La cura in Psicanalisi

Il presente articola tenta ripensare attraverso il pensiero del poeta rumeno Celan, le due questioni cruciali della clinica psicanalitica: tranfert e costruzioni di senso in psicanalisi.

22 MAG 2018 · Tempo di lettura: min.
La cura in Psicanalisi

IL DADO STELLATO

La scrittura libera la speranza in dote alla distruzione

di Nicola Mariotti

Per il poeta rumeno Paul Celan esiste un aporia al cuore del movimento poetico che riguarda la rappresentazione:

"[...] la questione dell' Heimkehr - ritorno a casa o rimpatrio - concerne tanto la possibilità della rappresentazione quanto il sottrarsi ad essa. [...] In Engfuhrung Celan tenta un composizione delle due istanze, proponendo un scrittura che fa dell'esigenza rappresentativa la condizione stessa dell'irrappresentabile"[1].

Questa esigenza si fonda sull''irrappresentabile e vi cresce salda. Perciò il poeta può accostare il movimento della propria scrittura a quella della stella ebraica - Sternzeit - che gira costantemente sul perno della propria fine e distruzione ma che al contempo, nella forma della Rundernstern, della stella rotonda, è moto speranzoso:

"indice di direzione per chi è in cammino (probabilmente il sole nel suo moto circolare)"[2]

Speranza, moto del cuore, ombra su nero che staglia i profili delle cose, compiutamente presenti nella speranza, come un a-venire. Una presenza spettrale, se vogliamo, che caratterizza l'esser qui dell'oggetto sperato come eternamente veniente. La speranza, attraverso l'impegno di una scrittura che vi si affida, offre sede e luogo al presente dell'evento, al mai stato, ad un avvenimento di oltremorire, che diventa pertanto possibile, anche se soltanto possibile.

Ed è su questo medesimo evento - in Celan evento di parola - che si trattiene il transfert, nel suo darsi come movimento di ripetizione, Wiederholung, tentativo di tornare a prendere quell'oggetto, mantenuto fermo nel fantasma, che si configura al medesimo tempo come ritorno di qualcosa di nuovo.

Celan, affida il buon esito di questo movimento che pare destinato sempre a fallire, alla figura dello Sternwurfel , del dado stellato che tiene insieme il tratto destinale - la memoria

delle proprie date e l'azzardo del caso - la scommessa folle dell'atto, del legame, dell'esercizio dell'eros, nonostante nulla sia garantito.

Anche tu vieni,

come di là dai prati,

e porti con te l'immagine di un muro

di banchina, dove […]

estranei giocavano a dadi quanto

entrambi possediamo ancora

di lingua,

di destino.[3]

Il lavoro poetico, in Celan, si dà sul margine dal Gia-non-più al Pur-sempre, da una propria storicità invivibile verso un avvenire che è presente e presenza, puntualità del poema, qui ed ora, in cui il passato perde la remota estraneità del vissuto per divenire il nostro passato, la nostra storia, che inaugura un destino e rende questo mondo abitabile.

Possiamo sostenerci su queste indicazioni, che ci vengono dalla natura del movimento poetico, per pensare la questione del transfert in psicanalisi

Il transfert, motore unico ed immobile di un analisi, è quell'istanza del soggetto, che se da una lato incapsula ciò che non smette mai di non scriversi, ciò che si rende non disponibile in un continuo rinvio, dall'altro lo conserva nel rilancio. Esso si configura come una passione che promuove una continua erranza da una rappresentazione psichica all'altra, come ciò che eccede sempre la rappresentazione in quanto insiste su un origine che la serie delle rappresentanze psichiche non fa che premettere ma che allo stesso tempo non si può mai cogliere sul piano di qualsivoglia formazione mentale: la morte dà ciò che si prende e non potrà mai dare tutta sé stessa.

La partita di un analisi è la stessa della poesia e si gioca intorno a questa origine intrasmissibile che Freud chiama realtà psichica e che indica come una particolare forma di esistenza:

"nodo del nostro esseredel quale le tracce mnestiche, i pensieri incidentali ed intermedi non sarebbero che la periferia"[4]

O memoria dell'altro per Derrida:

"sempre fedele a sé stessa, memoria in senso pieno, in quanto non si traduce, non si testimonia, non è qualcosa che ritorna a sé come presenza: è testimonianza integrale con ciò che si lascia intatto con l'assoluto [...] Essa soggiorna presso le tracce al fin di preservarle, ma tali tracce sono tracce di un passato che non è mai stato presente, tracce che non si sono mai date esse stesse nella forma di una presenza e restano sempre, in qualche modo, a venire, venute dall'avvenire venute dal futuro"[5]:

Una memoria che non concede epitaffi, una scrittura separata, in disparte, scrittura-falce, che sembra avviare ad un altra scrittura senza mai tradursi in essa:

RESTO CANTABILE – il tratto

di colui che con scrittura

falce ha fatto breccia senza suono,

in disparte, nel luogo di neve.

