Neurosoluzioni: come il nostro cervello impara ad imparare

Come mai tendiamo a mettere in atto sempre gli stessi comportamenti, anche quando questi non ci aiutano? Scopriamo come funziona il nostro cervello per poterlo modificare.

17 GEN 2022 · Tempo di lettura: min.
Neurosoluzioni: come il nostro cervello impara ad imparare

Come il cervello cambia se stesso

Molto spesso sentiamo paragonare il cervello ad un computer, questa immagine metaforica è scorretta, in quanto a differenza del cosiddetto "cervello elettronico", quello umano è in costante adattamento, ovvero possiede la più importante delle capacità: imparare ad imparare.

Fino al secolo scorso, era sostenuta la tesi che la struttura anatomica del cervello fosse immutabile, quindi nessuna sua parte poteva esse riparata o sostituita, si pensava che il cervello nascesse con un determinato numero di neuroni, circa 100 miliardi e che questo numero tendeva ad aumentare solo nei primi anni dello sviluppo della persona. Con l'entrata nell'età adulta, il numero di neuroni gradatamente e lentamente si abbassava, in quanto le cellule cerebrali non si potevano sostituire ed erano soggette al naturale processo di deterioramento.

Il tema dell'anatomia del cervello è rimasto centrale nello studio di numerosi casi di persone con lesioni o problematiche relative alla corteccia e alle funzioni ad essa deputate, ed esperimenti condotti in laboratorio, su cavie animali, dal neurologo Merzenich, il quale a partire dal 1968 ha scoperto che il cervello umano è in grado di modificarsi e migliorare le capacità cognitive per tutto l'arco della vita. Merzenich ha sviluppato un software "Fast For Word" con vari esercizi divertenti, che permettono di stimolare la plasticità e portare beneficio a bambini con problemi di udito, inoltre si è rivelato efficace anche in età molto avanzate, a riprova che il nostro cervello si può modificare per sanare anche deficit e deterioramenti importanti.

Nel 1998 P.S.Eriksson et al., in una ricerca condotta sul tessuto post mortem dell'ippocampo e della zona sudventricolare del nucleo caudato, ha dimostrato che le cellule del cervello si riproducono anche in età adulta. Questa scoperta ha contribuito allo svilupparsi di numerose altre ricerche orientate allo studio del processo di neurogenesi, ovvero il processo di formazione di nuovi neuroni che popolano il cervello, che resta molto attivo durante lo sviluppo prenatale e svolge un ruolo centrale durante lo sviluppo dell'infanzia e dell'adolescenza, ma continua anche nell'adulto e nell'anziano.

Allenare la mente per migliorare la vita

Le numerose ricerche condotte da Gage et al. sui topi hanno dimostrato come la neurogenesi può rinforzare le capacità mentali.

Questi studi ricondotti all'essere umano hanno dimostrato che un alto livello culturale, una costante e idonea attività fisica e soprattutto, partecipare ad attività intellettualmente stimolanti e che richiedono molta concentrazione, come rompicapo, giochi di enigmistica e logica, aumentano di ben 5 volte il numero di neuroni, promuovendo così la neurogenesi del cervello, ciò permette di migliorare tutti i meccanismi mentali, rendendo le facoltà cognitive e percettive più precise, veloci e meno dispersive.

Nel 2002, dagli studi di R.S.Wilson et al., si ha la scoperta più importante, ovvero che se questa stimolazione viene attuata in maniera costante e a lungo termine, si abbassa notevolmente la probabilità di incorrere in demenze o nel morbo di Alzheimer. In altre parole, impegnarci costantemente in giochi, come ad esempio il cubo di Rubik, giochi di enigmistica, sudoku, oltre ad essere piacevole, allena e rafforza le cellule del nostro cervello rendendole più resistenti contro il nemico "demenza."

Queste modifiche riguardano i neuroni della corteccia cerebrale, uno strato laminare continuo che rappresenta la parte più esterna del telencefalo negli esseri vertebrati. Essendo la corteccia la parte "moderna" del cervello, ha il compito di controllare tutte le funzioni mentali cognitive complesse come ragionamento, pensiero, consapevolezza, memoria, attenzione, linguaggio ecc.. essenziali per il problem solving.

