La recettività materna a emozioni e sensazioni del bambino: "La Rêverie materna"

La capacità di pensare evolve nella prima relazione tra madre e bambino, dall’introiezione di una madre capace di comprendere l’esperienza del bambino e di dargli significato. (Bion,1962)

15 FEB 2021 · Tempo di lettura: min.
La recettività materna a emozioni e sensazioni del bambino: "La Rêverie materna"

"Rêverie sta a designare lo stato mentale aperto alla ricezione di tutti gli "oggetti" prove­nienti dall'oggetto amato,quello stato cioè capace di recepire le identificazioni proiettive del bambino, indipendentemente dal fatto se costui le avverta come buone o come cattive"(Bion 1962)

Il termine francese rêverie, che nella sua accezione più comune indica il sognare dello stato di veglia, e riguarda tutti gli esseri umani in tutte le fasi della loro vita, fu introdotto da Bion nel saggio del 1962 "Apprendere dall'esperienza" per indicare lo stato mentale aperto alla ricezione di tutto ciò che proviene dall'oggetto amato e, più specificamente, la recettività della madre alle emozioni ed alle sensazioni che il bambino piccolo le trasmette con modalità di comunicazione molto primitive, tra cui la principale è l'identificazione proiettiva.

Nella concettualizzazione di Bion la rêverie è collegata alla funzione alfa, una funzione mentale che serve a metabolizzare i dati sensoriali grezzi e a renderli utilizzabili come esperienze dotate di significato e in grado di promuovere la capacità di pensare.

Si tratta di uno stato in cui la madre è invasa da ciò che immagina sia la vita interiore del bambino. Questo è lo stato attraverso il quale la madre accoglie e comprende le comunicazioni affettive dell'infante: così è in grado di contenere e modificare l'intensità della vita affettiva del piccolo e lui impara a gestire con maggiore capacità stati emotivi di peculiare intensità. La rêverie materna è quindi la capacità della madre di ricevere le impressioni emotive e sensoriali del bambino, e di elaborarle in una forma che la psiche del neonato possa re-introiettare e assimilare.

Secondo Bion l'esperienza non può diventare pensabile, né in modo conscio né in modo inconscio, se non è trasformata in rappresentazioni elementari, gli elementi alfa, per opera della funzione psichica materna chiamata dapprima lavoro del sogno alfa e successivamente, funzione alfa.

In "Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico" 1967, Bion spiega:

"Mi è sembrato utile introdurre l'ipotesi di una funzione alfa avente il compito di convertire i dati sensoriali in elementi alfa per provvedere in tal modo la psiche del materiale che le necessita per fabbricare i pensieri del sogno; svolgendo questo ruolo la funzione alfa renderebbe anche possibile il costituirsi dei due stati, di veglia e di sonno, e delle due situazioni, di coscienza e di incoscienza. (...) Se, tra madre e bambino, viene a mancare la possibilità che si stabilisca una relazione basata su un'identificazione proiettiva normale, verrà pure meno lo svilupparsi di una funzione alfa, vale a dire della possibilità di differenziare gli elementi in coscienti e incoscienti".

Con la rêverie la madre mette la propria funzione alfa al servizio di quella, ancora immatura, del bambino: si prende cura del figlio piccolo, lo contiene, e gli insegna a pensare attraverso la propria funzione alfa, in quanto gli restituisce gli elementi predigeriti, pronti per essere pensati o sognati. Il seno può essere visto come prototipo del "contenitore" che allevia il malessere del bambino fornendo una gratificazione corporea attraverso il latte, una affettiva, ossia amore e una conoscitiva, dando significato all'esperienza.

Le inevitabili frustrazioni nel rapporto col seno, scatenano nell'infante sensazioni angosciose, che soltanto dopo essere state contenute e metabolizzate nella mente della madre, possono venire assimilate e tollerate dal bambino. La capacità del bambino di tollerare gradualmente le frustrazioni, permette lo sviluppo del pensiero, come mezzo attraverso cui, la frustrazione diventa essa stessa più tollerabile.

La capacità di pensare "nasce dall'assenza", il primo problema di conoscenza parte dal bisogno, dalla frustrazione e dalla capacità della madre di pensare i pensieri del bambino. Insieme alle proprie esperienze emotive rese pensabili, il bambino introietta così un oggetto contenitore, accogliente e comprensivo col quale identificarsi, sviluppando progressivamente la sua capacità di pensare. La soluzione è per il bambino un'esperienza fisica, ma anche un'esperienza emotiva che è essenziale per lo sviluppo psichico. Con la rêverie, la madre provvede al bisogno di amore e di comprensione del bambino, così come con il latte provvede al suo nutrimento. Se non fosse associata all'amore per il bambino o per suo padre, precisa Bion, la rêverie materna non sarebbe davvero tale.

Il riferimento al legame con il padre indica che l'intimità del contatto emotivo nella rêverie, non equivale a una esperienza fusionale che isola la madre dai suoi oggetti interni e dal mondo esterno. Ciò che è importante è la qualità del legame e l'adeguatezza nel garantire nella mente della madre uno spazio insaturo, aperto ad accogliere la specificità del neonato e ad offrirgli un riconoscimento simbolico.

La rêverie materna si esercita allo stesso modo su tutti i dati sensoriali attraverso i quali il bambino ha coscienza del Sé e sulle emozioni di ogni genere, perché a causa della sua immaturità questi dati sono per lui, nel loro insieme e a priori, non elaborabili, se non vengono evacuati nella madre e resi assimilabili da lei.

Se la relazione seno-bambino permette al neonato di proiettare una sensazione dentro la madre, e di re-introiettarla dopo che il suo soggiorno nel seno l'ha resa assimilabile per la sua psiche, allora si avrà uno sviluppo normale.

Se invece la madre non raccoglie dentro di sé la proiezione, per gravi carenze della rêverie materna, l'impressione che il neonato avverte è che la sua sensazione è stata spogliata di senso: ciò che re-introietterà non sarà più una sensazione resa tollerabile, ma un terrore senza nome, non integrabile nella sua personalità in via di sviluppo. (Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico, Bion, 1967).

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Scritto da

Dott.ssa Paola Zampiglia

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Bibliografia

  • Bion W.R. (1962). Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Roma, Armando, 1970.
  • Bion W.R. (1962). Apprendere dall'esperienza. Roma, Armando, 1972.

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