La valutazione neuropsicologica dell’adulto: quando è utile e perché

L'invecchiamento cerebrale patologico porta con sé dei disturbi (di memoria, attenzione, linguaggio etc.) che è possibile indagare approfonditamente tramite gli strumenti del neuropsicologo.

7 OTT 2016 · Tempo di lettura: min.
La valutazione neuropsicologica dell’adulto: quando è utile e perché

Calo della memoria, difficoltà di concentrazione, rallentamento psicomotorio e della capacità di elaborare le informazioni provenienti dal contesto: queste sono solo alcune delle normali condizioni cui è possibile andare incontro con l'invecchiamento.

L'età avanzata infatti, porta con sé una fisiologica riduzione delle cosiddette funzioni cognitive, quelle abilità che modulano la nostra interazione con l'ambiente e che ci permettono di relazionarci con il mondo esterno agendo in modo proficuo e adattivo. Tuttavia, da ormai diversi anni sappiamo che tali capacità possono subire un decadimento anche di tipo patologico: la difficoltà a ricordare i nomi o gli avvenimenti, il disorientamento spazio-temporale, la riduzione dell'iniziativa, il senso di "confusione mentale" e alcuni cambiamenti comportamentali possono essere il segnale di un vero e proprio deficit conseguente ad una malattia degenerativa, ad un danno cerebrovascolare, ad una lesione post-traumatica o agli effetti di un tumore encefalico.

È quindi necessario sapere distinguere per tempo quelli che potrebbero essere precoci indizi di un deterioramento cerebrale allo scopo di poterne rallentare l'evoluzione ed eventualmente indicare l'intervento riabilitativo e/o farmacologico più adeguato. Definire una malattia neurodegenerativa ancor oggi richiede un percorso diagnostico molto complesso perché non esiste un esame clinico o strumentale che sia in grado di diagnosticare in modo certo la presenza, ad esempio, di una demenza di Alzheimer o una malattia di Parkinson, almeno nelle fasi iniziali.

Spostandosi all'ambito traumatologico, si osserva spesso come individui vittime di lesioni al capo (la maggior parte in seguito ad incidenti stradali) sviluppino una costellazione di sintomi cognitivi e alterazioni della personalità spesso invalidanti e bisognosi di un inquadramento clinico. Allo stesso modo, persone che hanno subìto un ictus o un attacco ischemico, possono presentare disturbi specifici in base all'area cerebrale colpita.

La Neuropsicologia è lo studio sperimentale delle relazioni intercorrenti fra il sistema nervoso centrale e la "mente".

La valutazione neuropsicologica è un esame clinico del comportamento condotto da uno psicologo specificatamente formato in questo ambito, che rappresenta, ad oggi, una delle più importanti sorgenti di evidenza riguardanti il danno neurocognitivo. Fornisce informazioni su funzioni cognitive e abilità apprese, comportamento e personalità in individui che hanno subìto alterazioni cerebrali ed ha come obbiettivo quello di rilevare manifestazioni comportamentali di funzioni cerebrali (eventualmente) compromesse.

Il neuropsicologo si avvale di tecniche specializzate quali la raccolta di informazioni anamnestiche, il colloquio clinico e l'uso di test per funzioni specifiche (Mondini et Al., 2003). Gli strumenti utilizzati sono standardizzati e le prestazioni dei soggetti in esame, ottenuti in compiti controllati, vengono confrontate con quelle di un gruppo normativo di riferimento, fornendo infine risultati in forma quantitativa mediante valore numerico. Un test per valutare le funzioni cognitive non è altro che la misurazione di un costrutto o funzione non osservabile (memoria, linguaggio, attenzione, percezione, ragionamento, abilità prassiche etc.), mediante la misurazione di un comportamento osservabile.

In altre parole, il neuropsicologo "osserva il cervello in azione", valuta l'eventuale presenza di anomalie basandosi su ciò che il soggetto fa e non solo su quello che egli riferisce di sé. Ad esempio, si potrebbe richiedere al paziente di rievocare una lista di parole o un racconto appena letto, di prestare attenzione a più stimoli contemporanemamente, di effettuare ragionamenti astratti, copiare dei modelli, effettuare un compiti di ricerca lessicale, denominazione o esplorazione dello spazio.

All'utilizzo di test e questionari si affiancano dati qualitativi derivanti dall'osservazione e dai colloqui col paziente e i suoi familiari, le cui informazioni aggiuntive risultano particolarmente utili in caso di colloquio con pazienti affetti demenza (anche nelle fasi iniziali) o trauma cranico grave: infatti, a causa dello scarso livello di consapevolezza, tali pazienti frequentemente tendono a negare qualsiasi sintomo cognitivo. Tale processo conoscitivo e decisionale consente di formulare ipotesi diagnostiche, prognostiche e riabilitative (da sottoporre all'attenzione del medico neurologo) sufficientemente obiettive in relazione agli effetti di un danno cerebrale (sia esso di origine dementigena, traumatica, vascolare, infiammatoria o tumorale).

Inoltre l'esperienza clinica del neuropsicologo può aiutare a distinguere il profilo cognitivo tipico di una demenza di Alzheimer da quello caratteristico di una demenza fronto-temporale o, ancora, differenziare il quadro clinico di una malattia degenerativa da quello di una patologia depressiva. Si tenga conto del fatto che spesso gli strumenti neuroradiologici (es. TAC o Risonanza magnetica) non rivelano anomalie della struttura o della funzionalità cerebrale pur in presenza di sintomi osservabili e rilevabili: l'esame delle funzioni cognitive contribuisce alla diagnosi di patologie neurologiche, anche quando gli esami strumentali non evidenziano segni clinici di rilievo.

La valutazione neuropsicologica permette poi di mettere a punto il trattamento di riabilitazione o sitmolazione cognitiva e verificarne l'efficacia: laddove possibile infatti, come nelle altre discipline sanitarie, le ipotesi diagnostiche dovrebbero essere finalizzate ad impostare un intervento terapeutico o di contenimento dei sintomi, spesso invalidanti e ingravescenti. Inoltre, è implicata nella verifica di efficacia in trial farmacologici ed è in grado di produrre dati di ricerca in ambito neurologico. La complessità dell'essere umano impone un profondo rigore nell'approccio clinico in ambito neuropatologico e richiede l'intervento integrato di più figure in comunicazione (es. neurologo, neuropsicologo, geriatra, logopedista) in grado di raccogliere dati clinici e anamnestici esaustivi e necessari alla comprensione del caso.

Citando Paul Ricoeur, autorevole filosofo, occorre quindi "spiegare di più per comprendere meglio": la valutazione neuropsicologica è un esame che mira ad approssimarsi a questo principio. Naturalmente è anche una scienza in evoluzione da cui ci si aspetta, nei prossimi anni, un potenziamento della capacità di "afferrare" in modo sempre più attendibile e accurato ciò che il paziente è o non è in grado di fare quotidianamente nel proprio mondo.

L'articolo originale è apparso sulla rivista di Federfarma Varese "Farmacia Fiducia" nell'edizione di marzo - aprile 2015.

PUBBLICITÀ

Scritto da

Dott. Stefano Lionetti

Consulta i nostri migliori professionisti specializzati in
Lascia un commento

PUBBLICITÀ

ultimi articoli su psicopatologie

PUBBLICITÀ