Frulla

sotto sopraccigli

comete

la massa di sguardo, là va alla

deriva il minuscolo satellite

cuore oscurato

con la

scintilla predata dal fuori.

- Labbro strappato alla bocca, annuncia

che accade qualcosa, ancor sempre,

non lontano da te.[6]

Un resto cantabile è ciò che per noi s'intrattiene nel transfert. In esso, non si ripete un testo o un copione, ma qualcosa che non ha mai avuto luogo, qualcosa che non è mai stato, ciò che forse potremmo intendere con "scena primaria", la quale probabilmente esiste solo dietro la porta dello studio dell'analista.

Quando Freud ci dice che il transfert si manifesta sotto forma di resistenza e che la stessa resistenza potrebbe essere vinta smobilitando le energie destinate al transfert, forse accenna a quel movimento assolutamente silenzioso che è la Wiederholung (ripetizione), la quale non fa che indirizzare un silenzio verso l'analista: nel punto di massima resistenza qualcosa si tace così intensamente che appena appena si annuncia.. là deve puntare la "massa dell'ascolto" analitico.

Secondo Pontalis, il tranfert più lo si usa, più si ripete, più esso diventa attuale.

Su questa soglia si gioca la partita fra ripetizione Wiederhoung e rielaborazione Durcharbeitung, che unisce e separa la ripetizione dall'offerta o dal progetto narrativo.

Freud sa che la comunicazione in analisi opera su questa soglia e deve tener conto di due diversi impegni veritativi.

"[...] una buona costruzione (una costruzione esatta come dice lui) deve soddisfare al tempo stesso alla rappresentanza del racconto storico (che onora il debito con la traccia dandole un senso, cioè configurandola) e all'istituzione di una verità intesa come puro e semplice riconoscimento di appartenenza: la verità dell'esser segnati più che il senso della traccia."[7]

Ogni comunicazione deve quindi onorare il debito che il senso ha con questa origine impossibile, con una verità dell'esser segnati, principio e fine di ogni narrabile, segnalarlo al suo interno arrestandosi su di esso e respingendo l'ulteriore pretesa che anche questo limite abbia un senso.

La parola dell'analista sarà cosi divisa in due parti: una parte occupata dalla rappresentanza del passato dell'analizzante, l'altra, libera, resa disponibile all'altro, per ciò che vi possa ritrovare di più familiare, la propria notte impossibile, ciò che resiste, che serra e al contempo rilascia il nostro canto, il nostro cantuccio, angolo di mondo, di casa.

BIBLIOGRAFIA

Celan e Heidegger. Una riga magnificamente indecifrabile... Todtnauberg cinquant'anni dopo, a cura di Mario Ajazzi Mancini, Press & Archeos, Firenze 2017

J. Derrida, Memorie per Paul de Man. Saggio sull'autobiografia, Jaca Book, Milano 1995

J.B.Pontalis, La forza d'attrazione, Universale Laterza, Roma 1992

P. Montani, Estetica e Ermeneutica, Laterza, Bari 1996


[1] Celan e Heidegger. Una riga magnificamente indecifrabile... Todtnauberg cinquant'anni dopo, a cura di Mario Ajazzi Mancini, Press & Archeos, Firenze 2017, cit., p. 52

[2] Id.,cit., p.57

[3] Id., cit., P. 57

[4] J.B.Pontalis, La forza d'attrazione, Universale Laterza, Roma 1992, cit., P. 63

[5] J. Derrida, Memorie per Paul de Man. Saggio sull'autobiografia, Jaca Book, Milano 1995, cit,. P. 57

[6] Celan e Heidegger. Una riga magnificamente indecifrabile... Todtnauberg cinquant'anni dopo, a cura di Mario Ajazzi Mancini, Press & Archeos, Firenze 2017, cit., p. 79.

[7] P. Montani, Estetica e Ermeneutica, Laterza, Bari 1996, cit; P. 181

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Scritto da

Dr. Nicola Mariotti

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