'attuale rito di scambiarsi i regali, che oggi viene vissuto nei suoi aspetti più consumistici, in realtà ha un'origine molto antica e già nelle Saturnali dei romani, 1000 anni prima di Cristo, si offrivano doni ai defunti. Il nostro Natale però contiene anche elementi provenienti dalle tradizioni nordiche. Babbo Natale, che nella leggenda è San Nicola, viene ricordato per la sua bontà e generosità per aver donato sacchetti di monete, a tre donne povere che, senza dote, non avrebbero mai potuto sposarsi. E anche il nostro attuale rito di riunirsi in famiglia ha origini remote e lo ritroviamo anche nelle antiche tradizioni nordiche.

Ecco quindi che il natale, in un modo o nell'altro, ci impone di guardare in faccia i nostri disagi interiori e a volte anche i nostri drammi, il triste bilancio della nostra vita, cose che preferiremmo non vedere.

Ma è davvero del Natale la colpa?

Ammettiamo che i problemi li abbiamo a prescindere e guardiamoli in faccia. Non diamo la colpa al Natale e alla felicità che essa trasuda. Occuparsi del proprio disagio è importante oltre che utile. Se si vive un momento difficile non ci si può costringere a far finta di nulla per un intero anno, per poi arrivare a natale ed esplodere di tristezza e angoscia.

Sarebbe bene cominciare a capire che è il caso di dedicarsi del tempo per comprendere e per esprimere il proprio malessere, per affrontare i nostri nodi irrisolti e i nostri piccoli e grandi drammi interiori, le terrificanti voci del nostro inconscio. Perché di questo si tratta, che ci piaccia o no ammetterlo. Il Natale ce lo mette semplicemente davanti in tutta la sua concretezza, ma forse non dovremmo attendere la fine dell'anno per occuparci del nostro benessere. Trascorsa la festività, sarebbe il caso che quelle persone angosciate riflettessero seriamente su se stesse per risolvere questo senso di vuoto che sarà pronto ad emergere in ogni momento, con il trascorrere del tempo, e non solo durante le festività, comprese le domeniche e i giorni in cui solitamente si sta in famiglia. Perché la vita così rischia di diventare un pesante fardello che ci ricorda spesso e volentieri la nostra condizione.

Ma nel frattempo le feste ci sono, stanno arrivando.

Abbiamo un modo per vivere il natale in modo diverso?

Si, uscendo dagli egoismi e dalle frenesie consumistiche e pensando al vero senso, cristiano o pagano che sia, che questa festa ha: ovvero condivisione e rinnovamento interiore. E cominciamo a farlo tagliando via tutto l'aspetto consumistico, facendo regali minimi, come cose fatte a mano come ricami, biscotti, lavoretti di decoupage, ma anche un fiore seccato, un biglietto, una canzone. Impariamo a uscire dal consumismo comprendendo che non contano gli oggetti ma i gesti e i sentimenti. Diamo invece un secco ma pacato “no" a tutti quegli acquisti che viviamo come un obbligo e che non ci sentiamo di fare: se abbiamo soldi da spendere facciamo invece beneficienza, pensando a chi sta peggio di noi o per qualche giusta causa. E occupiamoci un po' di riscoprire il senso altruistico (quello vero) della festa, andando a trovare chi è solo, chi sta male, chi ha un periodo difficile, chi ha perso gli affetti. Molto meglio questo che non fare una consumistica e vuota corsa a inutili regali. Perché purtroppo è vero che il natale si è ridotto a una festa di facciata in cui si regala tanto a livello materiale ma ben poco a livello affettivo.

E se non vogliamo elemosinare accoglienza al cenone natalizio rimaniamo soli, ma facciamolo in modo sano, evitando di rinchiuderci nella frustrazione e di scrivere su Facebook sfoghi rabbiosi e acidi su quanto odiamo il natale: marcire nella rabbia non porta a nulla. Quindi restiamo pure soli, ma non contro gli altri, per se stessi, non per depressione o per protesta o autocompiacimento, bensì per scelta consapevole: un viaggio introspettivo, accompagnati dal periodo rituale del sol invicuts, per riflettere, per ascoltarsi. Che il natale diventi così davvero quella festa in cui muore il vecchio e rinasce il nuovo, come nell'antica festa: tanto non ha senso allontanare da sé il dolore, se non affrontiamo i nodi problematici della nostra vita essi diventeranno mostri che ci inseguiranno sempre, per quanto possiamo distrarci dalla loro presenza. In occasioni come queste verranno a trovarci.

