La respirazione e il suo ruolo nella gestione dell'ansia

 Nella gestione del disagio causato dall’ansia, la respirazione può giocare un ruolo molto importante.

16 GIU 2014 · Tempo di lettura: min.
La respirazione e il suo ruolo nella gestione dell'ansia
Imparare una respirazione adeguata rappresenta un’abilità “pronta all’uso” per gestire una forte ansia, quando si presenta magari improvvisamente, senza doversi sentire più costretti ad evitare certi luoghi o, più semplicemente, a fare delle cose che ci piacciono, per paura di sentirsi male.

Quando è presente un rilevante livello di ansia (e ancor più in disturbi quali quello di panico), si configura quella che viene chiamata “risposta di attacco- fuga”. Si tratta dell’attivazione nella nostra mente i così detti schemi di pericolo, legati ad un sistema di strutture cerebrali, tra cui l’amigdala, implicati nelle situazioni in cui una persona prova ansia o paura e che sembrano essere particolarmente attivi in chi soffre di un disturbo d’ansia.

L’ansia è dovuta ad una difettosa elaborazione delle informazioni che riceviamo dall’esterno, che riguardano:

  • Preoccupazione relativa al concetto di pericolo;
  • Sottovalutazione delle capacità personali di farvi fronte

L’attivazione di questo meccanismo ha contribuito alla salvaguardia dei nostri antenati e funziona in questo modo anche nell’uomo moderno, ma con conseguenze differenti: ora, una volta che lo schema si attiva non abbiamo generalmente la possibilità di fuggire davanti a un evento che consideriamo stressante, ma siamo costretti a rimanere  nella situazione e affrontarla, imparando a gestire l’ansia e il disagio che essa provoca.

Un aspetto importante di tale risposta è l’iperventilazione, o eccesso nella respirazione. L’iperventilazione peggiora i sintomi che si provano durante gli attacchi e si è visto che chi soffre di tali disturbi ha più paura di questi sintomi, piuttosto che della situazione considerata pericolosa.

Ogni volta che inspiriamo, l’ossigeno entra nei polmoni dove si lega all’emoglobina, una molecola dei globuli rossi e del sangue, che porta ossigeno in tutto il corpo e lo rilascia alle cellule, che a loro volta lo usano per avere energia e producono un “gas di scarico”, l’anidride carbonica. L’anidride carbonica passa nel sangue e viene trasportata ai polmoni per essere eliminata con l’aria espirata.

L’ossigeno si libera dall’emoglobina solo in presenza dell’anidride carbonica per cui, se è fondamentale respirare ossigeno, è importante anche che nel sangue sia sempre presente l’anidride carbonica. Il corpo lavora meglio quando queste due componenti sono in equilibrio.

Iperventilare, cioè respirare con una frequenza e/ o profondità eccessive rispetto ai bisogni dell’organismo in un certo momento, porta ad avere troppo ossigeno e troppa poca anidride carbonica, poiché con l’espirazione ne viene eliminata troppa.

Una delle conseguenze è il restringimento di alcuni vasi sanguigni, in particolare di quelli che portano il sangue a certe aree del cervello. Un’altra è l’aumento del legame dell’emoglobina con l’ossigeno. Di conseguenza, con l’iperventilazione arriva sì più ossigeno ai polmoni, ma sorprendentemente ne arriva meno a certe aree del cervello e del corpo, dove passa meno sangue e si libera meno ossigeno.

Ne derivano i seguenti sintomi:

  • mancanza d’aria
  • senso di testa leggera
  • stordimento
  • senso di irrealtà e stranezza del proprio corpo
  • senso di irrealtà delle cose circostanti
  • senso di confusione
  • tachicardia
  • formicolio alle mani, ai piedi e al viso
  • rigidità muscolare
  • mani sudate
  • bocca o gola secca 

Uno dei sintomi più angoscianti dell’iperventilazione è la sensazione di mancanza d’aria, che porta a cercare di respirare ancora più profondamente o velocemente, peggiorando però i sintomi.

Se l’iperventilazione dura a lungo, i sintomi precedentemente indicati possono aggravarsi e divenire: vertigini, nausea, sensazione di fatica a respirare, sensazione di costrizione, peso o dolore al torace, paralisi muscolari, aumento dell’apprensione e del senso di allarme, fino al terrore che qualcosa di terribile stia per accadere, come un attacco di cuore, un’emorragia cerebrale o, peggio, la morte. 

