La paura di parlare in pubblico: storia di un caso

Sai che numerosi grandi manager soffrono della paura di parlare in pubblico o di arrossire? in Questo articolo ti parlo di un caso che ho trattato personalmente, buona lettura.

25 APR 2014 · Tempo di lettura: min.
La paura di parlare in pubblico: storia di un caso
Tempo fa entrò, nel mio studio, un uomo intorno alla 40ina ben curato e di bell’aspetto che dopo avermi stretto la mano ed essersi presentato, si accomodò frettolosamente a sedere davanti alla mia scrivania.

T.: Bene, che cosa l’ha portata a venire qua, a Livorno, da me? Lei è di …. vero?

X. mi risponde quasi imbarazzato: si, sono del nord Italia, arrivo qua grazie ad un suo collega per un problema che mi attanaglia da molto tempo e al quale non sono mai riuscito a trovare una soluzione definitiva.

T.: La prego, si spieghi meglio gli dico…

X.: vede, io faccio parte di un‘importante azienda che opera in tutta Italia e all’Estero; il mio lavoro mi piace, viaggio molto e guadagno molto bene e, fino a poco tempo fa, ero ritenuto l’astro emergente sul quale puntare tutto l’avvenire dell’azienda. Sono stato sempre tenuto in rilevante considerazione da tutto il vertice dell’azienda riuscendo a fare cose che, in questi tempi di crisi, erano ritenute irrealizzabili ma, ora, la magia è finita.

Con queste ultime parole X scoppiò in un pianto frenetico, nervoso, incontrollabile.

T.: Vada avanti, risposi

X.: Vede, il mio lavoro mi porta costantemente a stringere accordi, tenere interventi in ambito manageriale, prendere decisioni in fretta, ad alto carico di responsabilità. Due anni fa, guardando casualmente la televisione ascoltai il caso di una ragazza che parlava della paura di parlare in pubblico.

Come un tarlo, con il passare dei giorni, quest’idea mi corrose; iniziai a pensare “… e se mi bloccassi? Che cosa succederebbe? che ne sarebbe del mio futuro, se perdessi la magia?”.

Il solo pensarlo scatenò in me una profonda paura ingiustificata, perché non mi è mai successo di bloccarmi o arrossire davanti a persone ma anzi, più folte erano le schiere che di solito dovevo fronteggiare, più efficace era il mio intervento.

Con il passare del tempo iniziai a darmi per malato alle riunioni; iniziai ad evitare di farmi vedere troppo negli ambienti dove la probabilità che mi fosse richiesto d’intervenire e dire la mia fosse alta; iniziai ad isolarmi e lavorare principalmente via telefono, come fanno “i novellini”.

Oggi, posso dire di essermi rovinato: sono stato retrocesso di posizione, nessuno scommette più su di me ed è come se tutto quello che avessi fatto in passato per l’azienda sia stato magicamente cancellato. Dott. Che cosa posso fare?

Dopo una serie di domande e risposte, definimmo insieme il problema e l’obiettivo.

Incominciai, come si fa in questi casi, a mettere il cliente davanti alle azioni che compie nei confronti del problema che vuole risolvere e li dissi: << Da qui al nostro prossimo appuntamento inizia a pensare, tutti i giorni, a che cosa faresti per peggiorare il tuo problema, annota la risposta su un taccuino e la sera segna con una bella “V” ciò che hai realmente fatto per peggiorare; al nostro prossimo appuntamento ne parleremo insieme.

Inoltre, se ti fosse richiesto di esporti ad un intervento in pubblico inizia pure così: <> detto ciò, inizia il tuo discorso.

X.: ma dottore è impossibile che ora come ora possa sostenere di parlare davanti anche solo a più di 2 persone?!

Gli risposi… <>.

Dopo due settimane X. tornò da me con un’aria strana, ci salutammo e subito capii che qualcosa era cambiato, ero curioso di sapere cosa.

X.: Vede dr. mi sono reso conto che, con l’esercizio di pensare a come potevo peggiorare il mio problema, ho capito che erano proprio le azioni che adottavo che mi facevano peggiorare. Evitare non significa aiutare a risolvere ma solo aiutare a peggiorare o, ancora meglio, evitare non serve proprio a niente. Di conseguenza dopo i primi tre giorni ho cercato volutamente di non fare più niente di quello che facevo prima ed è stato un po’ come risentirmi quello di una volta.

Deve sapere anche un’altra cosa… lo scorso sabato, era il compleanno di mia cugina e, prima di spengere le candeline, il suo ragazzo, che aveva sentito parlare di me e dei miei successi passati, mi ha presentato a tutti chiedendomi di fare un discorso per i 30 anni di mia cugina e, dato che ero del tutto impreparato, ho iniziato il mio discorso con la frase che mi aveva suggerito.

Il risultato è stato che dopo un inizio tremolante, ho parlato per 10 min di seguito e, appena finito, tutte le persone si sono alzate in piedi ed hanno incominciato ad applaudirmi e riempirmi di complimenti. Era da tanto che non mi sentivo così. Che cosa mi ha fatto?

Ah dissi io, non ho fatto proprio niente, hai fatto tutto da solo…

X.: lei è strano dottore! … gli risposi: Si, lo so, grazie!

Ci lasciammo così, mantenendo gli esercizi…

Alla terza seduta X. mi raccontò che aveva ripreso il controllo della sua vita e che aveva ritrovato il coraggio di esporsi direttamente con i vertici dell’azienda per la quale lavorava, riconquistando grazie ad un intervento, parte della loro fiducia.

X. concluse dicendomi che aveva vissuto gli ultimi due anni della sua vita nella paura ma ora, questi due anni sembravano anni luce, lontano da lui.

L’intervento breve strategico messo in atto con X. è stato breve, diretto e centrato sulle risorse evitando così dispendio di tempo e denaro.

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Scritto da

Dr Enrico Chelini Centro di Terapia Breve Strategica

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