La pandemia oggi: conosci gli effetti psicologici del ricovero Covid?
Il Covid e la pandemia oggi ci hanno portato a determinare non solo gli effetti fisici che hanno sofferto alcuni pazienti per il ricovero ospedaliero Covid, ma anche gli effetti psicologici.
La pandemia che ormai dal 2020 ha colpito l’intera popolazione mondiale presenta ancora delle caratteristiche nascoste: ad oggi possiamo affermare che, benché la ricerca abbia fatto numerosi passi in avanti in poco tempo, non sappiamo bene come poterla definitivamente debellare e quali sono le reali conseguenze che essa avrà sulle persone che hanno contratto il covid a lungo termine.
Ansia e depressione da Covid
Abbiamo potuto constatare, purtroppo anche vivendolo in prima persona, quelli che sono gli effetti psicologici negativi non propri del virus SARS-CoV-2 ma della sua gestione primaria, ovvero l’isolamento. Quest’ultimo ha generato in molte persone dei vissuti di ansia e depressione non solo a causa del fatto che hanno dovuto abbandonare ogni tipo di evento sociale o ludico, cose che sono senza dubbio importanti per la natura dell’uomo, ma anche perché si sono sentiti “forzati” a farlo. Proprio questo senso di mancata libertà è stato riscontrato da molte persone come debilitante e invasivo.
Come sappiamo, oltre chi ha vissuto il Covid tra le mura domestiche, vi sono quelli meno fortunati che sono stati ricoverati in ospedale. Il senso comune ci porterebbe a pensare che quest’ultimi siano coloro che maggiormente hanno risentito degli effetti negativi del Coronavirus, sia fisicamente che sul piano psicologico. Ma è davvero così?
Cosa dice la ricerca sugli effetti psicologi del ricovero Covid?
Una recentissima ricerca effettuata dall’unità di riabilitazione dal Covid dell’Ospedale San Raffaele di Milano (Alemanno F. et al., 2021) ha studiato un campione di 87 pazienti in fase acuta che sono stati suddivisi in quattro gruppi in base all’assistenza respiratoria ricevuta: il primo gruppo riguardava coloro che erano sottoposti a intubazione orotracheale, il secondo quelli con ventilazione non invasiva con pressione positiva bifasica delle vie aree, il terzo gruppo aveva le maschere di Venturi e il quarto gruppo era privo di ossigenoterapia; questi soggetti sono stati sottoposti ad una batteria di test neuropsicologici per indagare l’eventuale compromissione delle capacità cognitive ed emotive durante e dopo il trattamento in ospedale. Il senso comune potrebbe portarci a pensare che i soggetti del primo gruppo, cioè quelli che hanno subito l’ossigenoterapia più invasiva di tutte, siano risultati anche quelli più debilitati e invece i dati hanno dimostrato che tra tutti avevano ricevuto i punteggi più alti ai test cognitivi e non avevano mostrato peggiori alterazioni dell’umore.
Cosa può fare la psicologia per i problemi psicologici post ricovero covid?
A questi dati molto interessanti sono state date diverse interpretazioni: come prima cosa il primo gruppo, quello che ha subito un’ossigenoterapia più intrusiva, era composto da soggetti in media più giovani del resto del campione quindi l’età può essere stata una causa del mantenimento delle abilità cognitive; in secondo luogo, i soggetti del primo gruppo hanno ricevuto una maggior quantità di ossigeno rispetto agli altri e questo ha fatto in modo che il cervello continuasse la sua normale attività metabolica senza compromettere troppo le sue funzioni. Anche a livello di stress percepito e sintomi depressivi è stato riscontrato che i soggetti che hanno subito l’intubazione orotracheale avessero reagito meglio non riportando livelli significativi di stress nel post trattamento, questo dato potrebbe andare contro la logica comune per cui “tanto più una persona sta male e tanto più è soggetta a stress” ma in questo caso l’essere anestetizzati o non totalmente in possesso del proprio stato cosciente ha fatto da fattore protettivo; parafrasando quest’affermazione si potrebbe dire che i soggetti ospedalizzati ma totalmente coscienti di quello che gli stava accadendo riportavano più alti livelli di stress e sintomi depressivi per il fatto che avevano vissuto “pienamente” il loro percorso di cura e quindi ne erano rimasti maggiormente traumatizzati.
Questa ricerca, ed altre affini, sono assolutamente utili poiché aprono le porte non solo all’interpretazione di come si possa sentire un paziente durante una fase di ospedalizzazione ma anche al modo in cui sarebbe opportuno intervenire dal punto di vista psicologico: in questi casi è opportuno che psicologi e neuropsicologici possano collaborare insieme e facciano degli interventi specializzati per ogni tipologia di paziente. Non dobbiamo dimenticare che quando si parla di persone non è giusto trattarle solo da un unico punto di vista ma saper apportare vari tipi di approcci per offrire un trattamento migliore. Il lavoro dei medici è stato tremendamente utile e ha concesso di salvare centinaia di vite umane, tuttavia è giusto anche non abbandonare il paziente durante e dopo il ricovero ospedaliero ma accompagnarlo psicologicamente verso una giusta ripresa, puntando sul benessere generale.
Se pensi di soffrire degli effetti psicologici del ricovero Covid, prova a parlarne con uno psicologo specialista.
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