Quando si iperventila si consuma più energia di quanta ne abbia bisogno, il che può portare a sentirsi accaldati o arrossati, sudare molto, sentirsi stanchisentire i muscoli affaticati, specie i muscoli del torace 

Come si potrà notare, i sintomi dell’iperventilazione sono in tutto e per tutto simili a quelli dell’attacco di panico ed è piuttosto facile interpretarli come indicatori della presenza di una grave malattia fisica. Chi li interpreta in questo modo diventa più ansioso, aumentando l’iperventilazione e facendo persistere e peggiorare i sintomi. Se l’iperventilazione rimane contenuta, non cresce troppo, non si scatenerà un attacco di panico, ma solo un prolungato stato di apprensione.

È importante sottolineare che l’iperventilazione fa parte di una risposta di attacco o fuga, è quindi parte di una normale risposta fisiologica e non è pericolosa, perché i sintomi relativi sono sì spiacevoli, fastidiosi e possono spaventare, ma non sono dannosi e scompaiono quando si smette di iperventilare.

Il corpo infatti dispone di diversi meccanismi automatici per ostacolare un eccessivo sbilanciamento del rapporto tra ossigeno e anidride carbonica, analoghi a quelli che mantengono stabile la pressione corporea, a quelli che regolano la fame, il sonno e la temperatura corporea. Inoltre, dal momento che la respirazione è anche un processo volontario (si pensi a chi nuota in apnea sott’acqua), perciò si può imparare a controllarla.

Finché l’organismo riesce a compensare la diminuzione dell’anidride carbonica, l’iperventilazione può essere spesso subdola e non essere evidente a chi osserva e persino a chi la ha. Poiché però la concentrazione di anidride carbonica è bassa, l’organismo può essere incapace di far fronte ad altre diminuzioni e anche piccoli cambiamenti nella respirazione (respiro o sbadiglio), possono scatenare i sintomi suddetti.

 Tipi di respirazione eccessiva

Ci sono almeno quattro tipi di respirazione eccessiva, che bisogna imparare a riconoscere. I primi tre tendono ad essere episodici, cioè si verificano in presenza di episodi di ansia grave, mentre il quarto, una cattiva abitudine di respirazione, è abituale, cioè presente per gran parte del tempo.

  •  Affanno o respiro rapido: si verifica durante episodi di grave paura o ansia. Riduce molto velocemente i livelli di anidride carbonica e porta ad un rapido aumento dell’ansia.
  • Sospiri o sbadigli: si verificano di solito duranti momenti di delusione o di depressione e portano a respirare troppo profondamente.
  • Boccheggiare (ansimare a bocca aperta): si verifica quando una persona pensa a qualcosa che le fa paura, ad esempio quando immagina di fare qualcosa che ha a lungo evitato.
  • Respiro eccessivo cronico abituale: è costituito da un aumento leggero ma prolungato della profondità o della velocità del respiro, di solito in periodi di forte preoccupazione. Dà luogo ad uno stato di continua apprensione, leggero stordimento e difficoltà a pensare con chiarezza. Può portare a un vero e proprio attacco di panico in chi aumenta anche di poco la sua respirazione, ad esempio perché pensa o si trova di fronte a una situazione temuta.
Istruzioni per l'uso

 Il primo passo per riconoscere l’iperventilazione è riconoscere di averla. È in ogni caso importante riconoscere di avere una frequenza di respirazione elevata. E' molto importante, quindi, che la persona che ha un'ansia eccessiva osservi con più attenzione la sua respirazione.

La frequenza respiratoria media, che possiamo prendere come riferimento, è di circa 10/12 respiri al minuto. Spesso le persone più ansiose hanno anche una frequenza respiratoria più elevata che, di base, potrebbe predisporre ad un livello generale di attivazione maggiore.

E' pertanto utile, in questi casi, apprendere tecniche di respirazione come la respirazione lenta, un tipo di respirazione addominale (cioè, quando respiriamo, possiamo notare l'addome gonfiarsi e sgonfiarsi), che può essere esercitata quotidianamente in sessioni di pochi minuti durante i quali, contando mentalmente, si insipa ed espira in modo, appunto, lento.

All'inizio molti pazienti potrebbero trovarla "macchinosa" e un po' innaturale, ma permette di abbassare considerevolmente la frequenza respiratoria e, una volta padroneggiata, può essere messa volontariamente in atto appena si riconoscono i segnali corporei che generalmente segnalano un aumento del livello dell'ansia (soggettivi, ogni paziente viene istruito a riconoscere i suoi).

Ciò può favorire una loro riduzione un tempi brevi, scongiurando attacchi di panico o ansia eccessiva.

 

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Scritto da

Dott.ssa Eleonora Agostini

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