La depressione post partum

L'articolo descrive le caratteristiche della depressione post-partum nelle sue diverse manifestazioni, e fornisce indicazioni relative ai possibili modi di affrontarla.

11 MAR 2016 · Tempo di lettura: min.
La depressione post partum

La depressione post partum è un disagio psicologico che ha inizio entro le prime quattro settimane successive al parto.

Colpisce tra il 15% e il 25% circa delle donne, ma spesso si risolve in breve tempo, spontaneamente e senza lasciare traccia. In alcuni casi invece può evolvere in un disturbo molto grave i cui sintomi possono andare dall'umore deflesso fino ad un comportamento di rifiuto verso il proprio bambino. Talvolta i primi segnali che indicano una possibile forma di depressione post partum possono manifestarsi già in gravidanza.

I fattori di rischio Lo psicoanalista inglese Winnicott ha coniato il termine "Baby Blues" per indicare una condizione di lieve disagio interiore che si presenta dopo il parto, caratterizzato da irritabilità, crisi di pianto immotivate, inquietudine e angoscia. Solitamente, si risolve in modo spontaneo quando i livelli ormonali ritornano nella norma. In alcuni casi però, tale condizione può evolvere in una vera e propria depressione i cui sintomi principali sono:

  • umore basso o irritabile
  • crisi di pianto
  • sentimenti di inadeguatezza nei confronti del nuovo ruolo
  • perdita dell'appetito
  • insonnia
  • sintomi ossessivi, come la paura di poter fare del male al bambino
  • trascuratezza
  • disinteresse nei confronti del bambino e delle attività quotidiane.

Questi sintomi hanno rilevanza perché non solo ostacolano il recupero fisico della madre, ma possono anche compromettere il benessere del neonato. Ad esempio, l'incapacità di prendere sonno può rendere maggiormente difficoltoso doversi svegliare presto per allattare il bambino, mentre l'irritabilità può rendere più complicata la gestione dei figli e la relazione di coppia. Talvolta lo scarso sostegno che la donna riceve dal partner può far scaturire incomprensioni e conflitti.

All'origine di tale disagio può esservi un senso di frustrazione, insicurezza e di inadeguatezza "latente"che la maternità fa emergere. Talvolta a ciò può aggiungersi il senso di colpa per non essere in grado di prendersi cura adeguatamente del neonato.

I fattori di rischio

I fattori di rischio alla base del disturbo possono essere molteplici. Tra questi, la presenza di disturbi dell'umore precedenti alla gravidanza (o la familiarità con essi), precedenti esperienze di depressione e/o di depressione post partum. Fattori da non sottovalutare sono inoltre l'eventuale presenza di complicazioni mediche durante il parto e/o la gravidanza, eventuali caratteristiche di personalità che rendono il soggetto vulnerabile allo sviluppo di questo malessere, presenza di eventi stressanti nel periodo della gravidanza e/o nel post partum, quali ad esempio lutti, gravi malattie, disoccupazione e una condizione di solitudine.

Sono poi numerosi i fattori che dopo il parto possono influenzare lo stato d'animo. Innanzitutto la donna si ritrova improvvisamente in un corpo diverso da quello lasciato nove mesi prima e che non riconosce più. Una donna può poi trovarsi impreparata ad affrontare i dolori del travaglio e del parto, e le nuove imminenti responsabilità che il ruolo di madre impone. Inoltre la maternità rappresenta un momento importante anche dal punto di vista della riorganizzazione famigliare: ritmi e abitudini ormai consolidati vengono stravolti e le energie di una donna vengono completamente assorbite dal nuovo arrivato. I partner, a loro volta, possono trovarsi in difficoltà in questa fase di cambiamento.

Come agire?

Per quanto riguarda la cura della depressione post partum, vista la complessità che una donna in queste condizione può esperire, un trattamento particolarmente efficace è quello multidisciplinare, che si avvale di un team di professionisti composto da ostetrica, psicologa e pediatra. In generale l'intervento dovrebbe aiutare la donna in difficoltà ad acquisire la consapevolezza che ogni neo-mamma sa affrontare le difficoltà e che il nuovo ruolo va acquisito gradualmente, nell'esperienza quotidiana con il proprio bambino.

Tuttavia l'intervento psicologico dovrebbe essere individualizzato, in funzione della storia, del contesto di vita, delle risorse e delle difficoltà specifiche della persona. Ad esempio, all'interno di ogni storia si dovrebbero considerare i seguenti aspetti: quali erano le aspettative e le motivazioni rispetto alla gravidanza? Qual'è il vissuto soggettivo della madre nei confronti dei cambiamenti connessi alla maternità? La qualità e la quantità del supporto sociale ricevuto sono adeguate?

In conclusione, uno dei momenti potenzialmente più belli per una donna talvolta può trasformarsi in un disagio che è importante riconoscere e su cui è necessario intervenire tempestivamente. Il trattamento, dovrebbe essere personalizzato e costruito ad hoc sulla singola paziente, analizzando le sue caratteristiche personali e la sua storia, in modo da proporre indicazioni mirate e relative al suo specifico e unico modo di essere mamma.

Con un supporto adeguato, gradualmente la neo mamma imparerà a conoscersi e a misurarsi in questo nuovo ruolo, acquisendo quella sicurezza che solo l'esperienza e il contatto con il proprio figlio potranno darle. L'accresciuto interesse verso l'argomento ha finalmente potuto offrire legittimità alla patologia, agevolando così la richiesta d'aiuto anche da parte di quelle mamme che faticano a manifestare questo tipo di disagio. Pertanto, è opportuno lasciare da parte l'eventuale imbarazzo o la reticenza e vedere la ricerca di supporto come un gesto d'amore nei confronti di se stesse e del proprio bambino.

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Scritto da

Dott.ssa Beatrice Villa

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