L’effetto spettatore e la diffusione della responsabilità

La tesi che Latané e Darley intendevano dimostrare è che la presenza di diverse persone aveva permesso di sottostimare il tragico evento.

16 GEN 2018 · Tempo di lettura: min.
L’effetto spettatore e la diffusione della responsabilità

Cosa s'intende per "effetto spettatore"? Perché in una situazione d'emergenza, se ci sono molti testimoni presenti, si riduce la disponibilità a offrire aiuto?

Nel 1964 Winston Moseley ci mise ben mezz'ora a uccidere la sua vittima, Kitty Genovese. Il tutto accadde a New York. Trenta lunghi minuti durante i quali ben 38 persone assistettero all'omicidio senza intervenire. Questa vicenda scosse enormemente l'opinione pubblica, non solo per l'efferatezza del crimine, ma anche perché i presenti non prestarono soccorso alla vittima. È quello che si conosce come il cosiddetto "effetto spettatore" (in inglese, bystander effect).

La spiegazione di questo fenomeno non riguarda la "perdita dei valori" della società - come si pensa normalmente: questa maniera di comportarsi di fronte a una situazione d'emergenza, infatti, è stata più volte al centro degli studi della psicologia.

In particolar modo, furono gli psicologi Bibb Latané e John Darley a studiare in maniera approfondita questo caso e le motivazioni dei testimoni. I due studiosi decisero di non prendere in considerazione le singole persone, bensì l'insieme. La tesi che Latané e Darley volevano dimostrare sostiene che la presenza di diverse persone permette di sottostimare il tragico evento. La responsabilità di chiamare i soccorsi o di intervenire, infatti, si diluisce fra i vari testimoni presenti.

L'esperimento

Per poter dimostrare la loro tesi, i due psicologi statunitensi eseguirono una ricerca su un gruppo di studenti di psicologia. Questi ragazzi dovevano partecipare a una discussione sulla vita universitaria. Tutto, però, avvenne attraverso un citofono e in anonimo, in cui ognuno poteva parlare a turno per due minuti. Durante la conversazione, un ragazzo ebbe una crisi epilettica e chiese aiuto agli altri.

L'esperimento venne ripetuto con gruppi di diverse dimensioni, dai due ai sei partecipanti. Come reagirono gli studenti? Quando il ragazzo con la crisi epilettica aveva un unico interlocutore, nell'85% dei casi l'altra persona si adoperò immediatamente per salvare la vittima. Quando invece la discussione avveniva in gruppo, solo il 31% intervenne per chiamare i soccorsi.

Di conseguenza, i due psicologi dimostrarono che più gente assiste a un'emergenza e meno probabilità ha la vittima di essere aiutata: il cosiddetto effetto spettatore.

Quali sono le motivazioni di questo fenomeno?

Secondo Latané e Darley, la principale causa di questo comportamento riguarda l'assunzione di responsabilità. Se il testimone presente è solo, infatti, sente maggiormente il peso della responsabilità. Al contrario, se ci sono più persone presenti, la responsabilità si diluisce e c'è una minore possibilità di intervento. Entra in azione, inoltre, la cosiddetta "ignoranza pluralistica": tutte le persone presenti pensano che gli altri siano maggiormente preparati e adatti ad affrontare la situazione. Ciò aumenta il rischio che tutti restino senza far niente e non prestino soccorso.

A tutto ciò, si aggiunge un altro elemento, la paura della valutazione altrui. Chi assiste all'evento ha il timore di mal interpretare la situazione a cui sta assistendo. Teme che, pur sembrando una emergenza, possa reagire in maniera esagerata e, di conseguenza, si inibisce.

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Scritto da

Dott. Matteo Agostini

Sono il Dott. Matteo Agostini, laureato in Scienze Psicologiche Applicate e con Laurea Magistrale in Psicologia Clinica. Ho acquisito competenze nell’ambito della psicologia clinica, della neuropsicologia clinica, e della psico-sessuologia. Sono Tutor per bambini e ragazzi con ADHD/DSA presso il CCNP San Paolo di Roma e consulente sessuale e nutrizionale.

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