L’accettazione (ovvero non sparate al postino)

Spesso lottiamo contro i segnali di qualcosa che non va o ci rassegniamo a soffrire senza combattere. Vi è una terza via che consiste nell'accettare la propria sofferenza come un messaggio..

23 APR 2015 · Tempo di lettura: min.
L’accettazione (ovvero non sparate al postino)

Quando ci troviamo di fronte ad una situazione di disagio ci rapportiamo spesso a questa in due modi diversi. Il primo di questi consiste nel cercare in tutti i modi di ignorarla, di evitarla o di combatterla con tutte le nostre forze perché esca da noi quasi fosse uno spirito maligno, il secondo modo è la rassegnazione.

Esempio lampante è quello che riguarda i disturbi del sonno per cui non riusciamo a dormire e ce la prendiamo con noi stessi o con il mondo e otteniamo come risultato un'ulteriore peggioramento della situazione.

L'altro modo di affrontare il dolore è spesso quello di rassegnarsi a questo facendolo parte di noi e arrendendoci a questo. Alcune depressioni sono alla base di questo meccanismo in cui la persona non ha più nemmeno la voglia di lottare contro la sofferenza e la fa diventare parte di essa. Molti problemi psicologici possono derivare da questo tipo di rapporto con la sofferenza.

A volte riusciamo ad usare questi modi per sopravvivere e andare avanti, cercando di dimenticare ciò che ci fa star male perché dobbiamo affrontare la vita. A volte questa è una soluzione che ci permette di campare, ma non sempre questi meccanismi ci portano vero benessere.

Esiste una terza via che è quella dell'accettazione consapevole del proprio disagio

Immaginiamo di essere a casa e suonano alla porta. È il postino che vi consegna una multa da pagare. Questa brutta situazione è capitata a tutti almeno una volta nella vita. E in questi casi cosa si fa? Si saluta il postino e si apre la busta. Poi decideremo in seguito se sia giusto pagarla subito o fare ricorso ma intanto la apriamo. Lo stesso può avvenire quando stiamo male interiormente. La sofferenza spesso non è altro che quel postino che ci consegna una lettera e ci dice che qualcosa non va. Sparare al postino e non aprire la lettera non serve a nulla, l'unica possibilità che abbiamo è quella di aprirla e sperare che la multa non sia troppo salata. Quando ci troviamo di fronte ad una situazione di disagio spesso ne veniamo investiti e cerchiamo in tutti i modi di liberarcene o ci facciamo inghiottire da questa.

È una cosa naturale e sono i meccanismi più semplici che abbiamo per affrontarla. E fino ad oggi quei meccanismi ci hanno tenuto in vita. Ora però forse ci meritiamo un altro modo per cercare di risolvere la situazione. Volare sulla sofferenza ci è spesso impossibile, quello che possiamo fare e nuotarci dentro e vedere dove questa ci porta. Accettare chi siamo e cosa ci sta accadendo è un punto fondamentale per la crescita e il cambiamento della persona.

Se perdo una persona cara ne soffro, se perdo il lavoro ne soffro e non c'è nulla che può alleviare il dolore. Ma se noi questo dolore lo prendiamo consapevolmente e accettiamo che ci sia, se iniziamo a pensare che quella sofferenza è giusta e ci rende umani forse possiamo imparare a nuotare sopra di questa e uscirne. La filosofia che si cela dietro questa idea deriva dalla meditazione orientale ed è stata introdotta in occidente da Jon Kabat-Zinn con la Mindfulness (leggere Kabat zinn - Vivere momento per momento, 2004, Tea Edizioni) nel tentativo di creare un nuovo filone di psicologia che non va tanto a togliere la sofferenza come fosse un bisturi ma cerca di coglierne il messaggio e in qualche modo la accetta.

Gli strumenti per farlo sono molti

Oltre ad essere tanti hanno a che fare con l'attenzione che rivolgiamo al nostro corpo e a quello degli altri. Ci sono alcune tecniche che possono essere insegnate per prendere contatto col proprio corpo (tecniche basate sulla Mindfulness (Kabat zinn, 2004) ma più in generale il lavoro del professionista credo sia quello di aiutare le persone a trovare il proprio modo di stare nel corpo e nelle sensazioni. La strada da percorrere è lunga e non è facile, ma spesso è una delle più percorribili quando la sofferenza non si riesce a curare con altri mezzi.

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Scritto da

Dott. Stefano Bugiani

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