Abbiamo due modi per aumentare il numero di neuroni complessivi nel nostro cervello:

1. formare nuovi neuroni;

2. allungare la vita dei neuroni esistenti.

Formare nuovi neuroni: ogniqualvolta ci troviamo ad affrontare un problema totalmente nuovo e a noi sconosciuto, dobbiamo attingere a strumenti che non possediamo, questa condizione produce nel nostro cervello la necessità di stimolare la neurogenesi, e di conseguenza si verranno a formare dei nuovi neuroni. Queste particolari situazioni si vengono a creare soprattutto nella sfera relativa all'esercizio fisico. Proviamo a pensare al ballo, oltre ad essere un'attività piacevole, è decisamente impegnativa, in quanto richiede un alto livello di concentrazione dovendo imparare nuovi movimenti che impegnano contemporaneamente sia il corpo che la mente.

Una ricerca del 2005, condotta da S.Vayman e F.Gomez-Pinilla, sull'impatto della corsa nella plasticità del cervello dimostra che l'esercizio stimola la corteccia sensoriale e motoria. Inoltre, Van Praag e Gage dimostrano che è sufficiente un semplice movimento come la camminata veloce purché costante, per stimolare la crescita di nuovi neuroni.

Allungare la vita dei neuroni esistenti: quando ci troviamo ad affrontare un problema conosciuto, che magari abbiamo già affrontato in passato o comunque un problema simile ad uno che siamo soliti affrontare, la tendenza del nostro cervello è quella di rafforzare i neuroni già esistenti. I casi in questione riguardano la sfera cognitiva, dove apprendimenti e conoscenze già presenti ma scarsamente sviluppate, o semplicemente non più utilizzate, si rafforzano attraverso stimoli sempre nuovi come giochi di enigmistica e logica. Per comprendere meglio, pensiamo a quando, dopo tanti anni dalla fine della scuola, decidiamo di riprendere gli studi e ci troviamo in mano il primo libro da studiare, all'inizio faremo fatica anche solo nel leggere, ma poi gradatamente la lettura sarà sempre più veloce e i concetti sempre più chiari e facili da memorizzare. In questo caso, abbiamo semplicemente rafforzato i neuroni che ci aiutano nello studio, come quelli deputati alla lettura, che già stavamo utilizzando ma al minimo delle loro potenzialità, un po' lo stesso meccanismo di quando andiamo in palestra per potenziare i muscoli che noi già abbiamo e che utilizziamo, ma che non sono così tanto sviluppati e definiti.

Alla luce di queste considerazioni, l'affermazione di Norman Doidge, secondo cui l'esercizio fisico e l'esercizio cognitivo lavorano in modo complementare, in quanto il primo, favorisce la formazione di nuovi neuroni e il secondo ne prolunga l'esistenza, apre la porta a nuove prospettive e nuove riflessioni.

Come il cervello costruisce le soluzioni che poi subisce: neurosoluzion.

Per poter trovare soluzioni a problemi sempre differenti, anche se a volte apparentemente simili, il nostro cervello possiede la capacità di riorganizzarsi, modificando la propria struttura nel corso del tempo in risposta all'esperienza, questo fenomeno viene chiamato neuroplasticità.

La neuroplasticità ha il potere di produrre comportamenti più flessibili, e quindi estremamente utili nella soluzione dei problemi, ma possiede anche il rovescio della medaglia, ovvero se determinati comportamenti vengono ripetuti e quindi si stabilizzano, tendono ad irrigidirsi, impedendo che accadano altri cambiamenti, questo concetto scoperto e introdotto da Norman Doidge prende il nome di "paradosso plastico". Alcuni dei nostri disturbi e delle nostre abitudini più radicate sono proprio una conseguenza di tale plasticità, che stabilizzandosi si è irrigidita.

