La depressione, la malattia sociale in aumento tra gli italiani

I preoccupanti dati della depressione in Italia: il lato oscuro del “bel paese”. Analisi e dati per capire meglio questo fenomeno e le possibili conseguenze dal punto di vista sociale.

17 FEB 2016 · Tempo di lettura: min.
La depressione, la malattia sociale in aumento tra gli italiani

La Depressione è il nuovo male che affligge l'umanità, senza discriminazione di sesso, di età, di razza, di posizione geografica o credo religioso. Si potrebbe quasi definire una malattia "democratica" per la trasversalità delle sue vittime, però, nonostante tutto, è possibile cogliere delle sfumature dai dati raccolti su GuidaPsicologi.it e dall'Organizzazione Mondiale della Salute per capirla con più precisione.

I nostri dati

Osservando i dati delle richieste del portale dal 2013 al 2015, abbiamo notato che il numero di persone che hanno deciso di rivolgersi a specialisti in depressione è aumentato. Mentre nel 2013 si posizionava in sesta posizione nella classifica dei servizi più richiesti, nell'ultimo anno occupa già il quarto posto, mostrando un incremento totale delle richieste di ben il 72%.

L'indagine della OMS

Questo dato sembra essere confermato dalle allarmanti notizie inviate da tutto il mondo rispetto alla preoccupante diffusione di questa malattia. La stessa OMS negli ultimi anni ha concentrato gran parte della sua campagna nel prevenire e riconoscere la depressione sin dai suoi primi stadi, arrivando a diagnosticare che nel 2020 sarà la malattia più diffusa tra le malattie mentali e la seconda dopo le cardiovascolari. Gli studi dell'Organizzazione dell'Ottobre 2015 mettono in risalto questi punti:

  • 350 milioni di persone di tutte le età soffrono di depressione
  • La depressione è la principale causa di disabilità in tutto il mondo
  • Sono più le donne ad esserne colpite
  • La depressione può portare al suicidio
  • Vengono colpite maggiormente le persone di condizione economica disagiata.

La parola all'esperto

Tutti questi dati ci portano a riflettere sulla gravità della questione e su quanto sia necessaria una strategia di intervento convergente da tutte le parti. Noi di GuidaPsicologi produciamo numerosi articoli in materia sia per riconoscere la malattia che per fornire validi strumenti per affrontarla. Ecco perché riteniamo fondamentale la collaborazione coi nostri esperti a cui vogliamo rivolgere i seguenti dubbi, e oggi ne parliamo col Dott. Matteo Monego, Psicologo e Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, esperto in disturbi d'ansia ed attacchi di panico, disturbi della personalità e dell'umore.

Perché la depressione è così trasversale e diffusa in tutto il mondo?

Perché aumenterà nei prossimi anni? Quali sono le sue cause sociali?

M: Di depressione in senso clinico ne soffre circa il 10-15% della popolazione, con una fascia di età che va dai 25 ai 45 anni e con un'incidenza maggiore nelle donne. È un disturbo trasversale e diffuso in tutto il mondo perché non è sempre legato ad un singolo avvenimento. Alla base possono esserci cause biologiche ed ereditarie e psicologiche, legate, queste ultime, ad esperienze infantili che influenzano l'individuo nel reagire a situazioni recepite come stressanti.

Il fattore scatenante, ciò che può portare ad un primo episodio depressivo, è quasi sempre un evento stressante a livello emotivo e cognitivo (perdita del lavoro, lutto, fine di una relazione significativa, cambiamenti fisici legati all'età e/o ad una malattia) o quantomeno vissuto come tale: anche la nascita di un figlio o un matrimonio, in genere considerati dal mondo circostante avvenimenti positivi, possono essere vissuti da un individuo come "perdita" di qualcosa precedentemente acquisita.

Il motivo per cui diventerà nei prossimi anni una delle principali malattie è da ricercarsi nel peggioramento delle condizioni di vita di larga parte della popolazione. Perdita del lavoro, povertà crescente, tagli da parte degli Stati alla sanità e alla prevenzione delle malattie, una generale sfiducia sul futuro, soprattutto nei giovani, causata dalla crisi economica che stiamo attraversando.

Dal punto di vista delle cause sociali, sicuramente viviamo oggi in una società in cui l'essere umano sta perdendo sempre di più l'aspetto spirituale: le relazioni sono sempre meno profonde e spesso coltivate attraverso l'uso dei social, i valori tendono ad essere sempre più materiali e quindi sempre più effimeri e fragili, gli individui sempre più soli in una società sempre più popolata…

In Italia, si può immaginare uno scenario differente?

Cosa dovrebbe fare lo Stato Italiano per prevenire una malattia di questa portata?