Non ha senso dire “se non ci fosse il dannato natale non ci penserei". È solo un grande autoinganno: ci sono i dolori interiori, solo che si fa finta che non ci appartengano.

L'essere umano è un animale rituale e liturgico, quindi che si chiami cristianesimo, religione della dea, druidismo o che dir si voglia, l'uomo ha bisogno di riti di passaggio: quando essi venivano celebrati in gruppi comunitari allargati e uniti dal vero spirito del rito, la solitudine non esisteva e in questi momenti i propri mostri interiori venivano accompagnati dalla comunità nel rito e resi meno terrificanti: la loro importanza veniva resa simbolica e quindi ridimensionata, gli veniva attribuito un significato e la persona poteva prenderne il lato positivo per se stesso. Oggi siamo soli e dispersi in un mondo globalizzato dove quei significati si sono sepolti sotto il peso svalutante e isolante del consumismo: una società globale ma i cui membri sono sempre più soli.

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Scritto da

Dott.ssa Chiara Pica

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Commenti 11
  • Mel P

    Leggo questo post ormai vecchio, ma tristemente attuale. Parole scritte nel 2013 e che non avrei mai pensato potessero riguardare anche me. Mi piaceva il Natale, nonostante le discussioni di dove andare per i pranzi, cene, cosa portare, cosa cucinare...ho vissuto giorni felici durante il Natale, perché stavo con le persone che amavo. I miei genitori, mio fratello, i miei cari nonni. Poi gli amati ci lasciano per sempre, le pressioni lavorative sono costanti, cresci e ti accorgi che la gente ti piace sempre meno, perché riesci a vederla per quello che in realtà è: ipocrita, meschina, egoista. Quest'anno vorrei rinchiudermi in casa o farmi un bel viaggetto e assaporare la tranquillità, il silenzio, invece mi tocca sorridere per 3 lunghi dannati giorni per far piacere agli altri e non a me stessa. Ma quanto siamo stupidi e masochisti? A coloro che non amano il Natale come un tempo, non auguro buone feste, ma di essere felici e di vivere una buona vita, sopratutto in questo periodo così difficile.

  • Leo rossi

    Natale per carità, io non riceverò nessun regalo e nemmeno devo farlo a nessuno semplicemente perché non ho nessuno vicino. Una famiglia divorziata, parenti serpenti e la ragazza non l'ho più. Inoltre odio questo maledetto freddo per non parlare della neve.Mi rispecchio in molte frasi sopra, da bambino non è stato tutto rose e fiori...io mi rinchiuderei da novembre a maggio. Riesco a stare bene solo in estate, in riva al mare a fare surf e tintarella...il mio augurio di Natale è: arriverà ferragosto! Quella si che è festa!

  • Perturbator

    Se potessi, mi rinchiuderei in un bunker antiatomico l'1 dicembre per uscirne il 7 gennaio. Odio profondamente, con tutte le mie forze, qualsiasi cosa che rimandi al natale. Le luci, la musica, i pranzi e le cene. Queste frasi fatte "auguri buon natale a te e alla tua famiglia".. ma l'hai mai vista la mia famiglia? Divorzi, fallimenti, ignoranti come delle bestie da allevamento, fregature tra parenti, odio generalizzato tra zie, cugini, sorelle.. e io dovrei passare il natale con questa gentaglia con la quale mio malgrado condivido un patrimonio genetico? I miei natali hanno sempre fatto schifo perché è il contesto in cui vengono festeggiati, a fare schifo. "Non mi hai chiamato per fare gli auguri, non è educato da parte tua". Non è neanche educato mettere le corna a tuo marito, ma lo fai...Io voglio stare bene tutti i giorni, non solo a natale. Vorrei avere una famiglia normale e completa, non un genitore da una parte e un altro genitore dall'altra. Non una zia che fa le feste coi brasiliani mentre l'altra è troppo occupata a fare gli aperitivi con ragazzi 20 anni più giovani di lei. Ecco perché mi fa schifo il natale e lo odio con tutte le mie forze - perché è la gente che lo festeggia, a farmi schifo. Io vorrei tanto restarmene chiuso da qualche parte, ma figurati se tutti gli anni non vengono a dirmi "ma dai su ma almeno a natale sii un po' più presente". Ma se faccio di tutto per evitare i contatti con la mia famiglia? Faccio L'IMPOSSIBILE per cercare di avere meno contatti possibili con questa gentaglia, e tutto un tratto mi chiedete di sedermi a tavola con voi e parlare ridere e scherzare? Siete dei deviati mentali. Ecco, cosa voglio per natale. Che la gente scema si estingua per sempre.