Come illustra la metafora di Pascual-Leone, la neuroplasticità è paragonabile alla neve fresca su una collina. Quando con la slitta si scende da una collina ricoperta di neve fresca, possiamo essere flessibili in quanto la neve è soffice, ed abbiamo quindi la possibilità di scegliere ad ogni nostra discesa un diverso percorso. Nel momento in cui, noi scegliamo ripetutamente per due o tre volte lo stesso percorso, si verranno a formare delle tracce sempre più profonde, che si trasformeranno in simil-rotaie, bloccandoci in un percorso rigido che si è autoconsolidato, allo stesso modo dei circuiti neurali.

Dal mio punto di vista, nasce qui l'importanza di allenarsi alla flessibilità, in tutte le sue forme e in ogni ambito, in quanto lo stesso fenomeno di neuroplasticità, considerato elastico per eccellenza, si può trasformare in una gabbia rigida, ogni volta che si ripetono gli stessi schemi, trasformandoli in abitudini di cui non siamo consapevoli. Proviamo a pensare alle tracce scavate sulla neve dalla slitta, maggiore sarà il numero delle volte in cui la slitta scenderà dalla collina facendo lo stesso percorso, più profonde diventeranno le tracce scavate, fino a diventare dei solchi e più difficile sarà uscire dai solchi per intraprendere un nuovo percorso. Questo, ad esempio, spiega le grandi difficoltà che incontriamo quando cerchiamo di imparare una nuova lingua in età adulta, chiaramente se abbiamo sempre e solo parlato la nostra lingua madre.

Il paradosso plastico, inoltre, è interconnesso alla naturale tendenza umana di agire secondo il concetto di "economia mentale", dopo aver sperimentato che una soluzione calza ad un problema, tendiamo a riproporla per ogni altro problema uguale o simile, fino ad automatizzarla dentro di noi, tanto da non vederla neanche più.

Doverosa è un'ulteriore precisazione relativa ai problemi, ovvero problema simile non significa problema uguale e di conseguenza l'applicazione della medesima soluzione può risultare fallimentare. Proviamo ad immaginare di trovarci in vacanza a Parigi, per orientarci abbiamo la mappa della città e questa soluzione funziona. Ci spostiamo, passiamo per Nizza, decidiamo di fermarci e per orientarci ripetiamo la soluzione di prima, riprendiamo la mappa di Parigi. Chiaramente a Nizza non funziona, ma dato che poco prima aveva funzionato, non pensiamo che sia una soluzione sbagliata, ma che siamo noi a non applicarla bene, a non applicarla abbastanza, scavando così solchi sempre più profondi.

Quando invece parliamo di problema uguale, se è vero che, come ci insegna Eraclito, tutto scorre e nulla sta fermo, allora la parola "uguale" non corrisponde ad una fedele copia del problema in quanto il problema si ripresenta collocato in un tempo diverso. In questo caso la mappa di Parigi viene riutilizzata a Parigi, ma cinquanta anni dopo, chiaramente la viabilità in mezzo secolo è a dir poco stravolta e di nuovo con in mano una soluzione che aveva funzionato mi ritrovo perso in un problema che non riesco a risolvere.

Allenarsi alla flessibilità in ogni ambito della nostra vita, cercare di comprendere una stessa situazione osservandola da vari punti di vista, interrogarsi su quali sono i comportamenti che funzionano, ma soprattutto fermarsi a riflettere su quelli che non funzionano, questo è il primo passo per costruire una base favorevole l'abilità di problem solving.

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Scritto da

Dr.ssa Rita Ciani

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Bibliografia

  • Nardone, G. (2013): Problem Solving strategico da tasca: L'arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Doidge, N. (2008): Il cervello infinito. Alle frontiere della neuroscienza: storie di persone che hanno cambiato il proprio cervello. Milano, Ponte alle Grazie.
  • Watzlawick, P. Nardone, G. (1990): L'arte del cambiamento. La soluzione dei problemi psicologici personali e interpersonali in tempi brevi. Milano, Raffaello Cortina Editore.
  • Watzlawick, P. Nardone, G. (1997): Terapia breve strategica. Milano, Raffaello Cortina Editore.

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