“Mamma, non mi lasciare!”: l’ansia di separazione nei bambini

Esiste un periodo dell'anno in cui l'ansia di separazione nei bambini è particolarmente evidente, ed è il momento della riapertura delle scuole. Perché e come affrontare questo momento.

10 NOV 2016 · Tempo di lettura: min.
“Mamma, non mi lasciare!”: l’ansia di separazione nei bambini

Esiste un periodo dell'anno in cui l'ansia di separazione nei bambini è particolarmente evidente, ed è il momento della riapertura delle scuole quando, inevitabilmente, le mamme o i papà sono obbligati ad accompagnare ed affidare alle maestre i loro figli.

Alcuni bambini entrano nelle classi emozionati, salutano il genitore e cominciano ad esplorare l'ambiente, altri si aggrappano a mamma o papà e, piangendo lacrimoni, si rifiutano di entrare o rimanere con le maestre. Gli uni sono più bravi degli altri? Assolutamente no!

Tutti i bambini sviluppano, sin dalla nascita, un attaccamento nei confronti delle figure di riferimento, in particolare verso la mamma, e verso gli 8 mesi di età compare anche l'angoscia dell'estraneo, spesso accompagnata da pianti che terminano solo con il ricongiungimento alla figura di attaccamento. Non avendo ancora concezione di spazio e tempo, per il bambino non vedere la mamma significa che questa è sparita e non ritornerà più. Da qui l'ansia di separazione che tende a crescere verso i 13/18 mesi, per poi ridursi progressivamente intorno ai 3/5 anni.

Si tratta di una tappa importantissima dello sviluppo, perché segnala che il bambino ha imparato a riconoscere il volto di chi si prende cura di lui, che con questi ha stabilito un legame e come, in sua assenza, si percepisca in pericolo.

Per la maggior parte dei genitori non è facile assistere, rimanendo tranquilli, a manifestazioni di pianto inconsolabile, a proteste e tentativi di ricongiungersi fisicamente a loro.

Tutti i bambini, in virtù del legame di attaccamento sviluppato, non vogliono essere lasciati soli, ma si tratta per i genitori di accompagnarli in un percorso graduale, assolutamente non brusco e sbrigativo, verso l'autonomia personale. Ricordiamo che tutte le occasioni in cui, durante la crescita, si riattivano le dinamiche di separazione - tra le altre, imparare a mangiare da soli, il dormire nel proprio lettino o l'inserimento nella scuola materna e/o primaria - sono momenti molto delicati, in cui le mamme e i papà, per primi, devono imparare a contenere ed elaborare i propri vissuti emozionali (ad esempio paura del distacco, sensi di colpa, ansie e preoccupazioni). È quindi importante evitare quei comportamenti che possano bloccare il figlio nel naturale processo di esplorazione autonoma del mondo e degli estranei.

I bambini, quando entrano in contatto con qualcosa di sconosciuto, guardano il volto di mamma per comprendere come debbano reagire ad esso; se l'emozione letta è ansia, diventano ansiosi a loro volta, se sentono tranquillità e sicurezza, si rasserenano. I bambini sono delle vere e proprie spugne emotive, assorbono le emozioni dei grandi, per cui se questi sono ansiosi per il distacco, percepiranno quest'ultimo come pericoloso.

I genitori che si mostrano come una base sicura, da cui allontanarsi per conoscere l'ambiente circostante e alla quale far ritorno per rifornirsi di amore e accettazione, avranno figli fiduciosi in se stessi e negli altri.

Le reazioni di pianto e protesta, sintomi fisici improvvisi come il mal di pancia, al momento del distacco o immediatamente prima, vanno accolti, rispettati e assolutamente non scherniti.

Si dovrebbe sempre preparare il bambino alla separazione, spiegare l'importanza del momento, come imparare a dormire da soli o andare a scuola, incoraggiarlo a raccontare ciò che sente, magari aiutandolo a dare un nome all'emozione che prova: "sento che sei triste", "so che sei preoccupato", "è normale avere paura". È utile anche convalidare quell'emozione con la nostra esperienza: "anche la mamma il primo giorno di scuola era preoccupata e un po' spaventata!".

Da evitare le sparizioni improvvise. È importante salutare i bambini, dando la certezza che si farà ritorno, perché un adulto che mantiene le promesse è rassicurante, mentre un genitore che scompare improvvisamente può rendere un figlio insicuro. Altrettanto poco utili al benessere del bambino sono le false promesse - per quanto fatte a fin di bene - come assicurare un ritorno dopo soli 5 minuti, o i rimproveri e i paragoni con i compagni: "guarda Luca che non piange", oppure: "ormai sei grande, non devi piangere".

La rassicurazione è un momento psico-emozionale che richiede cura e attenzione, è essenziale accogliere il vissuto del proprio figlio, consolarlo attraverso un abbraccio per i più piccoli; con un abbraccio e una rassicurazione verbale: "adesso devo andare, ma tornerò a prenderti per poi pranzare insieme!" per i più grandi.

Il nostro bambino è unico, proviamo a non guardarlo in riferimento agli altri, neanche nella sua capacità di separazione. Tutti i bambini hanno tempi propri, osserviamolo nel suo modo di essere e di approcciare a ciò che gli accade, quindi impariamo anche a contestualizzare le sue reazioni al distacco rispetto ad eventi vissuti, come la nascita di un fratellino o un fatto traumatico o vissuto come tale.

Ci sono, poi, quelle situazioni in cui ci si può riconoscere incapaci di affrontare un momento della crescita del proprio figlio, senza che questo sia indicativo della propria capacità di essere genitori, e sono questi i momenti in cui ci si può rivolgere ad uno psicologo che ci guidi, avendo anche una prospettiva meno emotivamente coinvolta, oltre che esperta, nello scioglimento naturale dei nodi problematici o difficoltosi della normale crescita e maturazione dei nostri figli.

L'aiuto di uno psicologo, infine, diventa necessario quando le manifestazioni dell'ansia di separazione, per altri versi normali nello sviluppo di un bambino, diventano stabili nel tempo e creano manifestazioni comportamentali intense e continuative, con ripercussioni sul piano scolastico, sociale e psico/fisico.

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Scritto da

Dott.ssa Scilla Battiato

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