  • Anna

    @Mario Orlando: la penso esattamente come te! Non vedo l'ora che arrivi anzitutto il 7 Gennaio, e poi la primavera. Per quanto riguarda il discorso del consumismo e della perdita di senso in queste feste, credo che in effetti sia stato tutto ridotto al un'esteriorità negli ultimi decenni (pensiamo anche ad altre ricorrenze in certi casi odiose come San Valentino, anche se l'odio non è sicuramente per il Santo ma per l'ipocrisia che c'è intorno alla festa!) ed è per molti un modo per "mostrare" agli altri quanto si sia fortunati ad avere tante persone attorno con cui festeggiare, tanto cibo, tanti regali costosi ecc. E' una sorta di banco di prova sul quale misurare la propria vita, come è scritto giustamente nell'articolo, aggravato dal dovere di confrontarsi con gli altri e di fare gli odiosi "bilanci".

  • veronica

    Anche io detesto il natale. Odio le luci non appena passata la festa di tutti i santi. Odio il traffico per la corsa ai regali, quasi sempre inutili. Odio dover stare con i parenti con cui non hai dei gran bei rapporti ma a Natale sembra che ci voglia più bene. Odio i pranzi infiniti dove sembra che si debba mangiare per due settimane. Il natale è solo ipocrisia e consumismo.

  • Samuele

    Il natale, come tutte le altre feste, è una festa basasta sul consumismo. Essere felici, i cenoni e il ritrovarsi insieme diventa un target quasi da diventare obbligatorio. La colpa è da attribuire ai mass media che in maniera invasiva cercano di spronare le persone a stamparsi un sorriso ed emulare i comportamenti tipici di questo periodo. Guai se sei solo! Passerai per sfigato. E pensare che ci sono persone che muiono di fame, ammalati, bambini che non ricevano regali e quant'altro... e io dovrei festeggiare??? L'essere umano è un indivuido egoista e non sta a pensare alla felicità di tutti ma solo di una stretta cerchia di persone. La soluzione sarebbe abolire queste feste, ma sarebbe un insulto alle multinazionali visto che i profitti crescono grazie ai regali e alla storia inventata di babbo Natale. Starne a parlare è inutile. Cambiare il mondo è quasi impossibile ma se cambiamo noi stessi allora c'è una piccola speranza di vivere in un mondo pacifico dove tutti vivono in armonia

  • Riccio domenico

    Nel mio caso il natale alimenta tristezza e vuoti di insoddisfazzioni, che si incrementano ancora di più in quelle corse frenetiche per i negozi e abbracci e auguri che io purtroppo non ho voglia di darne a nessuno. Leggendo questa guida mi rispecchio in infanzia infelice con poi affiancare un'insoddisfazione personale dovuta alla non realizzazione per il lavoro che amo e che la città dove sono nato non mi offre e mi devo allontanare per averne uno. Ma credo anche che per tutte le persone che come me hanno questo problema ci sia una felicità imprigionata che vorrebbe vivere e che per ricordi o problemi resta li per anni o addirittura per una vita intera..

  • silvia

    Perche dovrei festeggiare il natale quest'anno? Ho perso due gemelli alla sesta settimana. La vigilia la passerei volentieri in casa a dormire senza pensare a nulla e invece devo stare con parenti che parlano sempre delle stesse cose!

  • Udo

    Odio tutte le festività...

  • Mario Orlando

    Odio il natale ma ancor di più odio l'inverno e il freddo e soprattutto la neve.


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