M: Non credo che in Italia ci si possa immaginare uno scenario differente. Siamo ancora uno Stato in cui vige una certa diffidenza nei confronti della psicologia e una certa ignoranza circa i principali disturbi psicologici. Capita più spesso di quello che si possa pensare di sentire persone non chiedere aiuto ad uno psicologo per paura di essere etichettati come "matti": la conseguenza, purtroppo, che gli individui chiedano aiuto quando ormai il problema è radicato e molto complicato da risolvere.

Negli ultimi anni, inoltre, i governi hanno stanziato sempre meno fondi a settori nevralgici dello Stato come la sanità e l'istruzione che, a loro volta, hanno dovuto ridurre i servizi gratuiti ai cittadini nonché i servizi di prevenzione a partire dai primi anni di scuola.

Cosa possono fare le famiglie del malato di depressione?

M: Credo che l'atteggiamento migliore che possa avere una famiglia di fronte alla sensazione che un suo membro possa essere depresso sia quello di chiedere aiuto ad un esperto, anche nel caso in cui il "malato" si rifiuti di farsi aiutare.

Capire una malattia è il primo passo per avere il giusto atteggiamento nei confronti della persona colpita: alcuni atteggiamenti che ci possono sembrare di aiuto possono essere in realtà peggiorativi della situazione.

Cercare di stimolare una persona depressa, ad esempio, può in alcuni casi aumentare sia il suo senso di colpa che la nostra sensazione di inutilità, generando sentimenti di frustrazione e a volte persino di rabbia. Potrebbe essere importante chiedere consulti anche a diverse figure (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra, centro specializzato, ecc…) per avere un quadro sempre più preciso e offrire diverse alternative a chi la cura la deve affrontare.

È possibile evitare il suicidio? Chi e come dovrebbe intervenire?

M: Circa il 15% delle persone depresse muoiono per suicidio. Il suicidio rappresenta una sorta di via di uscita quando l'individuo non vede altre strade. È per questo motivo che diventa di fondamentale importanza l'aiuto di un esperto: più una persona rimane da sola con i suoi pensieri negativi e più facilmente sentirà di non avere più alternative. Il lavoro che uno psicologo può fare con un individuo depresso è aiutarlo a intravvedere delle alternative, delle nuove strade a cui non aveva pensato, a "sentire" che dalla depressione è possibile uscirne o almeno imparare a conviverci affrontando al meglio i momenti più difficili.

Quale è il ruolo dei farmaci nella cura di questa malattia? E della psicoterapia?

M: L'uso degli psicofarmaci nella depressione clinica è molto importante soprattutto se affiancati da una psicoterapia. Esistono diversi tipi di farmaci ed è compito di uno psichiatra somministrare, valutare, modificare i dosaggi ed eventualmente cambiare il farmaco, al fine di trovare quello più adatto per l'individuo.

Compito di uno psicoterapeuta è quello di aiutare il soggetto a riprendere contatto con la propria vita: relazioni, familiari, lavoro, ecc… Sono molteplici gli aspetti su cui lavorare: da un lato attraverso un'analisi della persona e dei suoi pensieri negativi, le sue paure, i suoi "circoli viziosi" comportamentali che alimentano la malattia; dall'altro aiutando l'individuo ad affrontare meglio le difficoltà che ormai gli appaiono insormontabili: dalle relazioni personali, a strategie diverse per affrontare i problemi, a stimoli a riprendere piccole attività piacevoli fino alla ripresa graduale dell'attività lavorativa.

L'analisi di GuidaPsicologi.it

Rispetto ai valori indicati all'inizio sul totale delle richieste per Depressione, a Torino la percentuale è ancora più alta. Dal 2013 al 2015 c'è stato un aumento del 185%. Mentre a Pescara, in controtendenza, le richieste sono scese nello stesso periodo di riferimento del 50%. A questo punto possiamo dire che l'incremento di richieste non si è registrato omogeneamente in tutta Italia e questo potrebbe fornire altri elementi per analizzare in futuro la diffusione del fenomeno.

Dall'analisi dei nostri dati interni e quelli offerti dalle OMS appare un chiaro messaggio: siamo davanti ad una situazione di crisi che bisognerebbe affrontare il prima possibile per contenerne i danni collaterali. In questo quadro drammatico, il supporto degli psicologi potrà avere un ruolo concreto ed efficace nel limitare la diffusione della malattia, partendo proprio dall'inizio: la prevenzione.

I dati sembrano crescere e noi speriamo che queste richieste di aiuto siano in realtà strumenti di prevenzione piuttosto che di cura.

Autori: Chiara Signorelli e Matteo Monego

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Scritto da

Dott. Matteo Monego

Laureato a Torino, laurea quinquennale in Psicologia Clinica e di comunità, nel 1999 si abilita alla professione di psicologo. Successivamente consegue l’abilitazione alla psicoterapia, dopo aver frequentato il corso quadriennale di specializzazione in psicoterapia interattivo-cognitiva. Dal 2004 svolge privatamente la professione di psicologo e psicoterapeuta.

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